Calcio

L'Inter Scudetto dei record

Sul finire degli anni ottanta, in Italia si giocava quello che era probabilmente il campionato più bello del mondo, ricco di talento e di campioni, oltre che di innovazione tecnica e tattica.

Un periodo che ricordiamo per il Milan olandese di Arrigo Sacchi, per le magie del Napoli di Maradona e per una squadra che dominò un campionato in maniera perentoria, tanto da essere ricordata come l'Inter dei record.

Quei meravigliosi anni ottanta

La memoria di quegli anni ci riporta a un mondo e a un calcio d'altri tempi, che soprattutto in Serie A viveva il suo massimo splendore.

Fin dalla vittoria nei mondiali del 1982, per il campionato italiano era stato un periodo fantastico. Dall'estero erano arrivati i migliori giocatori del mondo, da Platini a Maradona, passando per Van Basten, Falcao e Zico, solo per citarne alcuni.

Ma era anche un momento di grande innovazione tecnica, con il Milan di Arrigo Sacchi che stava per stravolgere il calcio, così come di grandi talenti italiani pronti a prendersi la scena: Baggio alla Fiorentina, Vialli e Mancini alla Sampdoria.

Non è un caso se la lotta per il titolo di quegli anni, fu sempre così accesa, tanto da alternare lo scudetto sulle maglie di Juventus, Napoli (al suo primo titolo assoluto), Milan e poi nella stagione 1988/89, su quella dell'Inter.

Lo scudetto dei record: un inizio difficile

Il campionato 1988/89 prese così il via con diverse squadre tra le favorite: il Napoli che aveva appena incredibilmente perso quello dell'anno prima a favore del Milan in rimonta, la stessa squadra di Sacchi (che avrebbe proprio in questa stagione iniziato la striscia di vittorie in Coppa dei Campioni), oltre a una Juventus sempre competitiva.

Il mercato estivo aveva cambiato in qualche modo i valori in campo, aprendo per la prima volta alla possibilità del terzo "slot" straniero. Un punto importante per molte big che si erano subito messe al lavoro per migliorare il proprio organico: Rijkaard era arrivato al Milan per completare il terzetto olandese con Gullit e Van Basten, Alemao era andato a far compagnia a Maradona, mentre l'Inter puntò tutto sul duo tedesco Matthaus e Brehme (in arrivo dal Bayern Monaco) con Diaz come terzo straniero.

Ciò nonostante, l'inizio dei nero azzurri affidati all'esperienza di Giovanni Trapattoni, non fu per niente positivo. Nonostante una Serie A tornata proprio in quella stagione a 18 squadre, per vedere lo start della stagione fu necessario aspettare fino a inizio Ottobre (complici le Olimpiadi di Seul), affidando l'apertura delle ostilità in campo alla Coppa Italia.

Un bene per l'Inter, che in quel fine agosto era ancora ben lontana dall'aver trovato la giusta alchimia, tanto che nel girone all'italiana di Coppa Italia, chiuse solo seconda dietro all'Ascoli e dopo aver subito addirittura una sconfitta dal Brescia. Peggio andò poi nel secondo turno, dove non andò oltre il pareggio (1-1) contro Udinese e Lazio salvo poi perdere l'ultima partita contro la Fiorentina finendo eliminata.

Con un campionato intero ancora da giocare, i primi lamenti dei tifosi e della società cominciavano già a farsi sentire.

Una cavalcata da record

Queste partite per niente soddisfacenti e le critiche che ne seguirono, servirono evidentemente a Trapattoni per compattare la squadra che si presentò ai nastri di partenza del campionato, con subito un piglio totalmente diverso.

Otto vittorie nelle prime nove giornate, tra cui il derby, per poi pareggiare di nuovo contro la Juventus e restare imbattuta fino alla 17° giornata, quando ancora una volta la Fiorentina frenò la corsa dei nero azzurri.

Che ripresero però a correre senza rivali, passando l'intera stagione in vetta alla classifica chiudendo di fatto i giochi alla trentesima giornata. Davanti al proprio pubblico in uno stadio completamente esaurito, c'è il Napoli di Maradona (unica squadra con ancora la matematica possibilità di raggiungere l'Inter, con sette punti di distacco in quel momento).

La festa rischia però di interrompersi, quando è proprio il Napoli a passare in vantaggio grazie a un gol di Careca. La ripresa però è un arrembaggio dei nero azzurri, che trovano subito il gol del pareggio con un tiro di Nicola Berti, e poi a pochi minuti dal termine, è una punizione dal limite calciata da Matthaus a regalare vittoria e scudetto.

I numeri della stagione da record

Con lo scudetto ormai cucito sul petto, la squadra di Trapattoni subisce poi la seconda sconfitta stagionale (contro il Torino questa volta), ma riesce comunque a rendere quel campionato un'impresa da record.

In una Serie A a 18 squadre, infatti, nessuno era mai riuscito a raccogliere così tanti punti: 58 punti complessivi, frutto di 26 vittorie su 34 partite (record anche in questo caso).

Eguagliato anche il record per il maggior numero di vittorie in trasferta (11 su 17), mentre sfugge per un solo punto il record per il maggior distacco sulla seconda, arrivato a 11 in questa stagione contro i 12 punti di vantaggio della Fiorentina di Bernardini nel 1955/56 (anche se il livello del campionato fu certamente diverso).

Un campionato dominato sotto ogni aspetto, pur non da record, come quello del miglior attacco a 67 reti e della miglior difesa (solo 19 gol subiti).

I protagonisti dell'impresa

Se possiamo certamente dare i suoi meriti a Giovanni Trapattoni per aver imbastito tutto alla perfezione, non si può mancare di rendere onore a una rosa che in quella stagione fece tutto in maniera sublime.

A cominciare dal reparto difensivo, vero e proprio punto di forza della squadra, guidato tra i pali da un Zenga probabilmente al suo apice, ma con davanti una linea che a rileggerla ora mette i brividi: due centrali che hanno fatto la storia dei nero azzurri e della nazionale, come Bergomi e Ferri, con Giuseppe Baresi nel ruolo di libero e una corsia di sinistra dominata da Andy Brehme.

La svolta, però, è stata probabilmente a centrocampo, dove oltre a un Berti stellare si era unito Lothar Matthaus, protagonista totale della corsa scudetto di stagione (coronata da nove reti peraltro). Tanta qualità, ma anche tanta sostanza, garantita dai vari Mandorlini, Bianchi e Matteoli.

E poi un reparto offensivo che ha saputo concretizzare al meglio il gioco espresso: Aldo Serena, che chiuderà la stagione da capocannoniere con 22 reti all'attivo; e Ramon Diaz, argentino tuttofare che sarà spesso determinante non solo con le sue 12 reti, ma anche come raccordo per ogni fase di gioco.

Insomma, una rosa che è riuscita ad esprimersi al meglio, riportando lo scudetto in casa nero azzurra (il 13° della sua storia), dopo un'attesa durata nove anni (mentre bisognerà poi aspettarne addirittura sedici per il 14°).