Calcio

Barcellona-Napoli, in quanti modi (non) sa giocare il Napoli?

L'ampiezza di spazi lasciati disponibili e incustoditi dalla difesa del Napoli - dalla sua fase difensiva, s'intende - ieri sera nel ritorno degli ottavi di finale contro il Barcellona fa pensare immediatamente ad un problema di natura tattica.

La squadra di Calzona, almeno in fase di non possesso, non è quasi mai riuscita ad arginare gli attacchi blaugrana, in particolare quelli provenienti dagli esterni: Cancelo a sinistra, con Raphinha a spalleggiarlo, e Yamal a destra, con Kounde sempre attento in fase di copertura alle sue spalle. Ma in quel vulnus tattico c'è qualcosa di più profondo, che precede e insieme compendia il lavoro 'geometrico' e 'strategico' sul terreno di gioco.

Sovrapposizione di idee, confusione di gioco

Cambiare l'allenatore può scuotere l'orgoglio di una squadra. In alcuni casi, può persino farla risorgere. Ma in altri, può anche creare grande confusione. Una confusione insieme tattica e psicologica. Cambiano i metodi d'allenamento, cambiano le strategie in campo, cambia la figura di riferimento che indica e sprona dalla panchina.

Come noto, ma è bene ribadirlo, il Napoli è al terzo cambio di panchina in meno di una stagione. Dal gioco visionario di Spalletti si è passati a quello conservativo di Rudi Garcia, attento più a non prenderle che a darle. L'involuzione del Napoli, già evidente con l'allenatore francese, si è ulteriormente accentuata con l'arrivo di Mazzarri, che ha cambiato (mettendosi a tre dietro) e ricambiato (tornando a quattro) la difesa, confuso ulteriormente le carte già sbiadite del gioco azzurro e infine consegnato a Calzona - ultimo subentrante sulla panchina partenopea - un gruppo di dispersi su un'isola deserta.

Questo è il Napoli di oggi, questo è il Napoli che si è visto ieri all'Estadi Montjuic di Barcellona. Juan Jesus ha detto a fine gara che "non abbiamo capito l'importanza della partita" - frase insieme imbarazzante ed emblematica. Fabio Capello, dal canto suo, ha accusato i calciatori di non essere mai stati in grado quest'anno di 'cambiare' stile di gioco (forse perché ne hanno cambiati troppi, aggiungiamo noi): «I giocatori pensavano di essere loro coloro che dovevano decidere lo stile di gioco, senza accettare ciò che voleva l'allenatore. Ultimamente si è visto chiaramente qualcosa di meglio e quindi i due tecnici che hanno preceduto Calzona non sono riusciti a dare alla squadra quello che loro volevano. Questo non mi piace perché vuol dire che i giocatori sono capricciosi e avevano solo un'idea di gioco in testa. Io non accetto questa cosa qua! Poi mancano due personaggi chiave: Spalletti - che ha fatto un lavoro unico, straordinario, ma che poi ha capito che qualcosa non funzionava più - e Giuntoli che decideva e sceglieva i giocatori con l'allenatore. Purtroppo mancano coloro che guidavano e proteggevano i giocatori e le loro idee di gioco».

Malino dietro, malissimo davanti

Il paradosso però è che, nonostante il punteggio finale dica 3-1, nonostante anche le occasioni del Barcellona (vere o potenziali) siano state 25 (sic!) nell'arco del match, è davanti che il Napoli ha fatto peggio. Questo per tornare al nostro discorso di partenza: confusione non significa soltanto 'non sapere cosa fare' in mezzo al campo, ma anche farlo molto male. Dietro, certamente - dove però il Napoli piange ancora la partenza di Kim, mai realmente sostituito -, ma anche davanti, se è vero che il Napoli che l'anno scorso aveva incantato tutti (in Italia e in Europa) era una squadra completa nei due reparti, tenace dietro e brillante, anche cattiva, davanti.

Rigorino su Osimhen non fischiato a parte, l'attaccante nigeriano ha deluso nuovamente. Cubarsì, 17enne difensore MVP del match - nonché autore di quel possibile fallo da rigore sul nigeriano - lo ha aggredito fin dal primo minuto e ha detto a fine partita: "siamo passati dall'essere sotto pressione all'essere ambiziosi. A livello psicologico e poi anche tattico".

Osimhen al contrario è stato impreciso, poco cattivo, soprattutto spento dal punto di vista temperamentale - lui che fa dell'elettricità l'arma di forza. Al suo fianco ha fatto benino Politano (suo l'assist per il 2-1 di Rrahmani), favorito anche da un Cancelo meraviglioso in fase offensiva ma quantomeno disattento in fase difensiva, e malino Kvaratskhelia, che ha tentato la conclusione in un paio di circostanze, mancando il bersaglio grosso di pochissimo, ma che è stato spesso fermato da Kounde nell'uno contro uno (grande prova quella dell'ex Sevilla).

Un Napoli poco determinato davanti - clamorosa ed emblematica l'occasione divorata da Lindstrom a 10' dalla fine, quando eravamo ancora sul 2-1 - ha pagato dietro uno scollamento non di reparto ma tra i reparti. Zambo Anguissa e Traoré hanno coperto poco e male su Fermin e Gundogan, sempre molto liberi di agire e incidere; Lobotka, tra due fuochi, ha gestito come ha potuto la disorganizzazione tattica dei compagni.

I tre gol del Barcellona, con le dovute differenze (che qui non analizzeremo), nascono tutti nello stesso modo: palla sull'esterno, scarico al centro e rete. Tradotto: al Napoli di ieri sera bastava subire un'imbucata, un dribbling o un passaggio, per andare in bambola. Sintomo quindi, ripetiamo, di una squadra confusa perché senza guida. Che poi la guida ci sarebbe pure, lo ha detto lui stesso di voler fare tutto, pure l'allenatore. A De Laurentiis non rimane che esonerare Calzona e prendere il comando delle operazioni.