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Impossible is nothing: quando Buster Douglas mandò al tappeto Iron Mike Tyson

Nel 1990, Buster Douglas sovverte ogni pronostico e compie un'impresa destinata ad entrare negli almanacchi, mandando ko l'allora imbattuto campione di boxe, Mike Tyson.

L'impossibile non esiste. Nella vita, come nello sport. A volte, la storia ci insegna che avere anche solo una minima chance può bastare. Capita, di tanto in tanto, che anche il più scontato pronostico venga ribaltato a sorpresa. Chiedere conferma a Buster Douglas.

Buster Douglas come Rocky Balboa

Nel 1976 esce nelle sale cinematografiche il film "Rocky". La pellicola, per i pochi che non l'hanno vista, racconta dell'imprevedibile ascesa di un trentenne pugile italo-americano di Philadelphia.

Nell'ambientazione del film, l'imbattuto campione dei pesi massimi (Apollo Creed), offre ad uno sconosciuto la possibilità di affrontarlo in un incontro valido per il titolo, in assenza dell'avversario previsto inizialmente causa infortunio.

L'esito pare, ovviamente, scontato. Nessuno si aspetta un match lungo e tutti prevedono un Creed vincente già nelle prime battute per ko tecnico. Con la sua forza di volontà, però, lo sconosciuto Rocky resiste per tutte e 15 le riprese, perdendo solamente ai punti. L'essere arrivato alla fine senza cadere, però, rende lo Stallone Italiano il vero vincitore morale.

Quando Rocky esce nelle sale, Buster Douglas ha 16 anni, mentre Mike Tyson ne ha 10. Difficilmente, però, il pugile nativo di Columbus, Ohio, avrebbe mai pensato di ricalcare le orme dello Stallone Italiano nella vita reale.

Davide contro Golia

Il contesto che porta al match dell'11 febbraio 1990 è decisamente simile a quello di Rocky. Il campione indiscusso dei pesi massimi è il 23enne Mike Tyson, detentore dei titoli WBC, WBA e IBF, ma anche di un record di 37 vittorie e 0 sconfitte in carriera, delle quali 33 per ko tecnico.

Tyson è senza dubbio il simbolo della boxe in quegli anni e, nell'ultimo incontro disputato, ha trovato la vittoria dopo appena 93 secondi, mandando al tappeto Carl "The Truth" Williams. Pare impossibile per chiunque al mondo anche solo pensare di scalfire il granticio Iron Mike, considerato già il più forte di tutti i tempi, figuriamoci per un underdog.

Per celebrare Tyson, il promoter della boxe nonché mentore di Iron Mike, Don King, decise di organizzare un incontro in preparazione al vero match, quello contro il rivale ancora imbattuto Evander Holyfield. Dando per scontata la vittoria del campione in carica, si preoccupa più dell'ambientazione dell'evento, piuttosto che dell'avversario.

L'obiettivo di Don King, infatti, è esportare il prodotto boxe in Oriente e sceglie il Giappone, nello specifico Tokyo, come meta dell'incontro. Come avversario, invece, sceglie il numero 7 del ranking, il 29enne Buster Douglas.

Se Mike Tyson arriva senza il minimo problema all'incontro dell'11 febbraio 1990, quello di Buster Douglas è un avvicinamento costellato di sfortunati eventi. Come se non bastasse la differenza tecnica tra i due, lo sfidante deve combattere anche contro gli avvenimenti esterni.

23 giorni prima del match, Buster Douglas perde la madre, Lula Pearl. La madre di suo figlio combatte proprio in quel periodo contro un serio problema ai reni e lui stesso aveva contratto l'influenza il giorno prima dell'incontro con Tyson.

Insomma, senza troppi giri di parole, Buster Douglas è considerato la solita comparsa pronta a fare da sparring partner per l'imbattuto campione. Nessuno dei presenti crede in lui, tanto che le quote lo danno 42-1 vincente. Tuttavia, la madre, prima della scomparsa, gli aveva predetto la vittoria contro Tyson. Lei crede nell'impossibile.

Riscrivere la storia

Quando suona la campanella e inizia l'incontro, i fortunati presenti si aspettano il classico squash, ovvero una vittoria rapida di Mike Tyson. Il campionissimo appare però sottotono e non riesce ad esprimere la sua solita, vulcanica, boxe.

Buster Douglas risponde colpo su colpo al campione, senza apparire intimorito da Tyson. Per lo stupore dei presenti e degli spettatori via tv, l'incontro si prosegue ben oltre le prime battute. L'agilità dello sfidante costringe spesso Iron Mike sulla difensiva, impedendogli di effettuare combinazioni offensive efficaci.

Nei round centrali dell'incontro, Douglas conferma la sua predominanza territoriale, conducendo il match. Tyson non riesce mai a trovare il modo per scagliare almeno uno dei suoi montanti. Il jab e la controffensiva di Buster (Davide), stanno pian piano smontando ogni certezza del presuntuoso Mike (Golia).

L'ottavo round è allo stesso tempo spartiacque e momento creatore di dissidi. In quel preciso momento, si scrive la storia. Buster Douglas domina la ripresa costringendo Tyson alle corde. Messo all'angolo, però, Iron Mike tira fuori dal cilindro un violentissimo uppercut che manda al tappeto l'avversario.

Rocky Lives!

Il conteggio, considerato troppo lento, irregolare e quindi successivamente contestato in via ufficiale dallo stesso Don King, si ferma a 9''. Buster Douglas si rialza e nella nona ripresa, contiene l'assalto di Iron Mike. Dopo una combinazione a quattro perfetta, Tyson finisce alle corde e viene salvato solamente dal gong, evitando di subire il colpo del possibile ko.

Un esito totalmente imprevedibile, ma solamente rimandato. Nel decimo round, dopo una serie di jab, Douglas scaglia un montante mortifero alla testa di Tyson, che cade a terra. I 10'' seguenti sono entrati nella storia della boxe e dello sport. Iron Mike, in una veste mai indossata prima, è al tappeto, poi si mette sulle ginocchia per raccogliere il paradenti e si alza.

Il conteggio, però, è già arrivato a 10. L'arbitro Octavio Meyran decreta la vittoria di Buster Douglas ma, soprattutto, la prima sconfitta ufficiale di Mike Tyson. Il vincitore, subito dopo il termine dell'incontro, afferma: "Ho vinto grazie a mia madre, che Dio la benedica".

Grazie alla vittoria su Tyson, Buster Douglas ricevette il riconoscimento di finire sulla copertina di Sports Illustrated, intitolata "Rocky Lives!". Come nella pellicola, il sottovalutato da tutti toglie l'aura dell'invincibile al campione. Come nel film, l'impossibile non esiste.