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Le 10 medaglie più belle dell'Italia alle Olimpiadi

Riviviamo questi momenti indimenticabili, non necessariamente d'oro, alla vigilia dei Giochi di Parigi

Sono 617 le medaglie conquistate dall'Italia nella storia delle moderne Olimpiadi estive.

In attesa di rimpinguare questo bottino a Parigi andiamo a scoprire quali sono state le 10 più indimenticabili, non necessariamente d'oro: momenti scolpiti nella nostra memoria o di quella di chi ha partecipato.

Abbiamo cercato di prenderne da 10 edizioni diverse dei Giochi.

Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi, Tokyo 2021

Ci consentirete di metterle assieme nonostante fossero di due discipline diverse, ma entrambe d'oro. In compenso erano arrivate praticamente in contemporanea, rendendo quel giorno, il 2 agosto del 2021, uno dei più commoventi nella storia dello sport italiano.

Il tutto in un'edizione condizionata dalla pandemia di Covid-19 che aveva spostato i Giochi un anno dopo rispetto alle previsioni per motivi sanitari, con gli impianti mezzi vuoti.

Appena dopo pranzo, il salto in alto di Gimbo Tamberi, primo a pari merito a quota 2 metri e 37 con l'amico qatariota Essa Barshim; oro in tasca in attesa della finale dei 100 metri piani, con Jacobs in corsia 3.

Una cavalcata strepitosa quella di Marcell, 9 secondi e 80 centesimi davanti all'americano Kerley e al canadese De Grasse. E poi l'abbraccio con Tamberi, rimasto in pista ad aspettarlo: un'impresa straordinaria.

Michele Frangilli, Marco Galiazzo e Mauro Nespoli, Londra 2012

Tiro con l'arco, prova a squadre. Il più classico pomeriggio olimpico estivo in cui normalmente si prende sonno dopo pranzo, con il caldo a picchiare. E invece no, ai Giochi non ci si riposa mai, specie nelle discipline "minori".

L'Italia è ormai fortissima in questo sport, grazie anche a Galiazzo, esploso ad Atene 2004 quando aveva dominato la prova individuale conquistando un oro col suo faccione bonario, la barbetta e il cappello da pescatore.

Stavolta la prova è a squadre, finale tosta ed equilibrata contro gli Stati Uniti in un sorpasso continuo di leadership.

Tiriamo noi per secondi in questo testa a testa finale, le ultime tre frecce: con un 27, un triplo 9, vinceremmo l'oro, ma Galiazzo, proprio lui, "sbaglia" e fa solo 8.

A questo punto ci vorrebbe un 10, un tiro perfetto, e Michele Frangilli ha tutta la pressione del mondo addosso: già bronzo e argento olimpico nel 1996 e nel 2000, "Frangillone" è l'esperto del trio e come se niente fosse piazza un 10 che ci fa saltare tutti sul divano. "Che botta Frangilli!", grida il commentatore Rai, Lorenzo Roata.

Primo oro a squadre nel tiro con l'arco per l'Italia ai Giochi, all'ultimo respiro.

Stefano Baldini, Atene 2004

Un'altra impresa nell'atletica, dopo i 100 metri nella gara forse più iconica di tutte: la maratona. Disputata peraltro là dove nel 1896 era iniziata l'epopea dei Giochi Olimpici, con Spyridon Louis primo oro in questa specialità e a dare il suo nome a uno degli stadi di Atene.

L'Italia ha già all'attivo un oro nella Maratona con Gelindo Bordin a Seul nel 1988, Stefano Baldini nel 2004 non è uno sprovveduto, ha 2 bronzi mondiali in tasca ed è da considerarsi tra i favoriti.

Controlla bene la sfuriata iniziale del brasiliano Wanderlei de Lima e approfitta anche dell'invasione di un folle, l'irlandese Cornelius Horan, che placca il leader della gara facendogli perdere il ritmo.

Baldini prende Wanderlei e vola da solo nello stadio Panathinaiko, in una serata assolutamente indimenticabile.

Federica Pellegrini, Atene 2004

E chi la conosceva, questa 16enne alta e slanciata, prima di quell'edizione dei Giochi? Pochissimi, solo gli addetti ai lavori. Col suo accento veneziano, una discreta faccia tosta, sicura nei suoi mezzi come sanno fare le campionesse che non temono nessuno.

Federica Pellegrini esplode ad Atene 2004 pur non vincendo l'oro, perché nei 200 stile libero nonostante arrivi in finale con i favori del pronostico non vede, o forse non controlla bene, la rimonta della romena Camelia Potec, che la uccella per soli 19 centesimi.

Una doccia gelata che impedisce a Fede di vincere il suo primo oro, ma è solo questione di tempo visto che nel 2008 centra l'obiettivo ai Giochi di Pechino, piazzando anche il record mondiale.

Valentina Vezzali e Giovanna Trillini, Atene 2004

Quando si dice dominare una disciplina. La scherma per l'Italia è il Paese dei Balocchi, una serie di trionfi infinita con nomi e regioni diventate iconiche, le ragazze marchigiane che hanno accumulato ori o argenti, perché in un testa a testa non esiste il pareggio anche se sarebbe meritato.

