Calcio

L'Inter e il possesso palla sterile senza spazi: cosa insegna il derby d'Italia

Nella serata di domenica 26 novembre, si è concluso il big match della giornata numero 13 di Serie A, quello che ha messo di fronte Juventus e Inter che, dopo una gara equilibrata, hanno concluso il loro impegno con un pareggio per 1-1.

Non sono pochi i giornali cartacei e web che questa mattina hanno messo in evidenza un flow della partita palesemente instradato verso il pareggio, costruito soprattutto su un secondo tempo durante il quale Allegri e Inzaghi hanno badato soprattutto a non prenderle.

Ma è stato veramente così? Analizziamo i numeri della partita e cerchiamo di capire cosa ne è venuto fuori.

Le formazioni iniziali

Come era presumibile, per un'occasione così importante, le due squadre si sono presentate con l'abito della festa, intenzionate, per mano dei due allenatori, a mettere in difficoltà il proprio avversario puntando sulle loro qualità migliori.

Con alcuni se e alcuni ma.

Le assenze hanno costretto i due tecnici a rinunciare ad alcuni uomini fondamentali, segnatamente, tra gli altri, Locatelli da una parte e Pavard e Bastoni dall'altra.

L'assenza di Locatelli era sulla carta quella che avrebbe pesato di più nell'economia del match. Il centrocampista bianconero è il vero metronomo della costruzione della manovra juventina e lo è soprattutto quest'anno molto più delle passate stagioni, vista la ormai raggiunta maturità professionale e tecnica. Locatelli ha piedi buoni e idee mai banali, come ha ieri dimostrato per l'ennesima volta quando è stato della partita dal 61° della ripresa, autore di alcuni cambi di gioco davvero pregevoli e molto più abile rispetto a Nicolussi Caviglia nel filtro difensivo, seppur il giovane ex Salernitana non abbia affatto sfigurato.

I due centrali di Inzaghi hanno nei loro omologhi che li hanno ieri sostituiti, due certezze ben più consolidate rispetto al cambio forzato di Allegri. D'altronde lo stesso ruolo implica una predisposizione alla fantasia e al posizionamento in campo molto diverso l'uno dall'altro, alla luce della difesa nerazzurra che, al pari di quella bianconera si dispone praticamente sempre a tre, con compiti prestabiliti e poche variazioni rispetto allo spartito consueto.

Inoltre De Vrij e Darmian hanno sbagliato poco o nulla, nemmeno nell'occasione della rete di Vlahovic, peraltro originata da un erroraccio di Dumfries non nuovo a questo tipo di disattenzioni che costano spesso care, quando dall'altra parte si può scatenare la forza propulsiva di un giocatore come Federico Chiesa.

Per il resto tutto confermato e nessuna sorpresa con qualche ballottaggio a centrocampo vinto da McKennie e Cambiaso, con gli ormai lungodegenti Danilo e Weah fuori e Fagioli squalificato.

Kostic e Dumfries da una parte e Dimarco e lo stesso Cambiaso dall'altra si sono affrontati sulle fasce, mentre davanti Allegri ha scelto Vlahovic, preferendolo a Kean, a differenza di Inzaghi che non rinuncia praticamente mai alla coppia Lautaro-Thuram.

Il primo tempo

La primissima parte della gara ha avuto un'impronta marcatamente bianconera, con gli uomini di Allegri molto più aggressivi e in palla rispetto a quelli di Inzaghi, spesso in ritardo sui contrasti e probabilmente catechizzati dall'allenatore piacentino, abituato a far sì che la partita arrivi ai nerazzurri durante i 90 minuti.

La storia si è ripetuta per l'ennesima volta nella serata di ieri, quando il vantaggio della Juventus è stato originato da un pressing molto efficace del duo d'attacco bianconero, una volta coadiuvato da Cambiaso e quella successiva da Kostic.

Il break che ha dato il via alla rete di Vlahovic, peraltro piuttosto polemico con il pubblico, o forse con la stampa, nell'atto della sua esultanza, ha messo in evidenza tutta la voglia del centravanti serbo che apriva e chiudeva l'azione, rubando prima il pallone ad un distratto Dumfries, per poi andare a concludere sul perfetto assist di Chiesa. Polemiche a parte, Vlahovic non la metteva dentro dal 16 settembre.

Il pareggio dell'Inter è la summa di quello che abbiamo visto in questi primi tre mesi di stagione e che probabilmente continueremo a vedere fino a maggio. Spesso ci siamo abituati a marchiare come mortifere le ripartenze dell'Inter, ma questa volta il canovaccio dell'attacco letale nerazzurro è partito addirittura da Sommer, che ha trovato il suo passaggio chiave per Dumfries che sa benissimo di trovare Barella sulla sua verticale, il quale, a sua volta, la verticale non la conclude e scatena la velocità di Thuram che continua a sfornare prestazioni tecnicamente ineccepibili e, sotto gli occhi di papà Lilian, sforna l'ennesimo assit per Martinez che sfugge al controllo di Gatti con un taglio backdoor e incrocia sul palo opposto. Per Martinez sono 13 gol in campionato.

