E' stato come un esame di maturità: l'ansia, l'attesa, la leggerezza di un peso svanito nel nulla. Con la zampata di Cambiaso, al minuto 96, la Juve ha battuto per 1-0 il Verona ma ha soprattutto riconquistato il primo posto in classifica, anche se solo per una notte. Non accadeva da tre anni e circa tre mesi
E' ricapitato con Allegri, nella stagione in cui non c'è stato calciomercato e la squadra ha perso calciatori d'esperienza come Di Maria, Paredes, Bonucci. Ecco: è un miracolo? No, non di certo. E' però un segnale.
E' comunque una storia da registrare. Un gruppo di ragazzi, farcito da una serie di ottimi giocatori, che prova a prendersi uno spazio oltre l'obiettivo designato. Che resta il quarto posto.
Vedere la Juve al primo posto però è certamente nell'ordine delle cose, non è una forzatura, né una stonatura.
Per capirci: è una tradizione pronta a rinnovarsi. Ecco perché la più grande vittoria, oltre il boato dello Stadium, diventa proprio questa: dopo due anni passati a essere spaventati, adesso è Allegri a spaventare.
Con le proprie armi: una difesa imbattuta da cinque partite, cortissimi musi, classifica totalmente diversa nove punti dopo.
Non di solo difesa comunque si può vivere. E la Juventus ha dimostrato di poter fare esattamente questa differenza qui: cambiando l'ordine dei partecipanti, il risultato resta una formazione equilibrata, con le proprie chance davanti. Con il Verona l'1-0 è sembrato solo il frutto di una notte stregata, un premio all'abnegazione ma non di certo un passo indietro dal punto di vista di gioco e prestazione.
Trenta tiri in porta, due gol annullati a Kean, altri due errori del centravanti italiano e un paio di chance sciupate (a testa) da Vlahovic e Chiesa. A proposito di questi ultimi: il primo posto è stato conquistato senza il loro supporto dopo un protagonismo assoluto nelle battute iniziali della stagione. La Juve, come l'esperienza insegna, ha trovato le virtù in un contesto di necessità. Era capitato nella passata stagione con la crescita di Fagioli e Miretti dopo i problemi di Pogba.
E' capitato di nuovo con Kean, che ha approfittato degli stop ripetuti di Vlahovic. E lo stesso discorso si può estendere a questa nuova vita di McKennie, al ritrovato Rugani, a Gatti sempre più costante. Le armi sono diventate innumerevoli.
In attesa di una più fedele continuità offensiva, i numeri che balzano all'occhio restano quelli difensivi. A Bergamo si è vista l'importanza di non subire. A San Siro la bravura della retroguardia e del portiere. Eppure la Juve si trova in emergenza vera in termini di interpreti: non c'è Alex Sandro, che pure sulla carta sarebbe un titolare. Non c'è stato neanche Danilo, il capitano, pronto al rientro nella delicata sfida di Firenze. Il castello tuttavia non è crollato, e merito è stato tanto di Rugani e Gatti, della crescita avuta nelle ultime partite. E di una giovanissima certezza: Dean Huijsen, all'esordio a Milano tra i grandi.
Oltre gli uomini, Allegri resta la chiave di volta. E la sua è stata una scelta rivelatasi saggia: ha chiuso a chiave la porta di Szczesny (autore di prestazioni super) dopo le quattro frecce scagliate dal Sassuolo. Hanno fatto male. E hanno mutato i discorsi sulla Juve dopo una sola notte. Del resto, dei 6 gol presi in totale, 4 sono arrivati a Reggio Emilia. Vuol dire che in 9 partite, la Juve ha preso solo 2 reti.
Come ama ripetere il mister, una vittoria ha senso se accompagnata da un discorso di continuità. Sono diventati 5 i risultati utili dei bianconeri, e dopo le trasferte di Bergamo e Milano, con Atalanta e Milan, c'è Firenze nel mirino prima di avere un raddoppio allo Stadium tra Cagliari e Inter. Inevitabile: novembre diventa il mese della verità. Sia per la tenuta esterna (un solo successo in due mesi), sia per quello che sembra il vero scontro diretto per le ambizioni scudetto.
Nove punti in tre partite sarebbe qualcosa che andrebbe ben oltre una candidatura al tricolore. Farne 7 sarebbe mantenere una velocità di crociera molto elevata. Cadere potrebbe distruggere qualche certezza e l'adrenalina dell'ultimo periodo. Eh: il calcio è proprio un gioco atroce.