I Galacticos al loro apice nel "Teatro dei Sogni", contro una versione comunque stellare dei Red Devils. Il ritorno dei quarti di finale di Champions League 2002/03, Manchester United-Real Madrid, era qualcosa in più di una finale anticipata.
Poi la coppa sarebbe finita con una finale tutta italiana, ma questo 4-3 è comunque entrato di diritto nella storia delle più belle partite mai viste.
Agli albori del 2000, il neo-eletto presidente del Real Madrid Florentino Perez inaugurò una stagione che sarebbe passata alla storia come quella dei Galacticos, la cui politica era abbastanza semplice: ingaggiare i più grandi campioni del calcio europeo, strappandole alla concorrenza delle principali competitor continentali.
Così nel 2000 Florentino regalò Luis Figo ai suoi tifosi, strappandolo agli acerrimi rivali del Barcellona.
Nel 2001 invece c'era stato l'acquisto-record di Zinedine Zidane dalla Juventus, il più caro per un giocatore proveniente dalla Serie A con 77,5 milioni di euro, e che tale sarebbe rimasto fino alla cessione di Pogba al Manchester United.
Sempre dalla Serie A, e non senza polemiche, nel 2002 era arrivato Ronaldo il Fenomeno, strappato all'Inter che pure lo aveva a lungo atteso dopo il grave infortunio. E Ronaldo avrebbe vergato questa partita in maniera indelebile, come vedremo tra poco.
La strategia non si sarebbe esaurita lì, anzi il segnale di una novità c'era anche in questo 4-3. Si disse infatti che Alex Ferguson avesse lasciato inizialmente in panchina David Beckham per le insistenti voci di un suo imminente trasferimento proprio al Real Madrid.
Infatti Becks, che qui firmerà una bella quanto inutile doppietta, nell'estate del 2003 sarebbe diventato un giocatore del Real Madrid.
Non solo, perché l'arrivo al Madrid di Beckham avrebbe ispirato addirittura una legge ad hoc, passata alla storia appunto come "Legge Beckham", che permetteva alle società spagnole un forte sconto fiscale per l'ingaggio di giocatori stranieri.
Una disparità evidente, visto che le squadre iberiche pagavano appena il 25%, contro il 50 delle inglesi, il 45 delle tedesche e il 43 delle italiane.
Non che i Red Devils fossero propriamente dei poveri in canna, visto che schieravano a loro volta una squadra stellare, con la difesa governata da Rio Ferdinand, acquistato l'estate precedente dal Leeds per 46 milioni di euro (il difensore più caro al mondo, al tempo).
Anche a centrocampo e in attacco c'erano giocatori sensazionali, arrivati nelle ultime sessioni di mercato: Veron, arrivato dalla Lazio, e Van Nistelrooy, acquistato dal PSV.
E poi c'erano ancora elementi della lunga dinastia vincente di Alex Ferguson, da Ryan Giggs a Roy Keane a Paul Scholes, pure quest'ultimo assente per squalifica. In porta Barthez, che avrebbe avuto una serata non proprio memorabile.
Il Real Madrid aveva vinto l'andata per 3-1 al Bernabeu, dunque il ritorno vedeva il Manchester United di Sir Alex Ferguson con le spalle al muro. E le cose si mettono subito ancora peggio, per i padroni di casa.
Dopo 14 minuti, quell'artista in casacca nera con il numero 14, che rispondeva al nome di José Maria Gutiérrez Hernández ma per tutti era noto come Guti, vede un corridoio verticale per lanciare uno dei più forti attaccanti di sempre, probabilmente il più forte di tutti da lanciare in verticale.
Alcuni nostalgici tengono a ribadire "quello vero", ma era semplicemente Ronaldo il fenomeno. Scatto in avanti e sinistro a fare la fotografia a Barthez sul suo palo, non il massimo per ogni portiere ma il tiro era una sassata.
Eppure, i primi minuti avevano fatto pensare a tutta un'altra partita.
Van Nistelrooy era riuscito a sgusciare sulla destra, sparando un destro velenosissimo da posizione defilata ma ravvicinata, su cui Iker Casillas si era prodotto nel primo intervento importante della sua serata.
Una bella occasione, quanto bastava per scatenare i tifosi nell'epico coro "RuudRuudRuudRuudRuudRuudRuud" che intonavano ogni volta che il centravanti olandese si rendeva pericoloso.
Ma la combinazione Guti-Ronaldo aveva fatto saltare il banco, mettendo la strada dei madrileni ancora più in discesa.
A fine primo tempo arriverà un altro coro "RuudRuudRuudRuudRuudRuudRuud", stavolta però per il gol del pareggio, dopo un'insistita azione di Solskjaer sulla destra.
Si va al riposo sull'1-1 e i 66.500 dell'Old Trafford hanno ancora una rimonta da sognare.
Purtroppo per loro, poco dopo l'inizio della ripresa si rimette in azione lo specialista in docce gelate: il Fenomeno.
Triangolazione d'altissima scuola, e di prima: Zidane-Roberto Carlos-Ronaldo, 1-2.
La riapre Helguera con un'autorete anche piuttosto goffa, e poco più tardi è ancora due volte salvifico Casillas, che respinge una forte conclusione dal limite di Solskjaer prima, e di Veron poi.
Se è vero che le partite hanno tante sliding doors, quel 23 aprile 2003 un sacco di queste furono chiuse dal portiere madrileno, decisivo dove il suo dirimpettaio non era riuscito ad essere.
Ronaldo fa ancora il fenomeno e spara un missile dai 30 metri, che muore nell'angolo basso alla sinistra di un Barthez stavolta incolpevole.
A questo punto, Sir Alex non ha più nulla da perdere e getta nella mischia Beckham. Lo Spice Boy impiega appena qualche minuto per segnare una delle sue iconiche e morbide punizioni, e a 6 minuti dalla fine fa persino doppietta.
Oddio, la palla era destinata a entrare ma Beckham la spinge praticamente sulla linea, evitando al povero Hierro l'onta di finire sul tabellino degli auto-marcatori dopo il compagno Helguera. E
ra il 4-3, poi risultato finale di una partita leggendaria.
Più che una platonica doppietta d'addio, quella di Beckham somigliava più a un teaser commerciale per l'imminente acquisto. Che puntualmente si sarebbe verificato. Poi la storia ha in qualche modo punito la strategia dei Galacticos, che hanno vinto sensibilmente meno di quanto atteso.
Più che altro era la conferma che, allora come oggi, a calcio con le figurine non si vince quasi mai.
Infatti, al banchetto di finale dell'Old Trafford avrebbero partecipato Juve e Milan.