Calcio

I tedeschi che vincono in Italia: Germania-Belgio 1980

Italia. 1980. Quanti di voi ricordano che proprio qui c'è stata una delle più belle edizioni degli Europei? No, non tanti. O almeno non le ultime generazioni. Eppure fu un torneo storico, che segnò una svolta.

Il motivo? Il numero di squadre partecipanti passò da quattro a un totale di otto, aumentando l'eccitazione, la competitività, l'attesa di un torneo che metteva le migliori squadre del continente una contro l'altra. Stavolta sul serio.

Un Europeo diverso dagli altri

Spoileriamo subito, ma per un motivo preciso: l'Italia, che aveva vinto la precedente edizione della coppa in casa nel 1968, in quest'occasione non riuscì a ripetere l'impresa. Al contrario, un'incontrastata Germania Ovest finì per vincere il torneo e a dimostrare soprattutto la forza del calcio bavarese, che all'epoca dominava il palcoscenico europeo.

Per gli azzurri non fu facile da digerire - anche da qui nasce la grande impresa in Spagna nel 1982 -, tutto era infatti pronto per celebrare un trionfo nella culla della Bella Vita: erano anni difficili, magici e drammatici allo stesso tempo. A Torino, Milano, Napoli e Roma l'entusiasmo fu superiore alle aspettative, e pure alle qualità della squadra azzurra. Per la prima volta nella storia i padroni di casa del torneo si qualificarono automaticamente per il torneo, forse contribuì anche a non mettere nelle gambe partite importanti, quella tensione fondamentale che ti aiuta a maturare.

Le avversarie? In fila: Repubblica Federale tedesca, Cecoslovacchia, Olanda, Grecia, Belgio, Inghilterra e Spagna. Tutte in grado di alzare al cielo la Coppa Henri Delaunay, quella dei campioni d'Europa.

Le squadre, divise in due gruppi da quattro, accendono la sfida: in palio non c'era un turno successivo, ma un posto in finale. Vincendo il primo posto nel gruppo, si accedeva automaticamente all'epilogo, a cui accedeva la prima squadra di ogni raggruppamento. Le seconde classificate, invece, si affrontavano per il terzo e quarto posto del torneo.

Il percorso della Germania Ovest

La Germania Ovest inizia subito forte il torneo: 1-0 sulla Cecoslovacchia, ed è una partita difficile per i tedeschi.

Nella seconda giornata, 3-2 sull'Olanda ed è una partita frenetica. Tutte le emozioni vissute si spengono poi contro la Grecia: pareggio senza reti, ma è comunque primo posto.

Il Belgio e la beffa per l'Italia

E il Belgio? No, cambiate domanda: e l'Italia? La delusione della vendetta mancata è ancora viva: per gli azzurri è decisivo lo 0-0 contro il Belgio, che ci ha escluso dalla finale. Una roba che sembrò il contrappasso perfetto: i belgi, "parcheggiando l'autobus" davanti a Pfaff, raramente si erano spinti in avanti. Nonostante l'iniziativa italiana, i ragazzi di Bearzot non riescono a superare la difesa avversaria. Che sprigiona sì talento, ma nel mettere gli avversari in fuorigioco.

La finale

Dunque, Germania-Belgio. E iniziamo dalla prima: Jupp Derwall aveva in squadra giocatori di livello importante, come il portiere Harald Schumacher, Uli Stielike, Bernd Schuster. Karl Heinz Rummenigge, naturalmente. In mezzo due conoscenze più "semplici", come Klaus Allofs e Lothar Matthaeus. Non la squadra dei sogni, però un gruppo quadrato, in grado soprattutto di unirsi e di compensare le lacune tecniche con un gioco arcigno. Molto italiano, a tratti.

Il Belgio era allenato da Guy This, che poteva schierare invece giocatori come Jean Marie Pfaff, Eric Gerets, Van der Elst e Ceulemans. Non solo avevano inaspettatamente superato l'Italia, ma anche l'Inghilterra e la Spagna nel girone. Che finale fu? Fu una finale in cui Hrubesch si rivelò la grande differenza tra una squadra e l'altra, segnando una doppietta entrata negli annali.

Finì 2-1 per i tedeschi. E no, niente lieto fine per la sua favola. Una favola in cui il Belgio credette fino all'ultimo atto, grazie alla perfetta alchimia tra un gruppo giovane e un "capo storico" che incuteva rispetto, devozione. Wilfried Van Moer, il regista, era stato recuperato in extremis da Thys dopo un'assenza dalla Nazionale durata quattro anni. Non bastò.

E non bastò perché dall'altra parte era salito in cattedra un altro "anziano" di livello assoluto: il vecchio Horst Hrubesch, che legava il gioco e infilava il gol del vantaggio iniziale, dopo appena dieci minuti. A un minuto dalla fine, dopo che il Belgio aveva raddrizzato il risultato su rigore con Vandereycken, fu ancora lui a riportare avanti i tedeschi. E la notte era splendida, sotto il cielo di Roma, lì dove la Germania vinse poi anche il Mondiale del '90.