Il secondo tempo

La parte centrale della prima frazione sembra una sorta di preludio ad un secondo tempo esaltante, ma la verità è che, dopo il gol della punta argentina, il match si sgonfia e non succede praticamente più nulla.

La partita diventa esattamente come la ci si aspettava alla vigilia, con il possesso palla dell'Inter a farla da padrone e gli spazi chiusi dalla gabbia a centrocampo orchestrata da Allegri, le cui maglie si fanno ancora più strette dopo l'entrata in campo di Locatelli.

Inzaghi dimostra di gradire e sembra voler evitare il cinismo degli avversari, vista la capacità dei bianconeri di portare a casa i tre punti una volta passati in vantaggio e, visto che nel primo tempo l'Inter aveva già messo una toppa alla rete dei padroni di casa, Inzaghi ha voluto attendere fino al 70° prima di effettuare i primi due cambi, quelli soliti degli esterni, si dirà, ma con gli interpreti diversi, visto che è tornato a disposizione un fischiatissimo Cuadrado e Carlos Augusto, molto utilizzato nella parte finale dei match al posto dello stantuffo Dimarco, ieri meno attivo del solito in fase propositiva.

Allegri ha cambiato le punte nell'ultimo spicchio di partita, prima che Inzaghi decidesse di far rifiatare Calhanoglu, Barella e Thuram, ma con la partita ormai instradata sull'uno a uno.

La seconda frazione di gioco ha certificato le apparenze di un match dove si è effettivamente badato a non ferirsi, piuttosto che a fare del male al proprio avversario. Ma forse i dati ci aiuteranno maggiormente a capire come sono andate le cose.

Possesso palla tra sterilità e padronanza del campo

Per ben due terzi abbondanti, il 65,5% della partita, è stata l'Inter a mantenere la palla tra i piedi, ma se ci soffermiamo sulla qualità della manovra nerazzurra, essa è stata decisamente meno performante rispetto ad altre occasioni.

Se vogliamo dare dei meriti o dei demeriti a questo dato, va da sé che l'atteggiamento della squadra bianconera non può non avere il suo peso specifico, alla luce delle rare occasioni da rete nitide che l'Inter ha provato a guadagnarsi.

Dall'inizio della stagione, e probabilmente non da quest'anno, questo elemento è stato il leitmotiv delle partite di Allegri, e questo non è mai stato un segreto, checché si pensi dell'allenatore livornese, ma è anche vero che tale approccio sta dando i suoi risultati, almeno da settembre a questa parte.

Lato Inter, invece, il tema principale è rappresentato dall'eterna disputa tra chi pensa che la predisposizione a tenere la palla tra i piedi sia il crocevia per vincere le partite e chi invece pensa che siano altre le caratteristiche che mettono in condizione di mettere in tasca i tre punti.

Il gioco dell'Inter gode quest'anno di un'armonia che difficilmente si era vista nelle passate stagioni e le alchimie di squadra che Inzaghi propone in ogni partita, vanno al di là del mero dato percentuale.

Basti pensare che in tutta la partita, i dribbling da parte dei nerazzurri, sono stati tre, uno a testa per Cuadrado, Thuram e Martinez, guarda caso, gli unici giocatori a cui Inzaghi permette di provare a saltare l'uomo palla al piede, anche per caratteristiche, cosa che non può chiedere a gente come Barella o Mkhitaryan e nemmeno a Calhanoglu, tutti giocatori dai piedi senz'altro buoni, ma con poco spiccate doti di questo tipo.

Duelli e fisicità

Chiudiamo la nostra analisi con quello che certifica in larga parte quanto la fisicità dei giocatori dell'Inter, peraltro misuratisi con un avversario tutt'altro che "leggerino", non cocci con il possesso palla di cui abbiamo appena scritto.

Dei 24 contrasti di ieri, l'Inter ne ha vinti 13, ma il dato più significativo riguarda i duelli aerei, per l'ennesima volta favorevoli alla squadra nerazzurra, 11 contro 5, a certificare un aspetto che mette in luce la variegata opzione di scelta di Inzaghi.

Inoltre, all'interno di un match che non ha certo offerto lo spettacolo del secolo, l'Inter ha concluso 4 volte in più degli avversari, 8 contro 4 e più in generale i tocchi di palla sono stati quasi il doppio, 895 contro 538, senza contare il numero dei passaggi totali, 747 contro 389.

L'impressione è che l'Inter abbia qualcosa in più rispetto alla Juventus, laddove quel "qualcosa" è rappresentato da una chimica di squadra superiore rispetto a quella dei bianconeri, corroborata dal fatto che Inzaghi può permettersi, come scritto in precedenza, di aspettare la partita e, nel caso in cui essa si faccia desiderare più del dovuto, i cambi possono fare la differenza contro qualsiasi squadra.

Champions League compresa.