Calcio

Il Catanzaro di Palanca, orgoglio del sud

Per due stagioni tra il 1980 e il 1982 i calabresi mantennero un eccellente livello in Serie A, trascinati dal loro bomber baffuto

Oggi va tanto di moda per certe squadre, quando le si affronta, dire che si va "come dal dentista". Tipico esempio moderno, l'Atalanta di Gasperini (copyright Pep Guardiola).

Basta fare un salto indietro di 40 anni circa per rendersi conto che già in passato sfidare certe formazioni rognose, specie in casa loro, era una cosa simile: guardare per credere il Catanzaro che a cavallo tra anni Settanta e Ottanta rappresentava una specie di spauracchio.

Con un giocatore come simbolo, quel Massimo Palanca "piedino d'oro" e baffi impossibili da non riconoscere.

Catanzaro, lontano da tutto

Il Catanzaro arriva in Serie A nel 1974, ma paga l'apprendistato. È a cavallo tra i successivi due decenni comunque che i calabresi (prima squadra della regione ad arrivare tra i grandi) si guadagnano la fama di spauracchio e di ammazzagrandi.

Del resto anche solo l'idea per le big del nord, o per chiunque, di sciropparsi un viaggio lunghissimo con i mezzi di allora e scendere in campo al celebre Stadio Militare, un catino che nonostante la pista d'atletica ruggisce di passione, è sempre visto come qualcosa di scomodo.

E poi c'è quel diavolo di Massimo Palanca, "piedino d'oro" perché porta le scarpe con il numero 37. Specialità dell'attaccante marchigiano, figlio del custode dello stadio di Porto Recanati, i "gol olimpici", cioè quelli direttamente da calcio d'angolo.

In quella squadra, allenata tra gli altri da Carlo Mazzone e Tarcisio Burgnich, spiccano altri nomi destinati a rimanere nella memoria. Ad esempio il terzino sinistro, un romano di Testaccio chiamato Claudio Ranieri; oppure l'ala destra, imprevedibile come da manuale dell'ala destra, Massimo Mauro, lui invece catanzarese purosangue, pezzo pregiato del vivaio.

Nel 1981 arriva un eccellente ottavo posto, con Palanca che è addirittura vice-capocannoniere della Serie A a quota 13 gol. L'Inter campione d'Italia in carica rimedia due pareggi contro il Catanzaro, ma nemmeno Fiorentina e Napoli riescono a battere i calabresi.

La meteora Bivi

Il capolavoro vero però il Catanzaro lo realizza nella successiva stagione quando alla fine del girone d'andata è quinto in classifica, prima di rallentare nel ritorno. Risultati che fanno stropicciare gli occhi ai più specie se si pensa che Palanca è stato ceduto al Napoli, dove invece non ingrana.

L'allenatore è Bruno Pace, da calciatore genio e sregolatezza soprattutto al Bologna, mentre la nuova stella è un attaccante magro magro ma che è in uno di quegli anni dove gli va bene tutto: è Edi Bivi, che il Catanzaro è andato a pescare in Serie C-2, al Mestre.

Bivi segna 12 gol ed è a sua volta vice-capocannoniere del campionato dietro a Pruzzo. C'è anche chi lo propone per il mondiale in programma in Spagna, ma la maglia azzurra Edi non la vedrà mai se non con l'under-21.

In un'era poi di frontiere riaperte agli stranieri dopo quasi 20 anni il Catanzaro opta per un acquisto in tono minore, l'attaccante Nastase, che in teoria dovrebbe partire titolare ma è appunto sorpassato in tromba da Bivi.

I risultati, specie in casa, sono eccellenti a cominciare dallo storico 3-0 al Milan, bissato da un clamoroso 0-1 a San Siro. Ancora una volta la Roma, per esempio, non riesce a vincere né all'andata né al ritorno: idem per l'Inter.

All'ultima giornata solo un rigore di Brady consente alla Juventus di espugnare lo Stadio Militare e di vincere lo scudetto, al termine di un campionato e di una partita agonici.

E anche in Coppa Italia il Catanzaro fa un figurone spingendosi fino alla semifinale, persa ai supplementari contro l'Inter.

Sarà l'ultimo exploit di una squadra che già dalla stagione successiva scivolerà in Serie B e nell'anonimato, lasciando comunque il ricordo di quel biennio irripetibile.