Arturo Di Napoli

Calcio

Di Napoli, la classe di "Re Arturo"

Tempi in cui gli attaccanti erano davvero a chilometro zero, gente che potevi trovare svoltando un angolo della strada perché cresciuta lì vicino a te, al campetto dove anche tu tiravi (male) qualche calcio a un pallone. I migliori, invece, potevano arrivare perfino in Serie A.

Uno di questi era Arturo Di Napoli, cresciuto alla periferia di Milano e diventato "Re Artù", attaccante delizioso in grado di fare la differenza tra i grandi.

Di Napoli, l'Inter e il legame mai nato

Arturo cresce nel settore giovanile dell'Inter, ma con i nerazzurri il rapporto non sarà mai in discesa. A 19 anni va in prestito all'Acireale, in B, e poi al Gualdo in C-1. Segna con regolarità, però la prima squadra a credere davvero in Di Napoli è... il Napoli: "Dell'esperienza a Napoli mi è rimasto dentro molto - dichiarerà Arturo -. Napoli è una città affamata di calcio, il popolo napoletano è straordinario. Vorrei cambiare molte cose delle mie stagioni: all'epoca non ero propenso ai sacrifici, avevo una testa completamente diversa da quella di oggi".

L'epoca in questione è il 1995: Arturo ha 21 anni e gli azzurri lo acquistano in comproprietà per 5 miliardi di lire dall'Inter. Allenatore Vujadin Boskov, uno che ha fatto debuttare in A un certo Francesco Totti. Il Napoli non ha nessun bomber di razza davanti eppure qualcuno riesce piano piano a emergere: Di Napoli, per esempio, e un altro giovane come Carmelo Imbriani.

L'Inter però lo richiama per sei mesi, forse non è particolarmente convinta e questo porta Arturo a non accettare ruoli da vice. "I nerazzurri mi hanno forgiato come uomo e come calciatore - ammetterà Di Napoli -. Il mio rimpianto è esserci rimasto poco quando sono tornato dopo le giovanili. Nel 1997 arrivò Ronaldo e mi proposero di fare il quinto attaccante. Io avevo voglia di giocare e ho scelto di andare altrove. Sono stato poco lungimirante, avrei dovuto accettare la proposta che mi era stata fatta da Oriali all'epoca".

Addio dunque al sogno nerazzurro, alle trasferte condivise in camera con Javier Zanetti e Ivan Zamorano. Per "Re Artù" inizia dunque la trafila come eroe delle squadre di provincia. "Il calcio stava andando in una certa direzione e non c'era spazio per i giovani - specificherà -. Inoltre, se venivi dal settore giovanile di una società top come l'Inter, tutti erano convinti che in serie B o C dovessi sempre fare la differenza, probabilmente c'erano troppe aspettative".

Messina, il regno di "Re Artù"

Vicenza ed Empoli in prestito, Piacenza a titolo definitivo per 12 miliardi di lire, Venezia, Palermo: da titolare o da co-protagonista, in A o in B, regalando magie su calcio di punizione ogni tanto.

Quella sì, era la specialità di Di Napoli: guai a commettere falli al limite dell'area con lui in campo. Il rischio di prendere gol era sempre altissimo, anche in palcoscenici di prestigio come, ad esempio, un Milan-Vicenza 0-1 deciso nella stagione 1997-98 da una magia di Di Napoli.

Nel 2003, infine, l'approdo a Messina in Serie B dopo che ad Arturo si sono interessati nientemeno che il Galatasaray e i Glasgow Rangers. È uno di quei campionati, la stagione 2003-04, di cui si parlerà a lungo per via dell'incredibile abbondanza di qualità a tutti i livelli.

Ventiquattro squadre, sei promozioni, nomi da paura in classifica marcatori come Toni, Protti, Lucarelli, Suazo, Zampagna, Riganò e compagnia bella.

Arturo in questo ci sguazza, segna 19 gol e porta i siciliani in Serie A. Una squadra di "bastardi senza gloria", con davanti questo giocatore unico nel suo genere, capace di occupare tutti i posti dell'attacco: a destra, al centro e a sinistra.

Con una spiccata tendenza alla giocata difficile, ma produttiva. Il calciatore "di strada" in questo è sempre esistito in Arturo. Quando arriva la promozione matematica in A la squadra fatica a uscire dallo spogliatoio, con i dintorni dello stadio San Filippo del tutto in tilt per via della calca dei tifosi.

Saranno quattro stagioni indimenticabili, più un'appendice in D, addirittura. "Ho giocato al Messina per cinque anni: è stata l'unica città in cui sono rimasto così tanto - dirà Di Napoli -. Nella mia carriera ogni anno cambiavo squadra, un po' per voglia e un po' per necessità. Non sono mai rimasto per due stagioni di fila nella stessa società. Si era creato un gruppo fantastico, il giovedì andavamo a cena tutti insieme, c'era una grande unione tra tutti e c'erano giocatori molto forti come il portiere Storari".

Se il Messina rimane in A fino al 2007, prima di retrocedere definitivamente in B e poi precipitare nelle categorie inferiori, buona parte del merito è di un attacco basato oltre che su Arturo anche su un altro di questi bomber di provincia di culto come Riccardo Zampagna o, successivamente, Christian Riganò. Spalla ideale, insomma, per altri miti. Come del resto era successo anche a Venezia con Pippo Maniero.

Ultimi slanci tra i professionisti, a Salerno in C-1 e poi nella B ritrovata grazie ai suoi 21 gol. È il 2009, la Salernitana si salva e Di Napoli a 35 anni chiude di fatto la sua carriera ad alto livello. Solo un club può riportarlo sui suoi passi ed è ancora il Messina, appunto.

Niente più pienoni al San Filippo contro le grandi squadre, ma trasferte a Sapri, Castrovillari e Mazara del Vallo. Il pane durissimo dei semi-dilettanti, insomma, per una squadra che fatica terribilmente a tirare avanti e a salvarsi, ma ci riesce: su 43 gol totali del Messina, 20 sono di "Re Artù" Di Napoli. In quanto a talento puro, uno dei migliori.