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Lauda vs Hunt: una rivalità da cinema

Quando parliamo di grandi rivalità storiche, sono quasi sempre necessarie alcune condizioni affinchè essa passi dalla naturale contrapposizione sportiva a quella di scontro epico.

La prima, ovviamente, è che ci si trovi di fronte a due grandi campioni.

La seconda è che questi personaggi debbano essere abbastanza diversi da incarnare due anime opposte degli appassionati.

La terza è che ci deve essere almeno un'occasione, in cui hanno lottato per qualcosa di grande e in maniera estrema.

James Hunt e Niki Lauda, hanno tutto questo e molto di più, tanto da essere una delle rivalità più accese della storia della Formula Uno.

Chi era Niki Lauda

Nato a Vienna nel 1949, Andreas Nikolaus Lauda (per tutti "Niki") ha rappresentato per molti il pilota "perfetto" nella Formula 1 degli anni settanta, in cui ha conquistato due titoli mondiali entrambi sulla Ferrari (nel '75 e nel '77).

In mezzo, quel terribile incidente al Nurburgring che ha segnato per sempre la carriera e la sua stessa vita, per le pesanti conseguenze che ha riportato nel rogo della sua vettura.

Un dramma che però ha anche tirato fuori tutte le sue qualità di uomo e di pilota. Da sempre considerato come uno dei più lucidi, freddi e calcolatori del circuito, in quell'occasione ha però tirato fuori anche tutta la sua abnegazione e volontà, che lo hanno reso più "umano" nella sofferenza.

"Preferisco avere il mio piede destro che un bel viso" (cit.)

Una costanza premiata poi nel 1984, quando in sella alla McLaren è riuscito nell'impresa di aggiudicarsi il suo terzo mondiale, proprio prima del suo definitivo ritiro dalle corse.

Chi era James Hunt

Dall'altra parte dello spettro visivo del campione di Formula 1, c'era invece il buon James Hunt. Nato a Londra due anni prima di Niki, James ha raggiunto l'apice del successo proprio battendo l'austriaco e aggiudicandosi il campionato del mondo del 1976 (rimasto l'unico nella sua carriera).

Un pilota totalmente atipico, sorretto dall'istinto e da una certa dose di talento naturale, mai troppo coltivato. Non è un caso se il suo soprannome era "Hunt Lo Schianto" (in inglese ha più senso, come "Hunt The Shunt"), dovuto proprio alla sua frequenza di incidenti.

La sua fama però precede e svalica il titolo di campione del mondo. Hunt era infatti un personaggio mondano, con le sue continue serate dedicate all'eccesso di alcol, fumo e donne. Fare il pilota era un lavoro come un'altro, per poter fare ciò che più gli piaceva: divertirsi.

"Non bisogna rinunciare ai piaceri della vita. Che senso ha avere un milione di coppe, di medaglie, di aerei se poi non te la spassi? A che serve vincere?" (Cit.)

Il mondiale della storia

La carriera di Hunt, a differenza di quella di Lauda, fu decisamente più breve e per la maggior parte costellata da ritiri e incidenti. Quando nel 1975, Niki Lauda conquista il suo primo titolo iridato a bordo della rossa del cavallino, per Hunt arriva invece la sua prima vittoria in gara, nel Gran Premio d'Olanda.

La Hesketh che guida Hunt in quella stagione, non è certo il big team che può competere con la Ferrari. L'occasione per lui arriva però proprio l'anno seguente, quando riesce a prendere il posto di Fittipaldi a bordo della McLaren.

Il campionato del mondo del 1976, parte quindi con due protagonisti annunciati, finalmente su monoposto che possono equivalersi: il talento spregiudicato di Hunt, contro il controllo e l'applicazione estrema di Lauda.

L'inizio del mondiale vede le Ferrari mettersi in mostra, così come le due caratteristiche dei piloti in lotta. Lauda è un calcolatore che sembra infallibile, centrando quattro vittorie e due secondi posti nelle prime sei gare. In quel frangente, Hunt riesce a strappare il successo in Spagna (peraltro "sub judice" dopo essere stato squalificato per una irregolarità e poi riammesso solo qualche mese dopo) proprio davanti all'austriaco, ma è costretto a ben quattro ritiri che lo allontanano dalla vetta della classifica.

