Calcio

L'Ascoli di Costantino Rozzi

Costantino Rozzi. Un nome che risuona con forza e orgoglio nell'aria di Ascoli Piceno. 26 stagioni alla guida dei bianconeri, diventando il volto stesso della squadra e il simbolo di una città in crescita.

Dalla Serie C alla Serie A, Rozzi ha trascorso gli anni d'oro del calcio italiano, portando l'Ascoli a conquistare risultati straordinari.

Una promozione in Serie B, ben quattro in Serie A, una Mitropa Cup e persino una partecipazione al torneo internazionale del 1980 in Canada sono solo alcune delle tappe del suo glorioso percorso.

Nonostante i quinti e sesti posti in massima serie, l'Europa è rimasta un traguardo sfuggente, ma la sua eredità è indelebile.

Ironico il destino di Rozzi, che mai avrebbe immaginato di ritrovarsi nel mondo del calcio. Geometra di professione, il pallone non era mai stato al centro dei suoi pensieri. Guardando le auto affollare le strade di Ascoli durante i giorni di partita, si chiedeva con meraviglia chi fossero quei "pazzi" disposti a dedicare il loro tempo libero al calcio.

Ma il destino aveva in serbo per lui una sorpresa. Un gruppo di amici, colti dalla sua aura di leadership e carisma, lo convinsero a prendere le redini della società calcistica locale. Un'idea che si rivelò essere un colpo di fortuna per tutti.

Così, con il suo carattere deciso e la sua determinazione, Rozzi si lanciò nell'avventura del calcio, trasformando l'Ascoli in una forza da non sottovalutare. La sua intuizione si rivelò vincente, portando la squadra a scalare le classifiche e a competere con i migliori club del paese. Non importava che il calcio non fosse la sua passione primaria; la sua dedizione e il suo amore per la città lo spinsero a dare il massimo per il bene della squadra e della comunità.

Alla guida dell'Ascoli

Costantino Rozzi si trovò improvvisamente al timone dell'Ascoli Calcio. Era il 1968 e, con la sua visione e la sua determinazione, apportò immediatamente dei cambiamenti significativi alla squadra.

Da un semplice pensiero, Rozzi trasformò un progetto ambizioso in una missione concreta: portare l'Ascoli in Serie B. Sapeva che sarebbe stata una sfida ardua, ma provare era diventato un imperativo categorico. Tuttavia, per realizzare questo obiettivo, serviva qualcosa di fondamentale: una squadra competitiva. Rozzi aveva bisogno di giocatori capaci di rendere possibile ciò che sembrava irraggiungibile.

Dopo aver visto sfumare i sogni di avere allenatori del calibro di Capello e Malavasi, l'attenzione dell'Ascoli si concentrò su un giovane allenatore che aveva dimostrato il suo valore guidando esclusivamente squadre giovanili. Si trattava di Carlo Mazzone, una vecchia conoscenza della città. Dopo sei anni trascorsi come calciatore, Mazzone tornava a casa, questa volta per restare, prendendo in dote la panchina della squadra.

Carletto accettò l'offerta di Rozzi istantaneamente. I tre anni successivi sarebbero stati una vera e propria esplosione di successi, culminati con la conquista della Serie B. E la decisione di Rozzi di puntare su Mazzone si rivelò un colpo di genio. In un breve lasso di tempo, il patron non solo dimostrò di essere un manager competente, ma cambiò radicalmente il destino della squadra.

L'ambizione di Rozzi

Nonostante il successo in Serie B, Rozzi non era soddisfatto di vivacchiare nel secondo livello del calcio italiano. Il suo obiettivo era ambizioso e luminoso come il sole: portare l'Ascoli in Serie A.

Ora, è tutto da contestualizzare: all'inizio degli anni Settanta, l'Ascoli Calcio rappresentava una sorta di enigma nel panorama della Serie B italiana. Per due volte sfiorò la promozione diretta in Serie A, nel 1973 mancando l'obiettivo per 1 punto. Tuttavia, quell'apparente sconfitta segnò l'inizio di una nuova era per la squadra bianconera.

L'anno successivo, l'Ascoli si riscattò con una straordinaria cavalcata che li portò al secondo posto in classifica, garantendo così la tanto agognata promozione in massima serie. Sin dall'inizio della stagione, era chiaro che i bianconeri stavano per compiere un'impresa epica. Cambiò tutto: la percezione della squadra, la forza dei giocatori. Ma rimase intatta la loro volontà di scrivere la storia. Questa era la spinta propulsiva di Costantino Rozzi, il presidente che sognava a occhi aperti.

