cagliari mazzone 1993

Calcio

Il Cagliari di Carlo Mazzone, tra gli Orrù, Cellino, Francescoli e la Coppa UEFA

La sbornia di calcio internazionale portata dai mille colori dei Campionati del Mondo di Italia '90, non si era ancora placata, quando, proprio in una delle città che li ospitarono, approdò un signore che all'epoca aveva da poco superato la cinquantina di anni, Carletto Mazzone, che per l'occasione si sedette sulla panchina del Cagliari.

L'allenatore romano, autentico giramondo alla guida delle squadre di tutto lo stivale, esordì nelle vesti di Mister verso la fine degli anni '60, al termine di una non folgorante carriera da calciatore, trascorsa, comunque, in squadre dalla storia gloriosa, come la Roma nel 1958, la Spal, il Siena e l'Ascoli.

Proprio dalle giovanili della squadra marchigiana, la carriera da allenatore prese forma, prima di passare a guidare la prima squadra dove rimase fino alla chiamata della Fiorentina nel 1975.

Passarono ben 16 anni prima che Ignazio Orrù, uno dei presidenti che hanno fatto la storia recente del Cagliari, decidesse di chiamare Mazzone alla guida della squadra del capoluogo sardo.

Staffetta con Giacomini

Il primo assaggio con la Sardegna, Mazzone lo ebbe dopo l'esonero di Massimo Giacomini, già allora allenatore di lungo corso, che partì alla grandissima battendo al termine di una partita senza esclusione di colpi i campioni d'Italia della Sampdoria per 3-2, con le reti di Francescoli, che segnò una doppietta, ed Herrera, due dei tre uruguaiani che fecero la fortuna del Cagliari.

Dopo un esordio così pomposo, il Cagliari di Giacomini si arenò senza mezzi termini e perse le successive cinque partite, contro Milan, Roma, Foggia, Torino e, l'ultima che segnò il definitivo addio al tecnico di Udine, contro il Verona che in quel momento era ultimo in classifica con soli due punti.

La proprietà degli Orrù, capitanata dal Presidente Ignazio, non perse tempo nel decidere il nome del successore di Giacomini, puntando forte su Carlo Mazzone, in quel momento libero da impegni dopo il breve periodo a Pescara.

Mazzone venne accolto a Cagliari come una sorta di salvatore della patria, anche e soprattutto dopo i continui mugugni di una tifoseria che vedeva il suo predecessore come la causa di tutti i mali.

La rosa di quell'anno, infatti, fu costruita per raggiungere una salvezza tranquilla, messa in pericolo dalle sconfitte della gestione Giacomini e tornata ad essere un obiettivo tangibile fin dalle prime partite di Mazzone.

Mario Ielpo, indimenticato portiere di quel Cagliari, orchestrava una difesa formata da Festa, Villa, Firicano e Napoli, nella quale ruotava anche Herrera, che però veniva preferito nel suo ruolo naturale di mediano.

Il Cagliari verteva sulle scorribande di Matteoli, Francescoli e Fonseca e alla fine della stagione chiuse con l'obiettivo raggiunto di cui vi abbiamo appena dato conto, con 29 punti, frutto di 7 vittorie, 15 pareggi e 12 sconfitte.

Il vero Cagliari di Mazzone

La stagione successiva si vide l'impronta definitiva dell'allenatore romano, che costruì intorno al vero perno della squadra, Francescoli, una compagine che aveva nella corsa e nel cuore le sue armi principali, mentre alle giocate di qualità ci pensava il "Principe di Montevideo".

Nell'estate del 1992, Massimo Cellino acquistò il Cagliari dalla precedente gestione Orrù per una cifra intorno ai 16 miliardi di Lire, diventando subito un idolo della piazza cagliaritana alla luce delle sue idee poco convenzionali e delle sue uscite spesso polemiche che gli costarono più di un deferimento.

Cellino entrò molto presto in sintonia anche con Carlo Mazzone e, a differenza del suo vulcanico carattere, il percorso della squadra in quel campionato, fu lineare, senza sussulti, ma con un exploit finale per niente atteso nell'ambiente rossoblù, visto che Francescoli e compagni riuscirono a chiudere una strepitosa cavalcata trionfale con un sesto posto da 37 punti, che permise ai rossoblù di giocare la Coppa UEFA dell'anno successivo.

In realtà non ci fu un momento di massima esaltazione durante il torneo, ma tutta una serie di risultati costanti, frutto del lavoro svolto dallo staff tecnico che permetteva a tutti i giocatori di dare una mano in ciò che meglio erano capaci di fare.