Da quel momento accade un po' di tutto, come in tutte le sfide eroiche che si rispettino. Al giro di boa di metà campionato, Lauda incappa nel suo primo ritiro stagionale, proprio nel giorno in cui Hunt centra però la seconda vittoria.

La gara dopo è proprio a casa di Hunt in Inghilterra, ma incredibilmente il pilota della McLaren viene squalificato dopo aver chiuso la gara al comando (sempre davanti a Lauda), per aver utilizzato la seconda vettura dopo un incidente al primo giro.

La sfida si è ufficialmente alzata di tono, ma niente poteva prepararci a quello che accadde al Nürburgring solo due settimane più tardi.

Il dramma del Nurburgring

Germania, inizio di agosto 1976. La pista è bagnata e tutti i piloti (tranne uno) partono con gomme adatte. Basta però solo un giro per rendersi conto che si poteva passare direttamente alle slick con l'asfalto già asciutto.

In questa situazione molto al limite, al secondo giro Niki Lauda perde il controllo della sua monoposto che dopo aver sbattuto contro le protezioni ai lati della pista, torna esattamente in traiettoria finendo per essere colpita da altre due vetture in arrivo (quella di Ertl e di Lunger). La Ferrari è in fiamme e sono proprio gli altri piloti a sfidare la sorte estraendo Lauda dall'abitacolo ormai ridotto a un tizzone ardente.

La gara riprende dopo diverso tempo, con Hunt che porta a casa la sua vittoria. Ma tutta l'attenzione è spostata verso la clinica, dove Lauda è in condizioni piuttosto gravi, tanto che lo stesso prete presente all'ospedale, gli conferirà l'estrema unzione dopo averlo visto.

Il pilota austriaco però si mostra particolarmente coriacea e, fatta salva la vita, si mette subito in lotta contro il suo corpo per la riabilitazione. Nel mentre, Hunt continua a vincere.

Il difficile ritorno in gara

Con Lauda fermo alla corsia (di ospedale), Hunt non approfitta subito dell'assenza del rivale, chiudendo appena quarto proprio in Austria, ma vincendo poi la gara seguente in Olanda.

Finchè a Monza, appena quarantadue giorni dopo il terribile incidente, accade il miracolo (sportivo e non solo). Niki Lauda si presenta in pista, anche se in condizioni critiche dal punto di vista fisico. Fatica a respirare, ha ustioni su tutto il viso e certo non deve essere facile vivere dentro quel casco.

Eppure, la forza di Lauda è tale che non solo riesce a chiudere al quarto posto davanti ai tifosi della Ferrari in delirio, ma vede anche il suo rivale Hunt, uscire di scena senza punti per un ritiro.

Il peggio sembra passato, ma la strada si dimostrerà invece in netta salita. Lauda mostra tutti i segni della sofferenza che sta vivendo, e in gara non può certo dare il meglio di sè. Viceversa, Hunt riesce proprio in quei frangenti a trovare, forse per la prima volta, la concentrazione e l'applicazione che spesso gli sono mancate.

Vince la gara in Canada e poi ancora primo negli Stati Uniti. Mentre Lauda non può che cercare di resistere al meglio con un ottavo posto e un podio strappato con i denti che gli consente comunque di restare in vetta al mondiale prima dell'ultima prova, quella in Giappone.

L'epilogo della sfida

In una storia come questa, non poteva che esserci un epilogo altrettanto epico. Il circo della Formula 1 sbarca per la prima volta nei paesi asiatici, in un circuito mai provato da nessun pilota. C'è quindi già in partenza molta pressione da parte di tutti: piloti, meccanici e organizzatori.

Non bastasse, proprio il giorno della gara la zona di del circuito alle pendici del monte Fuji, è travolta da una pioggia battente che insieme alla nuvolosità radente, rendeva difficile sia il controllo che la visuale sulla pista.

