Calcio

Bojan prima di Krkic

Quando ci si accosta al mistero, è bene partire dal nome.

Bojan Krkic Perez, meglio noto come Bojan, è uno dei grandi misteri del calcio moderno.

Uno di quegli splendenti 'incompiuti', o amor perduti, che hanno illuso col loro talento.

Figlio d'arte - e nel nome del Padre da sempre è vicino il pericolo di una mancata consacrazione -, di Bojan Krkic Perez si è da sempre dimenticato il 'Perez', ma anche il 'Krkic', quello che racconta della sensibilità familiare, del focolare come luogo di rifugio nel quale il ragazzo di Lérida, qui nato nel 1990, avrebbe volentieri attinto già 18enne.

Il talento precoce

A 9 anni Bojan è già inserito in quello sforna-talenti che è la Masia. Luogo d'elezione per un giovane calciatore, la Masia può facilmente trasformarsi nel suo contrario - come è poi stato, per lui ma più recentemente anche per Ansu Fati, tra i tanti: divora-talenti. La colpa non è della Masia, che preserva e prepara, ma dei richiami simbolici che porta con sé il suo nome (di nuovo).

Questi hanno colpito Bojan nel profondo, insieme a quel curriculum record che sovente s'affianca agli amori perduti. Bojan è il primo in tutto: nelle giovanili segna 423 gol in otto anni, nessuno come lui ancora oggi; a 17 anni debutta in Liga e segna contro il Villarreal il gol più precoce del Barça e del campionato spagnolo - due record che verranno infranti da Ansu Fati tra il 2019 e il 2020.

Bojan non solo brucia i record, comunque. Il suo talento è visibile anche a chi sia poco o per nulla preparato in materia calcistica.

Tocca la palla con eleganza e destrezza, è velocissimo nello stretto - meno sul lungo - e ha un tiro insieme potente e preciso. Ha classe, vede cose che i ragazzi della sua età di solito non vedono.

Soprattutto, sembra non avvertire il peso delle attese su di lui. Ma è un'illusione: «Ho sempre idealizzato il calcio e quando sono arrivato in una grande squadra, circondato da grandi campioni, la pressione mi ha sopraffatto», dichiarerà anni dopo.

Su di lui si appiccica quell'etichetta calda e opprimente di nuovo Messi, che nel 2008, quando Guardiola inizia a panchinare Bojan suggerendogli di passare in prestito a un'altra squadra, è già uno dei giocatori più forti del pianeta - ma ha ancora 22 anni. Bojan all'epoca ne ha 18, nessuno però sembra ricordarsene.

Il paragone con Messi non reggerebbe per nessuno, chiaramente. Ma in pochi fanno caso ai problemi psicologici del ragazzo, che questi comunica alla famiglia e allo staff. I tifosi spagnoli lo accusano di non amare la Roja, perché alla prima convocazione del CT Aragones Bojan torna a casa anzitempo chiedendo di "riposare un poco" dopo una stagione molto intensa.

Sapremo solo anni dopo che in questo periodo Bojan soffre di attacchi d'ansia forti e frequenti, dovuti un po' alla pressione che si è posata sul suo capo, un po' all'attenzione mediatica che lo assedia ad ogni occasione utile, ricordandogli qual è la sua missione.

«Hierro si interessava a me e mi scriveva in continuazione», dirà Bojan a proposito di quel periodo, «con la cura stavo bene e potevo giocare ma ero al limite: andavo a giocare con una tensione costante per la paura di svenire».

L'Italia e lungo girovagare

Va alla Roma insieme a Luis Enrique, catalano doc.

Ma anche col tecnico discepolo di Guardiola, le cose non vanno. 33 presenze, 7 gol. E l'illusione di poter diventare l'ottavo (nono, decimo?) re di Roma, un'illusione che la squadra capitolina anziché smorzare implementa ad ogni minima giocata del campioncino di Lerida.

Che finita l'avventura romana, inizierà a girare senza più stabilizzarsi - una metafora contrattuale che ben racconta la condizione di chi è alle prese con ansia e depressione.

Milan, Ajax, Stoke City, fino alla rottura del crociato nel 2015 che chiude a Bojan, di fatto, le porte dell'elezione calcistica - quelle che fino all'ultimo giornalisti e tifosi hanno provato a spalancargli. «Preferisco le sensazioni positive ai trofei». Va al Mainz, poi all'Alaves, infine al Montreal e poi al Vissel Kobe in Giappone nel 2021. Qui ritrova l'amico Iniesta, ma due anni dopo a 32 anni Bojan chiude col calcio.

L'addio è commovente come una delle giocate che, in maglia blaugrana, hanno dipinto sul suo nome quadri di un'estetica ingannevole. Il quadro, direbbe Italo Svevo, rappresenta qualcosa, non è però mai quella cosa. Questo fa l'arte, inganna. In questo non c'è del male, se non la si scambia per la realtà. Bojan prima di Krkic. L'uomo prima dell'artista