Juve inter 1998

Calcio

Juve-Inter 1-0 (1998): il giorno dei veleni e una pacificazione che non vuole nessuno

Sono passati più di 25 anni, ma se fra un interista e uno juventino si riaprisse l'argomento oggi, ci sarebbero ancora discussioni infinite.

Perché Juventus-Inter del 26 aprile 1998, in fondo, era una desolante fotografia dell'Italia, che era e che è. E che forse, purtroppo, sarà.

Juve-Inter e Iuliano-Ronaldo: come lo ricordano gli juventini

Per buona parte dei sostenitori della Vecchia Signora attivi già al tempo, quella partita rimane come una sorta di paradossale ingiustizia.

Perché "La Juve non aveva bisogno di quegli episodi, tanto era superiore" e fin qui si può anche essere d'accordo, guardando la meravigliosa rosa a disposizione di Marcello Lippi.

Tuttavia, la logica dietro tale affermazione è grossolanamente fallace, poiché contrappone l'incerto al certo. L'incerto fideistico del credere che si sarebbe vinto comunque, in luogo del certo che era quel calcio di rigore.

A dire il vero c'è anche qualcuno che si spingeva - e si spinge - fino a dire che non era fallo, o casomai lo era di Ronaldo su Iuliano. L'intervista rilasciata 20 anni dopo dall'arbitro Ceccarini ha rinvigorito questa fazione, invero nettamente minoritaria.

Come lo ricordano gli interisti

In maniera uguale e contraria a quegli juventini che si ostinano a negare l'evidenza di un fallo solare come pochi, per molti interisti quell'episodio era come la dimostrazione di un teorema.

A loro non bastava, non è mai bastato e continua a non bastare nemmeno oggi, la prova che un certo episodio è esistito e si è trattato di una ingiustizia, perché devono per forza inserirlo in un disegno malefico, di un cattivo nascosto che poi ha quasi sempre gli stessi due basici e monotoni colori.

Tra vittimismo, benaltrismo e memorie selettive

Un aspetto che accomuna tutti i tifosi, in particolare quelli delle big, è quello della memoria selettiva.

A nessuno interessa realmente la verità, un po' perché è sempre molto difficile decodificarla perché è impossibile conoscere TUTTI i fatti, le dinamiche, i retroscena, ma un po' perché tutti ci facciamo ampiamente bastare i nostri bias cognitivi.

A nessuno interessa ricordare che le vere danneggiate sono le piccole e medio-piccole, contro le quali le big hanno da sempre una sorta di occhio di riguardo.

Allora lo juventino, messo alle strette sulle sviste arbitrali a favore, risponderà sempre con prevedibili benaltrismi del tipo "e allora voi, quando vi hanno dato quel tale rigore inesistente contro etc etc".

L'interista, a sua volta, ricorderà sempre e solo gli episodi a sfavore, mentre quelli a favore saranno misteriosamente spariti dalla memoria, come i dossier su Ustica.

La psicologia devastata di juventini e interisti

Quell'episodio, avvenuto al minuto 70 di un match della giornata numero 31 della Serie A 1997/98, ha portato il tifo sportivo su un nuovo livello, che sarebbe stato poi completato dallo scandalo calciopoli.

Uno scandalo che, a ben vedere anche oggi, non risolse affatto i mali del calcio italiano, ma diede un colpevole unico in pasto agli spettatori dell'arena.

Niente è stato più come prima, dopo quel contatto fra Mark Iuliano e Ronaldo. Lo juventino ha iniziato a sviluppare una sorta di corazza di autoconvinzione, per essere immune a eventuali episodi a favore e trovare sempre una spiegazione plausibile anche agli episodi più bizzarri. Non parlerei di negazionismo, quanto di un bisogno estremo di avere una spiegazione innocentista.

Le vere vittime del 26 aprile 1998 sono però gli interisti. Che complottisti lo sono sempre un po' stati, ma da allora hanno sviluppato un vittimismo crescente, che li porta paradossalmente a godere molto di più per un possibile torto subito dalla Juventus che per una vittoria, una coppa, persino uno scudetto.

La cosa più importante per gli interisti non è vincere o giocare bene, ma dimostrarsi sempre "diversi da quelli là", in una costante rivendicazione di onestà preconcetta, immune a tutto e tutti, persino ai caffè magici e ai passaporti falsi.

Non è un paese pacificabile

Il lascito più triste di quello Juve-Inter del 1998 è la ulteriore constatazione che il nostro non è un paese pacificabile.

Non lo è in questioni ben più serie come il superamento degli schieramenti post-bellici, perché dopo 80 anni siamo ancora preda della dicotomia fascisti vs comunisti, lo è a maggior ragione nello sport.

Se ancora oggi si litiga per una partita di calcio giocata più di 25 anni fa, come si fa a pensare all'idea di un paese decentemente pacificato?