Calcio

Juventus-Real Madrid 3-1 del 14 maggio 2003: il gran rimpianto di Nedved

Rimpianto perché partita vinta e turno superato contro una squadra stellare, ma al prezzo della squalifica del giocatore-simbolo di quella Juve apparentemente inarrestabile.

Riviviamo quella notte, insieme a tutte le condizioni che arrivarono a creare un copione emozionante come pochi altri.

Juve-Real Madrid: chi erano i veri galacticos?

Da un lato il Real Madrid auto-ribattezzatosi dei "Galacticos": Casillas, Roberto Carlos, Guti, Zidane, Figo, Ronaldo il fenomeno e Raúl. Dall'altro la Juventus di Del Piero e Trezeguet, di Buffon, Thuram e Montero, Di Davids e Zambrotta, ma soprattutto di Nedved.

Nel maggio 2003, per la semifinale di Champions, si affrontano due squadre incredibilmente forti, anche se i Blancos erano nel mezzo di un'era in cui Florentino Perez ha vinto relativamente poco rispetto al tanto, tantissimo speso.

In realtà, in quella stagione sembrava tutto perfetto per celebrare il ritorno della Juve sul trono d'Europa, 7 anni dopo la notte dell'Olimpico. In realtà, di anni, ne sarebbero passati molti altri, e anzi ad oggi ne sono trascorsi 28 dall'ultima Champions League vinta dalla Vecchia Signora.

Come si arriva a questo match: gli incroci di mercato tra Juve e Galacticos

Abbiamo detto prima "soprattutto di Nedved" perché quella squadra aveva il suo marchio di fabbrica, fin dall'anno precedente. Ricordiamo infatti che, poco meno di due anni prima, la Juventus aveva venduto proprio al Real Madrid Zinedine Zidane per la cifra allora mostruosa di 150 miliardi di lire.

Con i soldi di questo affare, e della cessione di Filippo Inzaghi al Milan (70 miliardi), Luciano Moggi era riuscito a prendere Gigi Buffon, Lilian Thuram e Pavel Nedved, cambiando radicalmente la struttura di una squadra già forte. Sostituire un unicum, un artista-funambolo del pallone come Zizou, con una mezzala dinamica, veloce e potente come Pavel Nedved era qualcosa che per il popolo bianconero non fu facile digerire.

Così, Marcello Lippi aveva in mano una creatura diversa ma fortissima, espressione di idee chiare e di capacità di programmazione. Dopo un'agevole fase a gironi, la Juve si era liberata del Barcellona nei quarti, mentre il Real Madrid faceva paura: aveva appena battuto il Manchester United di Sir Alex Ferguson per 2 volte, di cui l'ultima un 3-4 all'Old Trafford con tripletta di Ronaldo il fenomeno.

Come era finita all'andata

Eppure, la semifinale con il Real non vedeva la Juve partire battuta, tanta era la stima di cui godeva quella squadra. Si trattava di una sfida quasi filosofica, tra due concezioni differenti nel costruire una grande squadra: una spendendo i massimi, l'altra programmando con arguzia e competenza.

Il risultato era in entrambi i casi di altissimo livello, e lo si era già visto dall'andata al Bernabeu, decisa da un missile terra-terra di Roberto Carlos al minuto 72, dopo che nel primo tempo avevano timbrato i rispettivi bomber: Ronaldo e Trezeguet.

Il "Delle Alpi" mai così bello

Al ritorno, il "Delle Alpi" è strapieno e sembra meno brutto del solito, tanta e tale è l'adrenalina e alte le aspettative per questo scontro, che potrebbe portare a una finale tutta italiana. Il giorno prima, infatti, il Milan si era guadagnato l'ultimo atto della competizione superando i rivali cittadini dell'Inter.

La partita vive del copione consueto, con la Juve tosta e corta e il Real a tenere il pallino del gioco. Quando affonda, la squadra di Lippi, fa però davvero paura. Al minuto 12 Trezeguet allarga sulla destra per Nedved, che dal fondo serve un cross sul secondo palo.

