Quest'Europeo, semplicemente, ci ricorda perché il calcio appassiona mezzo mondo. Dai più piccoli ai più anziani. Dai poveri ai ricchi. Da coloro che hanno giocato a un alto livello a coloro che non hanno mai disputato una partita di calcio in vita loro. Non è perché ci sia più arte nel calcio che in altri sport. Né perché si presta a un'analisi cerebrale più rigorosa.
Il calcio genera più passioni rispetto al basket, al tennis o al golf perché è più imprevedibile. Nessun altro sport genera più drammaticità. Offre un fedele riflesso della vita. Crudeltà, gloria e ingiustizia; provoca felicità e tristezza nella stessa misura, e quando uno meno se lo aspetta.
L'Italia, in finale contro la Francia, aveva in mano il proprio destino e l'ha visto scivolare via, sul più bello. La Francia in quella partita aveva la parte del talentuoso, ma sfortunato. Come nei film, e a volte nella vita: sull'orlo della fine, al minuto 93, vince la lotteria e tutto il mondo se ne innamora.
Quell'Europeo, tenutosi in Belgio e in Olanda, tra il 10 giugno e il 2 luglio del 2000, risultò unico e indimenticabile. Soprattutto, fu ricco di gol (85), con una media di 2,74 a partita - che rimane la più alta degli ultimi 40 anni - e di sorprese fin dalla fase a gironi.
Inghilterra e Germania, che partecipò all'evento con l'intenzione di difendere il titolo ottenuto quattro anni prima a Wembley, furono eliminate subito dopo essersi classificate al terzo e quarto posto del girone A, proprio dietro la Romania di Gica Hagi e il Portogallo.
Ma facciamo un passo indietro, prima dell'epilogo e cioè alle semifinali. Lì, la Francia si scontra con il Portogallo. Nuno Gomes porta avanti i lusitani al minuto 19, poi un meraviglioso Thierry Henry, di appena 22 anni, manda la partita ai supplementari al minuto 51.
Nei tempi supplementari emerge quindi la figura di Zinedine Zidane, all'epoca indossa ancora con la maglia della Juventus. Zizou sabota gli schemi tattici e crea un nuovo ordine, muovendo la palla in modo che sveli spazi liberi dove non ce ne sono mai stati. E' un fenomeno. Ed è decisivo. Perché al minuto 117, dagli undici metri, guida la selezione francese in finale con un golden goal fondamentale.
Piccolo spoiler: alla fine sarà scelto come miglior giocatore del torneo, e membro della squadra ideale insieme a Barthez, Francesco Toldo, Laurent Blanc, Frank de Boer, Fabio Cannavaro, Marcel Desailly, Alessandro Nesta, Edgar Davids, Pep Guardiola, Luís Figo, Patrick Vieira, Nuno Gomes, Raúl Henry e Kluivert. Giusto per capirci sul livello in campo.
Oh, nella seconda semifinale, un'Italia definita a tratti estremamente catenacciara, si sbarazza di una Olanda che tra azioni da gol, rigori falliti, respinte pericolose e tiri sul palo meritava probabilmente qualcosa in più.
Edwin van der Sar, Jaap Stam, Frank de Boer, Giovanni van Bronckhorst, Phillip Cocu, Edgar Davids, Dennis Bergkamp, Boudewijn Zenden, Overmars e Kluivert si scontrano una volta dopo l'altra contro Toldo. De Boer e Kluivert sprecheranno due rigori durante i 90 minuti, ai quali bisognerà aggiungere quelli falliti da De Boer stesso, Stam e Paul Bosvelt nella serie di penalties (3-1) che dà ai giocatori azzurri un biglietto per la finale.
