Calcio

Inghilterra-Italia, la differenza è nella qualità

Forse le dichiarazioni di Luciano Spalletti dopo Malta, quando ricordava ai suoi ragazzi che contro l'Inghilterra si sarebbe vista la voglia della squadra di chiudere il discorso qualificazione, erano più di sprono che di profezia.

Spalletti non è l'ultimo arrivato, e conosce il valore degli avversari. Contro questa Inghilterra anche il miglior undici possibile - pesanti infatti le assenze di Zaccagni e Chiesa - avrebbe faticato.

E quindi prendiamoci anche il 'buono' visto a Wembley ieri sera: il fraseggio, la grande personalità del primo tempo coincisa col gol al 15' di Gianluca Scamacca - a un passo da un errore grossolano, invero - e la reazione dopo il gol dell'1-1 su rigore di Harry Kane al minuto 32.

Fermiamoci un momento qui, e riflettiamo insieme quasi a mo' di preghiera sulla forza di questo calciatore. Su Bellingham torneremo tra poco, ma prima due parole sull'attaccante attualmente in forza al Bayern Monaco, nonché capitano dei Tre Leoni.

Ieri Kane ha fatto quello che normalmente, in una squadra di calcio, fanno - perlomeno - tre giocatori: ha impostato con piedi e visione da centrocampista, abbassandosi spesso al di qua della trequarti e liberando spazio per gli inserimenti di Foden, Rashford e Bellingham appunto; ha corso, lottando come e dove poteva su qualsiasi pallone (così nasce il 3-1, di rabbia e qualità, al 32° del secondo tempo); ha segnato, due gol, uno su rigore l'altro su ripartenza, e ha sfondato il muro dei 60 gol in nazionale (ora sono 61). Ha reso impietoso, soprattutto, il confronto a) con la nostra, di punta, e b) quello con i nostri difensori, quasi inermi di fronte a tanta possanza.

Ecco, Kane non è semplicemente forte, è regale. Il contrario del nostro principino Scalvini, dai boccoli belli e ribelli, specchio estetico di un giocatore ancora da fare. Forte, perché affrontare gente di quel calibro a Wembley, da classe 2003 qual è, non è scontato.

Ma ancora inesperto, come il gol del 3-1 ha plasticamente dimostrato. Hanno deluso semmai i più 'esperti' Di Lorenzo, che aveva iniziato bene con l'assist per Scamacca, e Acerbi, ma anche Barella - soporifero. Bene i nuovi insomma, augurandosi di vedere più qualità in mezzo al campo nella mediana - va bene la rottura, ma Cristante non può essere il playmaker di una squadra allenata da Luciano Spalletti (Rovella dove è?).

Da un punto di vista puramente statistico, il match è stato per larga parte equilibrato: 50.7% il possesso degli inglesi, 6 tiri a 4 - a noi è mancata precisione nell'ultimo passaggio, o tiro appunto: di nuovo, una questione di qualità individuale.

La differenza l'ha fatta dunque la bravura dei singoli e il livello atletico di alcuni interpreti. Non è un caso che Udogie, che gioca al Tottenham, sia stato tra i nostri migliori - e Foden, pur nella totalità di una buona partita, ha faticato parecchio contro di lui, perdendo quattro duelli su cinque tentati. Spalletti ha detto che «dal punto di vista atletico il nostro calcio è un po' indietro, questo deve stimolarci». C'è questo, nella sconfitta di ieri, ma è troppo poco. C'è dell'altro, lo abbiamo già detto.

C'è il discorso sulla qualità, che fatica ad uscire - in misura consistente - dai nostri settori giovanili. Ci sono i giovani, forti, come Zaniolo, Fagioli e Tonali, che convivono con demoni di diversa natura. C'è, per dirla altrimenti, uno spaesamento generale nel nostro calcio. Dovuto sì, d'accordo, a tutta una serie di problemi strutturali ma, crediamo, in prima istanza dalla mancanza di vero talento: di quel talento che fa alzare lo sguardo al di là della tempesta, per vedere solo dove i grandi vedono, e i forti giungono.

Buffon con la mentalità vincente, Spalletti col lavoro dell'artigiano esperto ma ancora carico di motivazioni, dovranno fare il resto. In attesa di ritrovare la qualità, dobbiamo limitarci a gestire quella degli altri. Ieri non ci è riuscito, ma contro Macedonia e Ucraina c'è l'obbligo di farlo