In soli tre mesi, Rozzi realizzò un vero miracolo: costruì praticamente dal nulla uno stadio con una capacità di 34.000 persone, pronto ad accogliere le grandi squadre della Serie A. Nonostante la rapidità della costruzione, lo stadio era un capolavoro di architettura e tecnologia, pronto a ospitare incontri emozionanti e avvincenti. La panchina dell'Ascoli restò naturalmente affidata a Carlo Mazzone.

Dopo lo sfortunato debutto a Napoli, una settimana dopo al Del Duca, l'impianto appena inaugurato era gremito di tifosi che attendevano con trepidazione la partita contro il Torino. In un match combattuto, l'Ascoli riuscì a portare a casa il primo punto della stagione, ottenendo un pareggio prezioso.

Il prosieguo della stagione fu caratterizzato da alti e bassi, con la squadra che si trovava in fondo alla classifica con soli 9 punti al giro di boa del campionato. Sembrava che solo un miracolo potesse salvare i bianconeri dalla retrocessione. Ma Rozzi non era uno che si arrendeva facilmente. Davanti alla situazione disperata, si è rimboccato le maniche e ha lavorato.

La grande salvezza

Come in ogni grande impresa, anche per l'Ascoli Calcio arrivò il momento in cui la storia prese una piega inaspettata. Quel momento fu segnato dal gol di Silva, segnato a Milano contro l'Inter di Facchetti e Mazzola. Fu un colpo incredibile per la squadra bianconera, che si trovava in una fase cruciale del campionato. E fu l'inizio di una straordinaria cavalcata verso la salvezza.

Quel gol di Silva fu come la ciliegina su una torta amara, ma anche incredibilmente dolce. L'Ascoli aveva affrontato un girone di ritorno pieno di sfide e di ostacoli, ma alla fine riuscì a ottenere la tanto agognata salvezza.

La gioia e l'euforia della vittoria si trasformarono in lacrime quando Carlo Mazzone, l'allenatore che aveva guidato la squadra attraverso le tempeste, annunciò la sua decisione di lasciare la panchina bianconera. Rozzi accettò con tristezza la decisione di Mazzone e lo salutò con un abbraccio caloroso e un in bocca al lupo per il suo futuro alla Fiorentina.

Con la partenza di Mazzone, terminò un'era gloriosa per l'Ascoli, ma il presidente non si lasciò abbattere. Ricominciò con un nuovo allenatore, Riccomini, per poi trovare una dolorosa retrocessione. L'anno successivo, con Mimmo Renna alla guida, l'Ascoli tornò nuovamente in Serie A, regalando alla città una stagione piena di vittorie e di emozioni.

Negli anni Ottanta

Negli anni Ottanta, Rozzi prese una decisione audace e richiamò Mazzone alla guida della squadra. La sensazione: sembrò proprio che Mazzone non si fosse mai separato da Ascoli, da quello stadio. Ogni salvezza divenne un momento di adrenalina e terrore, ma Rozzi e Mazzone erano pronti ad affrontare qualsiasi sfida.

Nel 1985, però, Mazzone si trovò di nuovo a un bivio e provò a dimettersi. Rozzi rifiutò la sua decisione, ma dopo quindici giornate decise di salutarlo "con la forza", chiamando al suo posto Boskov. Nonostante la qualità e il carisma di Boskov, il maestro poi vittorioso alla Samp non riuscì ad adattarsi e la squadra retrocesse immediatamente.

L'addio al calcio

Gli anni successivi furono dunque caratterizzati da lotte e battaglie per l'Ascoli, ma grazie agli sforzi di persone come Sonetti, i rapporti tra la squadra e la Serie A furono riallacciati. Alti e bassi come in ogni storia, finché nel 1994, Rozzi lasciò questo mondo in silenzio, circondato dalle persone che lo avevano amato e apprezzato attraverso il calcio.

Ventimila persone si radunarono alla Cattedrale marchigiana per il suo funerale, per ringraziarlo per aver reso realtà quei sogni che avevano reso Ascoli una grande squadra nel calcio italiano. Da allora, Ascoli non è mai stata più la stessa, ma il suo ricordo e il suo legato continuano a vivere nei cuori dei suoi tifosi.