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Calcio

La clamorosa illusione di Freddy Adu

Certo, queste considerazioni non venivano fatte a caso, infatti, fu il più giovane calciatore di sempre ad esordire nella MLS, il campionato di calcio statunitense, e già in giovanissima età Adu mostrava le sue eccellenti qualità tecniche.

L'inizio della sua carriera è stato molto promettente, ma con il passare degli anni, e il calo delle prestazioni, Freddy Adu inizia a essere criticato. Dopo l'esperienza al Benfica nel 2007, Adu indosserà altre casacche "europee", come quella del Monaco, del Belenenses e dell'Aris Salonicco, prima di tornare negli USA, ai Philadelphia Union.

Nonostante le tante occasioni e i tanti cambi di squadra, Adu non riesce a fornire prestazioni all'altezza e, inevitabilmente, più di una volta viene messo da parte. Tant'è che l'ultima esperienza su un campo di calcio risale al lontano 2018 con i Las Vegas Lights. 14 presenze e un solo gol, nessuno mai avrebbe immaginato che a 29 anni Freddy potesse appendere gli scarpini al chiodo.

Gli inizi

Nato in Ghana il 2 giugno del 1989, nel 1997 si trasferisce negli Stati Uniti dove inizia la sua avventura.

Ma facciamo un passo indietro: ogni anno gli Stati Uniti concedono circa 50mila visti di residenza permanente e proprio nel '97, grazie ad aver vinto la lotteria per la Green Card, la famiglia Adu è potuta emigrare dal Ghana nella città di Rockville, nel Maryland.

Qui, il giovanissimo Freddy si fece conoscere nella squadra locale dei Potomac Cougars, lasciando tutti sbalorditi per le sue capacità.

Il precoce successo

Quello fu l'inizio di tutto, con un vortice di eventi che ben presto travolse il ragazzo e la sua famiglia. All'età di 13 anni, infatti, Adu firmò un contratto di sponsorizzazione da un milione di dollari con la Nike e otto mesi dopo, quando firmò con il DC United, divenne il giocatore più pagato della Major League Soccer. Addirittura venne presentato dal commissioner della MLS Don Garber come "il più grande acquisto nella storia della lega".

Convocato due anni dopo nella nazionale statunitense, l'adolescente Adu era sulla bocca di tutti gli operatori di mercato, arrivando a fare anche un provino col Manchester United di Ferguson.

Per capire il livello di pressioni su di lui, basti pensare che Phil Knight, il presidente della Nike, affermò che Freddy aveva un potenziale commerciale maggiore di Michael Jordan, LeBron James e Tiger Woods.

Stiamo parlando di un ragazzo di 14 anni: era qualcosa di insostenibile, considerando anche quanto l'intera sua famiglia non fosse preparata a tutto ciò.

La disfatta in Europa e il rapido declino

Lo sbarco in Europa a 18 anni fu la naturale conseguenza del suo precoce successo. Il ragazzo firmò con il Benfica, ma l'anno dopo cominciò un giro di prestiti che ne decretarono la fase discendente della carriera a neanche 20 anni. Monaco, Belenenses, Aris Salonicco, Caykur Rizespor furono tutte esperienze in cui giocò poco, segnando ancora meno.

Quando il contratto col Benfica si concluse, aveva soltanto 22 anni e ormai soltanto un grande passato davanti a sé. Da lì in poi Adu riuscì a spuntare qualche ingaggio in realtà di livello sempre più basso, come il Bahia in Brasile, lo Jagodina in Serbia e il KuPS in Finlandia, prima di tornare negli Stati Uniti e restare senza lavoro negli ultimi anni, complice la pandemia, essendo costretto a proporsi su Instagram per guadagnarsi da vivere come allenatore di sessioni individuali di fondamentali calcistici.

L'altra faccia della medaglia

Come spesso si narra, il successo nasconde in sé un pericoloso agguato, e se non si hanno persone giuste al proprio fianco si rischia di cadere e farsi male, tanto male, proprio come Freddy Adu.

Tutto il clamore pubblicitario e gli obblighi contrattuali hanno finito per impattare fortemente sul suo sviluppo come giocatore, in un'età in cui sarebbe stato fondamentale completarlo. In ogni città dove andava c'erano ad attenderlo teleconferenze, interviste e lunghi incontri con i tifosi.

Per Adu è stato estenuante, d'altronde lo afferma lui stesso:

"Essere il giocatore più pagato del campionato a 14 anni e avere quel contratto con la Nike comporta molte responsabilità, perché dovevo fare tutti quegli incontri e saluti. Allora non ci pensavo ma ora, quando ci penso, riuscite a immaginare un quattordicenne che arriva e deve fare tutto questo? È stata dura. Non è servito, mettiamola così. Era solo un sacco di distrazione. E poi ero così giovane che non avevo molto in comune con la maggior parte dei ragazzi della squadra, perché molti di loro avevano figli, mogli e cose del genere".

Ma il punto è proprio questo, i media di allora non si sono resi conto che stavano innalzando un giocatore che in realtà giocatore ancora non era, soprattutto per la scarsissima esperienza accumulata a soli 14 anni.

Rimarrà, a suo modo, nella storia

In un mondo come quello americano in cui il calcio è sempre stato visto come il fratello sfigato dei vari baseball, football e basket, Adu quasi 20 anni fa ha tracciato potentemente una strada, svolgendo un ruolo fondamentale nel portare attenzione sulla Major League Soccer.

Alla fine, a suo modo, quel ragazzo paragonato a Pelè è entrato nella storia della MLS, e questo nessuno potrà mai cancellarlo.