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Calcio

Quando il Bari di Fascetti spaventava le grandi

Dopo tredici anni di guida da parte della famiglia Matarrese, prima con Antonio, detto Tonino, e poi con Vincenzo, questo successo porta prestigio ed entusiasmo a una delle città più appassionate e allo stesso tempo sfortunate nel panorama calcistico italiano.

La famiglia Matarrese, ispirata da questo trionfo europeo, desidera potenziare la rosa per ambire a un ruolo di protagonista nella massima serie. Tuttavia, nonostante gli acquisti di due giovani talenti come Zvonimir Boban e David Platt, i risultati tardano ad arrivare.

Quasi sull'orlo del baratro, già in Serie B, il Bari, precedentemente guidato da Giuseppe Materazzi, viene affidato a Eugenio Fascetti, un allenatore stravagante ma genuino.

Con esperienze significative a Roma con la Lazio e Verona con l'Hellas, si trova nel 1996 ad affrontare la sfida più impegnativa: rialzare le sorti di una città di oltre 300.000 abitanti, completamente dedicata al calcio dal sorgere al calare del sole.

Bari, l'arrivo di Fascetti

La promozione sotto la guida di Fascetti fu un risultato straordinario, niente di più e niente di meno. Ecco: considerando che il Bari non era certo la squadra più forte nel campionato cadetto, la sorpresa in città si mischiava all'entusiasmo. Sembrava di stare su una buona onda. E di essere in grado di surfarla.

I galletti, nonostante si classifichino al quarto posto, riescono comunque a garantirsi il passaggio in Serie A. Tra i giocatori rivelazione di quella stagione, meritano menzione almeno Klas Ingesson e Nicola Ventola, spesso paragonato al "nuovo Vieri".

Ora: chi l'ha conosciuto solo nella "nuova" carriera, non può forse realizzare il talento e il valore del giovanissimo Ventola. Era lui, il campione che faceva sognare. E lo stesso Ventola l'ha sempre detto: "La promozione con la mia squadra del cuore - sì, il Bari - è stata la vittoria più grande".

Ad ogni modo, nonostante la squadra presenti ancora Thomas Doll come capitano, un veterano delle precedenti stagioni in Serie A, e vanti attaccanti come Flachi e Di Vaio, il peso dell'economia della squadra inizia a gravare su giovani destinati a giocare un ruolo fondamentale nelle future stagioni, come Sala in difesa, Volpi e De Ascentis a centrocampo.

Si tratta chiaramente di un progetto giovane, confermato dal successo della primavera di Sciannimanico, che in quella stagione vince il Torneo di Viareggio, eliminando squadre di prestigio come Milan e Juventus e battendo persino l'Inter ai gironi.

La stagione successiva

La stagione successiva è proprio quella del miracolo. Il Bari di Fascetti, partito con l'unico e difficile obiettivo di salvarsi, supera di gran lunga le più rosee aspettative piazzandosi addirittura all'11° posto.

Quella stagione è un capitolo particolare e il cuore, solo a leggere i protagonisti, si riempie di nostalgia. Basterebbe: Oliver Bierhoff (nell'Udinese di Zaccheroni) si conferma miglior marcatore dell'anno con 27 reti.

È anche l'anno in cui la dirigenza Moratti effettua l'acquisto di Ronaldo (e di Recoba), Mancini saluta la Sampdoria dopo 15 anni per approdare alla Lazio, e emergono squadre come il Parma di Ancelotti e la Roma di Zeman. In mezzo a questo scenario calcistico, il Bari di Fascetti conquista uno spazio nel cuore dei tifosi, non solo quelli baresi. Diventa la provinciale più simpatica di tutte. Mentre il suo popolo sogna.

L'inizio della stagione miracolosa non era nemmeno stato dei migliori, con solo 1 punto nelle prime 4 partite. La quinta giornata? Già da ricordare: l'appassionante derby al Via Del Mare contro il Lecce porta a una vittoria di misura, quasi "fascettiana", grazie a un rigore trasformato da Ingesson. Ricordate questo nome: la rinascita della squadra viene guidata dallo svedese, dalle parate di Franco Mancini e dai gol del centravanti giramondo Philemon Masinga.

La prova che la squadra può competere in Serie A arriva proprio da questi tre giocatori, ancora ricordati con affetto a Bari. Dopo un girone d'andata altalenante, con successi cruciali per la salvezza e sconfitte esorbitanti, tra cui un duro 0-5 casalingo contro la Juventus, arriva, nel gennaio del 1998, una vittoria memorabile che i tifosi del Bari conservano ancora oggi: il trionfo contro l'Inter di Ronaldo a San Siro.