A supporto di questa teoria, andrebbe semplicemente messo in evidenza il dato del numero delle reti dei migliori marcatori della squadra sarda di quell'anno in Serie A, ben 4 tutti a quota sette, Francescoli, Oliveira, Cappioli e Pusceddu, terzino dal sinistro di fuoco.

Una chimica di squadra senza precedenti

Coi nomi che giravano all'epoca, Beppe Signori che ne fece 32 con la Lazio, capocannoniere incontrastato del torneo di quella stagione, Roberto Baggio, trequartista quell'anno nella Juve, Abel Balbo, punta centrale dell'Udinese e poi ancora Ruben Sosa dell'Inter, Batistuta alla Fiorentina, Van Basten nel Milan, solo per citarne alcuni, la squadra del Cagliari mirava alla solita salvezza tranquilla, ma ciò che accadde durante quella magica stagione, fu indimenticabile per i tifosi cagliaritani.

Sarebbe utile ad esempio ricordare i mugugni all'indomani della vendita di Daniel Fonseca al Napoli, squadra storicamente rivale a quella rossoblù, in virtù della decisione dell'uruguaiano di cercare gloria in una compagine più attrezzata, cosa che non gli fu perdonata dalle frange più focose del tifo organizzato rossoblu.

Cellino e Mazzone ci videro invece benissimo, prendendo il belga brasiliano Luiz Oliveira, una sorta di oggetto misterioso che venne prelevato dall'Anderlecht dopo alcune stagioni positive, ma non certo considerato maturo in un campionato come quello di Serie A che in quegli anni era considerato il più difficile del mondo.

"Lulù" si adattò così bene alla realtà cagliaritana che trovò moglie e si costruì la famiglia a "Casteddu", e ancora oggi è facile incontrarlo al Bastione, il salotto della città.

Tornando a quella stagione al Cagliari fu riservato un inizio di fuoco, visto che nelle prime 6 giornate, i rossoblù incontrarono, nell'ordine, Juventus, Inter, Lazio, Atalanta, Roma e Sampdoria.

La pazienza di Cellino

A differenza di ciò che si sarebbe visto in seguito, la pazienza di Cellino fu ripagata nel corso della stagione. Nelle prime 4 giornate di campionato, infatti, il Cagliari pareggiò in casa contro Juve e Lazio, ma perse sia a Milano con l'Inter, 3-1, che a Bergamo con l'Atalanta per 2-1.

Il successo al glorioso Sant'Elia per 1-0 contro la Roma di Boskov grazie a una saetta su punizione di Pusceddu, fu il prologo per quello che succederà per praticamente tutta la stagione: punti pesanti, vittorie sofferte, pareggi portati a casa con mestiere e successi indimenticabili, come lo 0-5 del Delle Alpi contro il Torino del 16 maggio alla 31esima giornata, che sancì in modo definitivo l'approdo del Cagliari alla Coppa EUFA dell'anno successivo.

A certificare la linearità della stagione, sarebbe sufficiente ricordare che i punti tra andata e ritorno furono distribuiti in modo quasi perfettamente simmetrico, 18 all'andata e 19 al ritorno.

L'ossatura della squadra era molto simile a quella dell'anno precedente, con un utilizzo molto più frequente di Pier Paolo Bisoli, che fu elemento fondamentale per la parte difensiva della squadra, visto che il suo regno era la mediana, tenuta a bada insieme a Herrera. Non fu invece fortunato il trasferimento a Cagliari di un altro uruguaiano, Marcelo Tejera, all'epoca considerato una sorta di crack universale, che però giocò solo 5 partite nel capoluogo sardo senza mai confermare ciò che si diceva di lui.

Al termine di quella stagione, chiamato dalla Roma, Mazzone non seppe dire di no e al suo posto venne chiamato Gigi Radice, esonerato immediatamente da Cellino dopo appena una giornata, quella della sconfitta contro l'Atalanta per 5-2 sul neutro di Bologna.

Fu chiamato Giorgi al posto dell'ex cuore granata e le cose si misero subito a posto, anche perché il Cagliari disputò una Coppa UEFA fantastica, eliminando Dinamo Bucarest, Trabzonspor, Malines e, soprattutto, la Juventus, prima di uscire in semifinale nel secondo derby consecutivo, con l'Inter che vinse 3-0 a San Siro dopo essere caduta 3-2 al Sant'Elia.