C'è una canzone di Raffaella Carrà, una delle sue più conosciute, "Com'è bello far l'amore da Trieste in giù" e così via. Trasformatela in un inno, ora che avete la melodia in testa: "Com'è bello Di Michele dalla testa in giù, col pallone in mezzo ai piedi chi lo ferma più". E poi ancora "Di Michele gol, Di Michele facci un gol".
Coro da stadio, sulle note di Raffaella Carrà, il massimo del piacere (calcistico): giocatore sublime, David Di Michele da Guidonia, arrivato anche in nazionale e capace di reinventarsi anche all'estero, al West Ham che negli anni è sempre stato abbastanza sensibile al talento degli italiani, da Di Canio a Diamanti fino a Scamacca.
Di Michele cresce nella Lodigiani, squadra di Roma dal glorioso passato nelle categorie inferiori, ma esplode davvero al Foggia in Serie B tra il 1996 e il 1998. Ad appena 22 anni è uno degli attaccanti più interessanti in circolazione, capace di giocare sia in posizione centrale che di svariare sulle fasce.
Tanto per cambiare è stato scoperto da una vecchia volpe delle "minors", quel Giuseppe Pavone capace di costruire la rosa di Zemanlandia, sempre a Foggia, ma in Serie A.
Squadra sbarazzina, quella, con giocatori destinati a palcoscenici di livello come il portiere Flavio Roma, i centrocampisti Zanchetta, Tedesco (Giovanni) e Franceschini e l'attaccante Chianese. Un po' troppo sbarazzina forte, molto meglio dalla cintola in su che non dietro. Sono gli echi di nuovo di Zemanlandia, che però non attecchiscono e nel 1998 il Foggia retrocede in C-1. Di Michele si è meritato la maglia numero 10, ma anche le attenzioni di altri club ambiziosi come la Salernitana.
Da lì, un'avventura durata tre anni con la storica promozione in A dei campani. Di Michele è titolare inamovibile in un altro tridente, come a Foggia, con Di Vaio e Vannucchi.
Dietro le spalle a ringhiare per tutti, un certo Rino Gattuso. Anche qua, squadra molto giovane a cui manca un pizzico di malizia, anche se David diventa "Re David" per i suoi tifosi, capace di trovare giocate spettacolari dal nulla.
Nel gennaio del 2001 la Salernitana è seconda in B quando il presidente Aliberti chiama l'attaccante in sede: gli dice che l'ha già venduto all'Inter e che deve prepararsi a disputare la sua ultima partita in granata, dove peraltro segna a Ravenna.
A Milano però salta incredibilmente tutto e Di Michele rimane a Salerno, e in B, fino all'estate del 2002 quando l'Udinese per lui sborsa ben 24 miliardi di euro. Una cifra che serve letteralmente a salvare la Salernitana dal crac finanziario.
In Friuli vivrà un'esperienza altalenante, da imprescindibile a ceduto in prestito (alla Reggina), in un tridente destinato anche qua a fare storia, assieme a Di Natale e Iaquinta.
Luciano Spalletti per lui impazzisce e forse se lo porterebbe alla Roma, quando saluta l'Udinese nell'estate 2005 al termine di un campionato in cui Di Michele ha segnato ben 15 gol e ha parato addirittura un rigore al leccese Vucinic.
Purtroppo per lui il sogno di giocare per la sua squadra del cuore sfuma per via di un litigio (pare) tra Spalletti e il presidente friulano Pozzo.
Rimane, allora, ma la magia è un po' finita in un'annata che a metà strada prende la strada di Palermo. In compenso David è entrato nel giro della nazionale, non viene convocato per il mondiale in Germania, ma Marcello Lippi lo tiene sempre d'occhio: l'ultima sua presenza è nel 3-1 con cui l'Italia subito dopo il trionfo di Berlino viene battuta 3-1 dalla Francia.
Dopodiché non viene più considerato.
Tra Palermo, Torino e Lecce l'attaccante di Guidonia è riuscito ad andare in doppia cifra (11 gol) in Serie A a ben 36 anni. Non una roba così facile, specie se appunto si sgomita in squadre che battagliano per la retrocessione.
In realtà Palermo e Torino avevano ben altre ambizioni, ma forse non combaciavano con quelle di Di Michele. Specie coi granata, mai sbocciato davvero il feeling.
Da qui la cessione al West Ham, un po' a sorpresa, in prestito per la stagione 2008-09. A Londra si comporta anche discretamente, David, segnando 4 gol e fornendo 4 assist e deliziando i tifosi come quando segna una doppietta al Newcastle.
L'allenatore degli Hammers del resto è un italiano, Gianfranco Zola, e Di Michele lo conosce bene. L'intesa col pennellone Carlton Cole è a tratti ideale, ma il West Ham non lo riscatta a fine campionato.
Una seconda giovinezza è a Lecce, dove rimane due stagioni e mezzo anche qua deliziando i tifosi di Via del Mare. Nessuno gli rinfaccia il passato al Foggia o quando aveva parato un rigore come portiere in emergenza a Vucinic.
Ora David è la chioccia di una squadra che grazie ai suoi 8 gol si salva nel 2011. L'anno successivo i gol diventano addirittura 11, compresa una doppietta alla sua amata Roma, ma il Lecce precipita in B nonostante in attacco scalpiti anche un colombiano destinato ad essere un protagonista in A: Luis Muriel.
David ha 36 anni, ma non ha nessuna intenzione di smettere. Torna da un vecchio amore, la Reggina; non è più la squadra di Cozza, Nakamura e altri giocatori di culto, ma più modestamente un club di Serie B e poi addirittura di Lega Pro. Non importa, Di Michele da capitano è disposto a scendere di categoria. Segna finché ne ha, gioca finché la società non fallisce e si ritrova svincolato nonostante abbia portato i calabresi alla salvezza.
Come il vino, invecchiando è diventato un calciatore ancora più forte e incisivo, meno imprevedibile dei tempi di Salerno o Udine. Non per colpa sua, ma non è mai riuscito a dimostrare tutto questo su un grande palcoscenico.
L'avrebbe meritato, questo è sicuro, "col pallone in mezzo ai piedi chi lo ferma più" del resto? Chiude vicino a casa, alla Lupa Roma di Frascati, sempre in Lega Pro. Sognando il giallorosso, unico vero rammarico.