Calcio

Italia - Argentina, semifinale Mondiale '90: la notte degli errori

Fu una delle pochissime volte in cui l'Italia partiva tra le favorite. Fu la rassegna disputata sui campi nostrani, 56 anni dopo quello vinto sotto il regime fascista. Fu quello delle nostre notti magiche di Bennato e Gianna Nannini.

Il Mondiale di Italia '90, purtroppo per noi, fu anche quello della semifinale degli errori contro l'Argentina. Il ct Vicini, Zenga, ma anche Donadoni e Serena. La "colpa" per l'inaspettata eliminazione degli azzurri venne attribuita e distribuita tra diversi attori andati in scena quella notte del 3 luglio.

Non solo, quella partita tra Italia e Argentina vide anche Maradona giocare da avversario al San Paolo. Nonostante le dichiarazioni del "Pibe de Oro" alla vigilia della semifinale, che richiamava il popolo napoletano a tifare per l'Albiceleste, durante quei 120, lunghissimi minuti, si ergeva un unico, ripetuto, boato: "Schillaci, Schillaci".

L'Italia di Vicini: Schillaci leader e il ruolo di favorita

In quanto paese ospitante l'Italia fu automaticamente qualificata al Mondiale del 1990. Non dovendo passare dal percorso di qualificazione, gli azzurri sperimentarono nelle varie amichevoli e si presentarono con un gruppo giovane alla rassegna iridata.

Inseriti nel Gruppo A, gli azzurri ottennero tre vittorie su altrettanti incontri disputati contro Cecoslovacchia, Austria e Stati Uniti. L'Italia superò agevolmente il girone al primo posto e agli ottavi di finale incrociò l'Uruguay. Dopo un primo tempo tirato e teso, gli azzurri seppero prevalere nella ripresa.

Ancora una volta fu decisivo Totò Schillaci, poi Serena realizzò il 2-0 che regalò agli azzurri il pass per i quarti di finale. Al turno successivo l'Italia incrociò il proprio destino con quello dell'Eire di Jackie Charlton.

Il gol del vantaggio lo segnò, ovviamente, Schillaci, al 37'. Il risultato rimase immutato fino al triplice fischio dell'arbitro. Zenga mantenne ancora una volta la porta inviolata e l'Italia, sempre più favorita, avanzava nel torneo iridato giungendo tra le migliori quattro.

Maradona torna al San Paolo, da avversario

Il percorso dell'Argentina al Mondiale del 1990 fu decisamente più complicato di quello dell'Italia. Inserita nel gruppo con Camerun, Romania e Unione Sovietica, riuscì a qualificarsi per la fase ad eliminazione solamente come migliore terza.

Come spesso capita alle squadre che arrivano in fondo, quell'Argentina si rivelò un diesel. La base su cui poggiava l'Albiceleste era semplice: cercare di non far giocare gli avversari. Attraverso questa filosofia, il classico sudamericano agli ottavi contro il Brasile non spaventa.

L'Argentina seppe resistere all'assedio verdeoro, poi un lampo di Maradona permise a Caniggia di dribblare Taffarel e di segnare il gol definitivo 0-1. Ai quarti, l'Albiceleste dovette vedersela con la temibile Jugoslavia. Venne fuori un match dove la paura la fece da padrona. Entrambe volevano prima non prenderle che darle.

Maradona e compagni, nonostante il vantaggio di un uomo per l'espulsione di Sabanadzovic dal 30', riuscirono a spuntarla solamente ai calci di rigore. El "Pibe de Oro" sbagliò dal dischetto, ma Goycochea si rivelò decisivo parando la qualunque e mandando l'Argentina in semifinale.

Il palcoscenico della semifinale tra Italia e Argentina fu Napoli. Maradona tornò nella città che lo elesse a simbolo indiscusso, ma stavolta da avversario.

Suicidio Italia, in finale va l'Argentina: tra errori e colpe

L'Italia si portò avanti col solito Schillaci, bravissimo al 17' a sfruttare la respinta non perfetta di Goycochea sul tiro di Vialli. Al minuto 68, però, cambiò tutto. Caniggia penetrò un incerto Zenga, che vide cadere la sua imbattibilità dopo 518', pareggiando la contesa.

Dopo 120', Italia e Argentina furono ancora in parità. Il risultato non si schiodò dal punteggio di 1-1 e, quindi, per decretare chi andò in finale, servirono i calci di rigore. Baresi portò avanti gli azzurri, ma Serrizuela pareggiò. Lo stesso fece Burruchaga dopo il penalty realizzato da Baggio.

Sul dischetto si presentò De Agostini, che fece 3-2, ma Olarticoechea rimise subito tutto in parità. In quel momento ci fu l'ultima, decisiva, sliding door. Proprio sul più bello, Donadoni e Serena sbagliarono in serie, uno dopo l'altro, condannando l'Italia all'eliminazione.

Tra errori e colpe, la per nulla magica notte del 3 luglio 1990 lasciò con l'amaro in bocca tutto il popolo italiano. La consapevolezza di aver gettato al vento una grande occasione fu palpabile. Dal giorno dopo si aprì il processo agli azzurri, con almeno quattro imputati principali.

In primis il ct, Azeglio Vicini, reo di aver messo in campo un Vialli non in condizione. Lo stesso Gianluca Nazionale pagò colpe del tutto non sue, per una prestazione sotto le attese. Anche Walter Zenga paga dazio, colpevole secondo la critica di un'incertezza fatale sul gol del pareggio dell'Argentina.

Il rammarico fu l'unica che restò di quella notte del luglio 1990. Come si dice, però, non tutto il male vien per nuocere. Seppur quel decennio non si rivelò proficuo per la Nazionale, la Serie A stava preparandosi a vivere il decennio dorato. Quello delle sette sorelle. Quello nato, volenti o nolenti, da quell'Italia - Argentina.