Dopo tre quarti di partita sotto assedio della porta difesa dall'eroico Mancini, che respinge gli attacchi lasciati scoperti dal bravissimo Neqrouz, guardia del corpo del Fenomeno, è Masinga a regalare il clamoroso successo alla squadra barese con un mezzo fallo su Pagliuca, dopo la prima respinta dell'estremo difensore nerazzurro.

Una settimana dopo, il 2-0 firmato da Marcolini e Sala contro il Napoli consente ai pugliesi di farsi notare come una squadra del Sud Italia.

La rosa di quel Bari

La rosa si basa sulle qualità acrobatiche di Renè Higuita di Matera - Mancini - tra i pali. Dietro alla rudezza di Neqrouz, a volte oltre il lecito, e alla giovane sfrontatezza di Sala, che segna anche gol importanti, si uniscono la sicurezza di De Rosa e l'esperienza di Garzya.

Nel centrocampo, tutto ruota attorno al capitano Ingesson, l'anima, i piedi e i polmoni di questa squadra. Con lui, De Ascentis, Volpi, Bressan e il giovane Zambrotta. In avanti, i gol sono affidati al gioiello di casa, Ventola, e a Phil Masinga.

Il modo di giocare di Fascetti è semplice, ma altamente efficace: un catenaccio quasi costante e una copertura stretta della zona centrale del campo, seguiti da rapide ripartenze. Ma le caratteristiche distintive della squadra di Fascetti emergono ancor di più nei campionati successivi.

I momenti da ricordare

Per fare un esempio? Al culmine della stagione del Bari sotto la guida di Fascetti c'è la serata della celebre rete di Cassano (18.12.1999) contro l'Inter di Lippi.

Una squadra in grado di difendersi bene e colpire ancora meglio. Con giovani di talento, alcuni gregari di spessore (Michael Madsen e Peter Knudsen, i due danesi, insieme allo svedese Daniel Andersson) e un attaccante indimenticabile, Philemon Masinga, che ha fatto sognare l'intera città.

Se la stagione 97/98 aveva già conquistato il cuore dei tifosi biancorossi, la stagione 98/99 è stata quella della consacrazione, e ha preceduto la prevedibile caduta.

I Matarrese non si sono spesi troppo sul mercato, puntando tutto su due giovani promettenti: Gianluca Zambrotta e Simone Perrotta (futuri campioni del mondo).

La città di Bari è piena di voci e sussurri, consapevole che qualcosa di grande è possibile, ma anche conscia del desiderio dei Matarrese di risparmiare ogni centesimo. "Non vogliono partecipare alle competizioni europee perché poi devono spendere soldi per rinforzare la squadra," dicono.

Tuttavia, il Bari raggiunge davvero l'Europa: si piazza al 10° posto e si assicura un posto nella Coppa Intertoto, anche se alla fine il Bari rinuncerà all'invito dell'UEFA.

Nella rosa del 98/99 c'è già un giovanissimo Cassano, ancora sconosciuto al grande pubblico, che farà il suo esordio l'anno successivo ma lascerà intravedere il suo talento già durante gli allenamenti.

Ci sono ancora Neqrouz, il vivace Osmanovski e il capitano della stagione Luigi Garzya. Soprattutto, ci sono i risultati. Il Bari di Fascetti ottiene vittorie su campi dove altre squadre falliscono: all'Olimpico contro la Lazio e la Roma, al Delle Alpi contro la Juventus. Arriva anche il successo contro il Milan scudettato di Zaccheroni: è il 21 marzo 1999, quando i biancorossi, in vantaggio fino al 93', vengono raggiunti all'ultimo minuto dai rossoneri.

E poi ci sono quei punti salvezza cruciali a Firenze, Cagliari e Verona. In mezzo a tutto ciò, continua la leggenda di Masinga, il protagonista contro le grandi del calcio italiano, una persona ironica, unica e meravigliosa, autore di 11 gol decisivi in campionato quell'anno.

Piero Doronzo, segretario generale del club, raccontò una volta che Masinga gli telefonò per comunicare il suo ritardo di un giorno. Lui, tranquillo, rispose: 'Nessun problema, Piero, perché anch'io sono furioso.'"

Il Bari è sempre divertente, ed è amato da tutti. Sorprende che, con la sua gioventù, combatta contro le grandi del calcio italiano. E lo fa almeno fino al 1999.

Già nel 2000 arriva un preoccupante 14° posto, mascherato dall'esplosione di Cassano e del suo gemello Enyinnaya, seguito dal 18° posto nella stagione 2000/2001 (con l'esonero di Fascetti alla 28° giornata).

È la fine del viaggio per il trenino che aveva iniziato ad incantare all'epoca di Protti e aveva continuato sotto la guida di Fascetti.

Troppo veloce, persino nell'esultanza di gruppo diventata iconica, per non fermarsi bruscamente e improvvisamente nel bel mezzo del successo.