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Alì contro Frazier: una rivalità senza tempo

Tre incontri storici, hanno fatto da apice a una rivalità che ha portato sul ring due mondi opposti, due personalità diverse, due campioni immensi: Muhammad Alì e Joe Frazier.

L'incrocio dei loro guantoni non ha significato solo stabilire chi fosse il più forte e a chi andasse il titolo mondiale, ma è stato un vero e proprio scontro di ideologie, supportato e fomentato dalla società dell'epoca, che proprio di questa contrapposizione viveva.

Diventa difficile quindi, scindere il puro significato sportivo dello scontro, da quello sociale, che ha coinvolto un'intera generazione di americani (e non solo).

Mondi opposti in contrapposizione

Nella sua biografia, Muhammad Alì (al secolo, Cassius Marcellus Clay Jr.) spiega bene come, al loro primo incontro fuori dal ring, tra lui e Frazier ci fosse in realtà un profondo rispetto e tanta ammirazione. Sentimenti che cambiarono però radicalmente subito dopo, quando Frazier si accorse dell'amore della folla per Alì e comprese come l'unica strada per fare breccia nella storia, fosse batterlo sul ring.

Dall'altra parte, l'ammirazione di Alì si trasformò in rancore e odio, quando cominciò a vederlo come un "nero" che si comportava come un "bianco".

Alì, che aveva rinunciato ai suoi tre anni migliori da atleta per non aver voluto andare in Vietnam, che aveva cambiato nome per sostenere la causa dei "neri" nel proprio paese, che mantiene forte il suo legame con l'Africa (tanto da farne poi teatro di un altrettanto epico match contro Foreman).

In verità, Frazier non era poi politicamente molto diverso da Alì. Anzi, lo aveva fortemente sostenuto quando era finito in carcere e certo non si era dimenticato della fatica fatta tra i campi di pomodori e il lavoro al macello. Solo che il suo carattere era totalmente diverso da quello di Alì: silenzioso, quasi analfabeta tanto da risultare ingenuo, umile e schivo alle grandi scene.

Insomma, l'esatto opposto di un Alì che invece era perennemente sul ring, anche fuori, con un carisma immenso tanto da risultare il più delle volte strafottente e per di più con una capacità di comunicazione perfetta, alla ricerca della frase ad effetto da dire in ogni situazione.

E più di tutto, il peccato originale per Frazier fu proprio il diventare campione del mondo nel momento in cui Alì era fuori dai giochi. Entrambi sentivano il bisogno di dimostrare al mondo, chi fosse realmente il più forte. E come detto, c'era un unico modo per farlo, sul ring.

La battaglia del secolo

Quando nel 1971 ad Alì venne finalmente permesso di tornare sul ring, la rivalità tra lui e Frazier era già montata e ci volle poco per organizzare quello che da tutti venne definito come "The Fight of the century".

Del resto non si era mai visto un incontro valido per il campionato del mondo dove si affrontassero due pugili ancora imbattuti (nessuno aveva mai tolto la cintura di campione ad Alì, non sul ring almeno).

Ecco così che l'8 marzo del 1971, i due si ritrovano per la prima volta faccia a faccia con i guantoni infilati, sul ring di un Madison Square Garden che aveva raggruppato tutte le più grandi celebrità dell'epoca (da Frank Sinatra a Woody Allen erano presenti tra il pubblico) oltre ad essere trasmesso in diretta in oltre 50 paesi del mondo. Un Evento epico, con un indotto altrettanto alto.

Alì aveva dalla sua un'agilità fuori dal comune, colpi veloci e passi di gambe frenetici, elegante e tecnico da vedere, ma anche devastante nei movimenti. Frazier invece era diverso anche in quello: tanta potenza ma anche molta staticità, un baricentro più basso ma anche un colpo che faceva male (soprattutto il suo gancio).

Proprio uno di quei ganci, colpì Alì in pieno volto durante la quindicesima e ultima ripresa, facendolo finire al tappeto. Riuscì comunque a portare a termine l'incontro, che Frazier però vinse ai punti con verdetto unanime.

E dire che nei primi round proprio Alì aveva mostrato di essere favorito, colpendo l'avversario con la sua velocità, mentre continuava a parlargli inveendo contro di lui. Il problema era però che Frazier non era tipo da mollare, e la sua tenacia portò presto Alì a non avere più la stessa brillantezza. Del resto, aveva fatto appena qualche settimana di allenamento dopo essere stato riabilitato. Forse sovrastimando le sue capacità, o sotto stimando quelle avversarie.

A volte le parole non bastano. Commentò Frazier dopo aver mantenuto la sua cintura di campione del mondo.

Super Fight II: la rivincita

"Smoking Joe" e "The Gratest" si ritrovarono sul ringo tre anni dopo. Ma era tutto diverso dal punto di vista sportivo: Frazier aveva perso la cintura dopo essere stato sconfitto da George Foreman, mentre Alì si era dato da fare in ben tredici incontri (con una sola sconfitta contro Ken Norton).

Era il Gennaio del 1974 e il teatro fu sempre quello del Madison Square Garden. In palio però non c'era il titolo questa volta, ma solo la voglia di vincere dei due, sfociata in una mezza rissa già dalla presentazione del match.

Questa volta però la storia dell'incontro fu a favore di Alì, che ferì Frazier all'occhio sinistro già alla seconda ripresa per poi vincere all'unanimità al termine di dodici round, quasi tutti dalla sua parte.

L'epilogo: Thrilla in Manila

Sulla riconquista del titolo di campione del mondo ad opera di Alì ai danni di Foreman, ci sarebbe da aprire tutta una storia a parte tanto fu altrettanto epico. Ma c'è un momento quasi da film che anticipa il terzo e ultimo atto della rivalità con Frazier.

Durante una conferenza stampa dopo un incontro (vinto) contro Joe Bugner, Alì annuncia il suo ritiro dalle ring. Leggenda vuole che in sala c'è anche Frazier, che si oppone al ritiro aprendo un battibecco che porta Don King (manager di Alì) a prendere la palla al balzo per organizzare il terzo, decisivo scontro tra i due.

Location questa volta è Manila, nelle Filippine, con la cintura in palio, anche se c'è in ballo molto di più dal punto di vista umano. E lo si evince dalla foga e dell'abnegazione con cui portano avanti uno degli incontri più incredibili di sempre.

Tra i continui insulti di Alì verso il rivale, colpito al punto da risultare tumefatto in volto, alla indomabile voglia di vittoria di Frazier che mise a segno qualcosa come 440 colpi durante i round centrali dell'incontro tutti a suo favore.

Una battaglia che ha lasciato segni indelebili su entrambi, tanto che proprio durante l'ultimo round, è Eddie Futch (allenatore di Frazier) a gettare la spugna consegnando la vittoria ad Alì (Angelo Dundee, allenatore di Alì, dirà poi che era pronto a fare la stessa cosa).

Due pugili stravolti, portati via a spalle dopo il match e con lunghi giorni e settimane prima di una parvenza di recupero. Segni e fatiche che però, non hanno portato a una benchè minima riappacificazione tra i due, nemmeno quando entrambi hanno poi appeso i guantoni al chiodo.

61 incontri totali con 56 vittorie (40 per KO) e 5 sconfitte (1 per KO) per Muhammed Alì. 37 incontri con 32 vittorie (27 per KO) e 4 sconfitte (2 per KO) per Frazier. Ma più dei numeri, una storia di un confronto epico che ha coinvolto non solo due uomini sul ring, ma diviso un'intera società di un'epoca.