Apoteosi di tutto questo? Probabilmente questo torneo, il Fioretto Femminile individuale, con oro e argento italiano, anzi jesino: Vezzali oro, Trillini seconda, due ragazze che si conoscono da quando sono bambine e che sono andate avanti di vittoria in vittoria, di stoccata in stoccata, fino alla vetta del mondo.

Anche grazie a loro nella storia delle Olimpiadi è l'Italia la leader assoluta della scherma con 130 medaglie (9 Vezzali, 8 Trillini) di cui 49 d'oro.

Juri Chechi, Atlanta 1996

Il più grande interprete nella storia della specialità degli Anelli nella Ginnastica Artistica? Può essere. In forma strepitosa nel 1992, quando dovrebbe vincere in carrozza la medaglia d'oro, si rompe il tendine d'Achille durante un allenamento alla vigilia dei Giochi e deve rinviare tutto di 4 anni.

Poco male, per il piccolo toscano dai capelli rossi. Se uno è un fenomeno lo è sempre. Nel 1996 il suo esercizio è praticamente perfetto, del resto Yuri è "Il Signore degli Anelli". Un oro sudato e atteso a lungo, ma strameritato.

Per Chechi arriverà anche un bronzo alle Olimpiadi del 2004, quando ormai ha 35 anni.

Pallanuoto maschile, Barcellona 1992

Una delle partite più agoniche di sempre per quanto riguarda uno sport di squadra alle Olimpiadi, per quanto riguarda l'Italia.

Barcellona, caldo atroce, si gioca la finale contro i padroni di casa nelle mitiche Piscine Picornell; la Spagna è favorita ma non solo perché scende nelle "acque amiche". Quella è una formazione con fuoriclasse come il temibile Estiarte, "il Maradona della pallanuoto".

È il 9 agosto 1992, pieno pomeriggio, l'equilibrio è totale. I tempi regolamentari finiscono 7-7 e ce ne vogliono altri sette di supplementari per decretare il vincitore, che è il Settebello azzurro guidato in panchina dal croato Ratko Rudic, coi suoi baffoni.

La rete decisiva, il 9-8, è di Ferdinando Gandolfi, un diagonale imparabile a 20 secondi dal termine. La Spagna chiude centrando una traversa prima che inizi la nostra festa.

Carmine e Giuseppe Abbagnale, Seul 1988 e Los Angeles 1984

I fratelloni d'Italia potevano mancare? Assolutamente no. Loro due con il timoniere "Peppiniello" Di Capua e il commento televisivo di Gian Piero Galeazzi, che da ex canottiere sapeva benissimo cosa si provava in quegli attimi, colpo dopo colpo, metro dopo metro in acqua.

I due fratelloni d'Italia, Carmine e Giuseppe, poi sarebbe arrivato anche Agostino naturalmente, un po' più giovane, due ori consecutivi nel 1984 e nel 1988 nella specialità del Due Con, una delle gare dove l'Italia ha dato maggiormente spettacolo nella storia dei Giochi.

Pietro Mennea, Mosca 1980

In ultima corsia è davvero difficile vincere qualsiasi gara di atletica leggera. Con l'illusione ottica data dalla pista ovale parti più avanti ma è, appunto, una pia illusione perché poi gli altri stringono e ti mangiano i metri.

Ecco perché di solito è meglio stare in centro, corsia 3-4-5, e da lì anche visivamente controllare i rivali oltre che il proprio sforzo.

Pietro Mennea però era diverso, figlio di una carriera fatta di sacrifici enormi e di miglioramenti costanti, frutto di un lavoro durissimo su se stesso.

A Mosca nel 1980 mancano gli americani per via del boicottaggio contro l'Unione Sovietica, ma poco conta. Non è che gli altri vadano meno forte anche se in quel momento Mennea è il recordman sui 200 metri piani, la sua specialità preferita.

Ottava e ultima corsia, però. Difficile vincere, specie quando anche in finale la partenza è mediocre. Ma come un treno sull'esterno Pietro rimonta, in rettilineo va al doppio della velocità e brucia sul traguardo il giamaicano Allan Wells.

La sua esultanza, quasi incredulo, diventa una delle immagini più iconiche nella storia dello sport italiano.

Sara Simeoni, Mosca 1980

"Che vita, Pietro Mennea e Sara Simeoni son rivali alle elezioni", cantava Samuele Bersani, mettendo assieme in un suo brano due degli atleti azzurri più indimenticabili e vincenti.

Un oro e due argenti ai Giochi per Sara Simeoni, elegantissima ragazza veronese vista alle ultime Olimpiadi come commentatrice dagli studi Rai di Milano.

L'oro, a Mosca nel 1980, la stessa edizione dell'oro di Mennea. In quel momento Sara è la migliore al mondo, detiene il record nel Salto in Alto con 2,01 metri, ma sappiamo bene come in questa specialità basti un attimo di deconcentrazione per mandare tutto all'aria.

Non è quello che succede il 26 luglio del 1980, quando le basta saltare "solo" 1,97 per superare la polacca Ursula Kielan.