Qui le due punte bianconere mostrano una delle ragioni per cui erano una coppia fantastica, capace di interscambiarsi in qualsiasi istante: è Alex a fare da torre e "Trezegol" a lanciarsi fulmineo sul primo palo, fulminando di sinistro Casillas dall'interno dell'area piccola.

L'arte di Del Piero

Al minuto 43 c'è quella che sembra essere l'anteprima dell'apoteosi. Sulla linea di centrocampo Montero anticipa un avversario e ne nasce un lunghissimo spiovente, destinato al vertice sinistro dell'area.

Alex Del Piero addomestica la palla alla sua maniera, poi converge fintando quanto basta per mandare a farfalle Fernando Hierro e Michel Salgado, quindi infila Casillas ancora sul primo palo.

Forse è il gol che, più di ogni altro, descrive il Del Piero post-Udine, dopo il grave infortunio che ne aveva messo a rischio la carriera, e dopo il quale non ha più avuto la stessa esplosività, ma la stessa classe sì. E questa era una rete di classe purissima.

Buffon e poi Nedved: decisivi i sostituti di Zizou

Il 2-0 qualificava già la Juventus ma, al minuto 67, Vicente Del Bosque pare riscuotere i crediti dell'aver inserito Ronaldo nella ripresa, nonostante il Fenomeno fosse in cattive condizioni fisiche. Il brasiliano ipnotizza Montero che causa un calcio di rigore. Poi è però Figo a farsi ipnotizzare da Buffon, che respinge il tiro.

Come in tutta evidenza, la qualificazione è ancora sul filo, poiché un gol del Madrid significherebbe tempi supplementari. Ci pensa allora lui, il biondo di Cheb, l'erede "proletario" di sua maestà Zidane, proprio di fronte al suo predecessore.

La difesa del Real è altissima, Zambrotta lancia da destra un pallone su cui si avventa come un falco Pavel Nedved, che si inserisce tra i poveri Hierro e Salgado (ancora loro) e, dal limite dell'area, lascia partire un destro che non lascia scampo a Casillas. 3-0, che significa di fatto finale. Ma non finisce qui.

Nedved, l'errore e il grande rimpianto

Poco meno di 10 minuti dopo, Zidane prova ad uscire dalla frustrazione cercando di servire i compagni in avanti, ma viene contrato ancora una volta da lui, Pavel Nedved. Sul contrasto la palla finisce a Steve McManaman, entrato qualche minuto prima per Cambiasso. L'inglese è sul cerchio di centrocampo e prova a dribblare il ritorno del ceco. La situazione è totalmente innocua, ma Nedved commette un errore che peraltro ne definisce anche uno dei pochi (ma evidenti) limiti: l'irruenza.

Il ceco arriva in ritardo sul britannico, ma sullo slancio alza la gamba per fermare comunque McManaman. L'arbitro Meier è lì a due passi e non può esimersi dall'intervenire. Mentre il fischietto elvetico sta ancora mettendo mano al taschino per estrarre il sacrosanto cartellino giallo, Pavel Nedved sa già di averla combinata grossa: è in ginocchio, testa bassa e con la chioma bionda che quasi rispettosamente nasconde le mani sul viso, oltre a qualche probabile lacrima. Pavel ha appena trascinato la Juve in finale di Champions, ma lui non ci sarà.

Quanto sarebbe stata fondamentale la presenza del ceco all'Old Trafford si scoprirà qualche settimana più tardi, in una finale che verrà vinta dal Milan ai rigori. Da allora, gli haters hanno spesso infierito su questo evento, lanciando pure hashtag sfottenti come #seceranedved.

La verità è che non sapremo mai come sarebbe andata a finire, ma sappiamo che quella Juve era un blocco granitico come poche altre volte si è visto su un campo di calcio, e quella notte del Delle Alpi sembrava il preludio a un trionfo che era - ed è rimasto - una specie di sortilegio.