Per la commissione piloti, la gara sarebbe stata da sospendere, ma sotto le pressioni degli organizzatori (Bernie Ecclestone in primis), si decise di aspettare un paio d'ore per vedere l'evolversi del tempo.

Nel mentre, le polemiche infuriano. Con i piloti, inizialmente uniti, che divisero le loro idee sulla reale partenza della gara: da una parte Lauda, Fittipaldi e Perkins che portavano avanti l'idea di non gareggiare in quella situazione (fermandosi dopo un paio di giri per fare contenta anche l'organizzazione che non avrebbe perso in quel caso i ricavi della gara), dall'altra Hunt e il resto della compagnia, che optarono invece per seguire la linea dei team, contrari a questo tipo di soluzione.

Ne venne fuori una partenza sotto la pioggia battente, in condizioni francamente fuori da ogni logica, con Lauda che confermò la scelta fatta ritirandosi al secondo giro (e non volendo in alcun modo mascherare la cosa sotto problemi tecnici) e Hunt che, rimasto in pista, aveva bisogno solo di arrivare al quarto posto per vincere il mondiale.

Un cambio di gomme effettuato dallo stesso inglese a pochi giri dal termine, lo portò a rientrare al quinto posto, ma alla fine riuscì comunque a passare Jones e Ragazzoni (che per la verità non oppose particolare resistenza visto la posta in palio per il suo compagno di squadra), chiudendo al terzo posto.

E soprattutto, al primo posto della classifica mondiale, davanti a Niki Lauda per un solo punto.

Il dopo mondiale

Quella stagione così epica e incredibile, sotto tutti i punti di vista, segnò indelebilmente le carriere dei due piloti. Hunt trovò finalmente il suo appagamento più grande, la vittoria finale, perdendo probabilmente l'unico stimolo che lo teneva in pista.

Niki Lauda invece, si riprese subito quello che era suo, il titolo di Campione del mondo, nell'anno successivo, oltre a portarsi dietro per sempre i segni di quello che era successo. Fuori, con le cicatrici sul suo volto, e dentro, con quell'animo battagliero che lo ha consacrato come campione di altissimo livello, tanto da perseverare nei difficili anni seguenti a bordo della Brabham prima e della McLaren poi, fino a quel 1984 che lo vide nuovamente riuscire a salire in vetta alla classifica, prima del definitivo abbandono.

Un ritiro che invece il suo rivale Hunt aveva già fatto da tempo, dedicandosi più ai divertimenti che tanto gli piacevano. E che probabilmente, ne hanno causato la morte a soli 45 anni nel 1993. Nonostante i tanti problemi avuti anche in seguito per le gravi ferite riportate soprattutto ai martoriati polmoni, Lauda si è potuto godere i frutti della sua carriera e l'amore dei suoi tifosi fino al maggio 2019.

Nemici o amici?

Ci sono tante storie attorno alla rivalità tra James Hunt e Niki Lauda, tanto che per molto tempo si è pensato che l'estrema diversità tra i due andasse di pari passo con una totale e reciproca antipatia.

In realtà, lo abbiamo visto perfettamente anche nel film a loro dedicato "Rush" con la regia di Ron Howard, c'era un profondo rispetto tra di loro, persino una discreta amicizia si potrebbe dire.

Il loro rapporto era stato buono sia nelle gare delle categorie minori, dove li si vedeva spesso chiacchierare fuori dalle loro vetture, ma è lo stesso Lauda a sottolineare come questo rapporto si sarebbe poi consolidato in maniera ancora più profonda, proprio durante gli anni di battaglie in Formula 1.

Certo il loro approccio alle corse e alla vita era totalmente diverso, ma in quegli anni entrambi condividevano due cose: la voglia di vincere e il rischio della vita a ogni corsa. Avere rispetto per chi ti affianca ai duecento all'ora a pochi centimetri, era essenziale e lo si portava anche fuori dalla pista.