Di fronte alle oltre 48.000 persone che affollavano De Kuip, Dino Zoff, unico giocatore della storia azzurra a laurearsi campione del mondo e ancor prima a diventare campione d'Europa nel 1968, schiera un undici che ancora oggi in tanti recitano a memoria: Toldo in porta, Gianluca Pessotto, Cannavaro, Nesta, Mark Iuliano e Paolo Maldini in difesa, Demetrio Albertini e Luigi di Biagio a centrocampo, Stefano Fiore (poi sostituito da Alessandro Del Piero) come trequartista e Francesco Totti giusto dietro a Marco Delvecchio. Delvecchio abbandonato a costruire solitari e soliloqui, raccontavano le cronache d'inizio secolo.
Lemerre invece non cambia: Barthez; Lilian Thuram, Desailly, Blanc, Bixente Lizarazu; Viera, Didier Deschamps; Djorkaeff (poi Trézéguet), Zidane, Henry e Christope Dugarry, sostituito a metà della ripresa da Wiltord.
Il duello era bellissimo: stili antitetici, uno contro l'altro. Il calcio creativo dei francesi e quello distruttivo degli italiani. "Il calcio è lotta e sofferenza prima che divertimento. Prima bisogna vincere, e per vincere bisogna soffrire", sottolineava proprio Fabio Cannavaro alla vigilia. "È necessario giocare con un regista per far sì che la gente apprezzi di più questo sport", aveva risposto Zidane, che si ritrovò intrappolato nella tela difensiva disegnata da Zoff.
L'incontro si piega in favore degli azzurri proprio nel momento in cui osano guardare avanti, con l'ingresso di Del Piero al posto di Fiore, tenendo il campione della Juventus in campo con Francesco Totti. Nello stesso motivo.
Ora: saprete che questo è sempre stato un tema, e Zoff fu forse il primo a dover combattere contro l'attacco alla staffetta. "Perché limitare tanto una squadra che nel secondo tempo ha messo seri problemi alla Francia?", si chiederanno i giornali l'indomani. Più semplicemente: perché Totti e Del Piero non possono giocare insieme, se la realtà dice il contrario?
Contrariamente a coloro che hanno considerato un'eresia un undici con Totti e Del Piero in squadra, i fatti hanno dimostrato il contrario in finale. Non solo l'Italia aveva abbandonato il deserto di idee, ma aveva introdotto un elemento in grado di modificare radicalmente l'incontro.
Non a caso: minuto 55, gol di Delvecchio. L'azione inizia con un delicato tocco di Totti a Pessotto, che ha corsa sulla destra e mette un cross velenosissimo. L'attaccante della Roma anticipa i difensori e fa gol. 1-0.
Sembra tutto andare nella direzione desiderata. La panchina azzurra, nel finale, è tutta in piedi. C'è chi si abbraccia. Nell'ultimo minuto di gioco, Barthez calcia lungo, e dopo un errato disimpegno di Cannavaro, Wiltord riesce a controllare il pallone in area con un metro di spazio, sufficiente per calciare uno spettacolare tiro in porta. E' 1-1.
Al minuto 103, con l'Italia ferita, giù dal collo la medaglia d'oro che già sentiva sua, il giovane David Trézéguet, che due settimane prima aveva salutato il Monaco per la Juve, segna il gol d'oro che decide la finale (2-1). Pires, agendo praticamente da terzino sinistro, superato Cannavaro, scappa sull'out mancino e mette il cross definitivo. Trézéguet lo aggancia al volo e lo infila in porta. Due anni dopo aver sollevato la Coppa del Mondo, quella rete significava la conferma della Francia come dominatrice del calcio.
"È ingiusto. È ingiusto. Proprio il giorno in cui abbiamo giocato meglio a calcio, perdiamo. Oggi abbiamo visto un'Italia strutturata e che ha giocato bene. Abbiamo visto la migliore Italia del torneo. Ma a cosa è servito? A cosa è servito?", le domande irrisolte di Francesco Totti, mentre i francesi riempivano già di baci, abbracci e sorrisi gli Champs-Élysées per gridare al cielo, ai quattro venti, che la loro squadra aveva appena conquistato il titolo di campione d'Europa.