Basket

La storia degli Harlem Globetrotters tra sport e spettacolo

Lo spirito della pallacanestro è quello di garantire soprattutto lo spettacolo, in particolar modo se ci si posta negli Stati Uniti d'America dove si è sempre cercato il modo di avvicinare più appassionati possibili.

E' stato questo l'obiettivo della fondazione degli Harlem Globetrotters cercando di coniugare la competizione sportiva con la goliardia e il divertimento.

La nascita a Chicago e gli inizi

Gli Harlem Globetrotters sono nati nel South Side di Chicago (Illinois) nel 1925, dove si allenavano dei ragazzi che aspiravano a diventare giocatori. Questi iniziarono sotto il nome di Savoy Big Five con l'idea di intrattenere le famiglie incuriosite a guardare il basket con un occhio diverso, quello del divertimento.

I Savoy era un gruppo di ragazzi afroamericani che non potevano partecipare al ristretto gruppo di bianchi che potevano giocare nelle leghe professionistiche. Infatti, proprio per rimarcare il tema razziale negli States, il fondatore Abe Saperstein diede il nome di Harlem perché allora era considerato il centro della cultura nera americana e il nome Globetrotter per mitizzare le sedi internazionali della squadra.

La prima stagione

Le prime esibizioni portarono 101 vittorie su 117 partite, ottenendo anche vittorie prestigiose. Nel 1936 giocarono più di mille partite che consistevano in partecipazioni ad eventi fuori da Chicago.

La prima apparizione in un campionato nazionale è stata nel 1939 in cui cominciarono a eseguire giocate e schemi creati per intrattenere il pubblico attirando la curiosità di tutti.

Un anno dopo vincono il World Professional Basketball Tournament di Chicago, torneo a cui partecipavano le più forti squadre del mondo e la vincente veniva riconosciuta come campione mondiale.

Una storica vittoria

Nel 1948 arrivò un grande successo contro i Minnesota Lakers, vale a dire gli antenati di quelli che poi sono diventati gli attuali Los Angeles Lakers, che militavano nella BBA, ossia la lega nord americana pre-NBA.

Questo non fece altro che aumentare la popolarità della squadra americana che andava in giro per il mondo: da Berlino a Mosca, fino a Roma sotto gli occhi di Papa Pio XII.

L'ascesa della NBA

Dal 1950 vengono accettati in NBA anche i giocatori neri e questo inizia a far eclissare i Globetrotters che persero due dei giocatori più talentuosi: Chuck Cooper e Nat "Sweetwater" Clifton finirono rispettivamente a Boston e New York.

Negli stessi anni partirono per un tour nell'ovest degli Stati Uniti e in sette nazioni europee (Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Italia, Svizzera e Germania Ovest), e nel 1953 furono inseriti anche Sud America, Asia e Australia. Andarono in tour ogni stagione fino al 1962 con il solito copione: i Globetrotters giocavano una partita "seria" fino al terzo quarto e poi, acquisito un vantaggio rassicurante, davano dimostrazione delle loro doti di entertainment e di controllo del pallone.

La stagione 1958-59 portò anche Wilt Chamberlain, prima di diventare la leggenda NBA che ora tutti conoscono.

Il passaggio al solo intrattenimento

Quanto stava accadendo portò ad una minore attrazione verso la squadra che culminò con la morte di Abe Saperstein nel 1966 e la franchigia passò da due proprietà prima di arrivare ai Metro Media. Con questi, i Globetrotters divennero esclusivamente una squadra di intrattenimento perdendo ogni connotazione sportiva.

Negli anni Novanta e Duemila i proprietari decisero di rilanciare il brand creando un circuito di camp di sviluppo e di scouting per giocatori e allenatori con sempre l'obbiettivo principale di creare intrattenimento per il pubblico anche coinvolgendolo.

Arriviamo ai giorni nostri, al 2021, quando è stata lanciata una petizione all'NBA per farla diventare una squadra professionistica ma si è ancora in attesa di una risposta.