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Calcio

Marco Di Vaio, provincia per sempre

La provincia si vive in campo e dietro la scrivania. Il mondo è lo stesso, cambia solo la prospettiva. Se ti piace, però, sei sistemato per tutta la vita, praticamente. Anche perché chi l'ha detto che è facile adattarsi a un contesto del genere?

Marco Di Vaio è stato, numeri alla mano, un grandissimo attaccante, degnissimo della Serie A. Buono anche per gol da esportazione: Valencia, Monaco, addirittura i Montreal Impact nella Major League Soccer a fine carriera.

Bologna nel cuore e nell'anima, da giocatore e ora da dirigente, sui due lati della barricata. Tuttavia Di Vaio dove lo mettevi stava, e segnava. Da nord a sud al centro, difficilmente il romano ha tradito la sua gente. Gli è mancata forse solo la grande prestazione in nazionale, ma la concorrenza anche lì era enorme, quando era al top della forma.

Prodotto zemaniano

Tanto per cambiare, un buonissimo attaccante deve essere passato da un allenatore che sul reparto offensivo ha sempre lavorato in maniera certosina: Zdenek Zeman.

Il boemo è il tecnico che lancia Di Vaio in prima squadra quando è appena maggiorenne, sfruttandone l'estro e i numeri mostrati nella squadra Primavera: è il 20 novembre 1994, Marco debutta contro il Padova e va addirittura a bersaglio, roba solitamente da predestinato.

Nel 4-3-3 zemaniano Di Vaio è il vice-Casiraghi, il centravanti insomma. In stagione segnerà in altre due occasioni in campionato e una in Coppa Uefa contro il Trabzonspor.

L'allenatore che per primo comunque gli darà continuità è uno zemaniano doc come Delio Rossi.

Nel 1997 la Salernitana sborsa ben 5 miliardi per strapparlo alla Lazio e farne il titolare indiscusso in B con l'obiettivo della promozione. Cavalcata trionfale dei granata con Di Vaio che segna ben 21 gol ed è capocannoniere dell'intero campionato: promozione in A inevitabile e anche quando l'anno successivo arriva la retrocessione Marco è l'ultimo ad arrendersi. Doppia cifra di nuovo comprese due incredibili triplette, all'Empoli e al Bologna.

Impossibile per l'attaccante romano rimanere in B: il Parma è pronto a investire su di lui anche se inizialmente non è titolare.

Inizialmente, appunto: un periodo di adattamento in cui Di Vaio si abbevera da una rosa piena di grossi nomi. "Per me è stata una fortuna. Anche se quello è stato il mio primo anno in cui ho fatto da riserva, in quella stagione valeva la pena allenarsi con quei campioni più che giocare le partite. Tutti i giorni ad allenarmi con Cannavaro, Buffon, Thuram e Sensini mi hanno dato una formazione pazzesca", ricorderà.

Poi il Parma anche per via dei gravi problemi societari è costretto a vendere i suoi migliori giocatori e rimane solo Di Vaio davanti, con Crespo ceduto alla Lazio.

Sono stagioni travagliate in cui Marco è l'assoluto punto di riferimento, mentre passano gli allenatori e incredibilmente arriva la Coppa Italia nel 2002, con Carmignani in panchina. Nei suoi quattro anni a Parma l'attaccante romano trova il tempo anche per segnare un clamoroso poker al Bari.

Estate 2002, la Juventus e il Parma si disputano la Supercoppa Italiana sul farinoso campo di Tripoli: vincono i bianconeri, 3-1, ma la rete dei gialloblù la realizza proprio Di Vaio.

Ora sì, è tempo del definitivo salto di qualità: Marco diventa juventino per 7 milioni di euro circa. Vincerà lo scudetto e rimarrà in panchina nella finale di Champions League persa dai bianconeri contro il Milan. In questo punto della carriera non sembra affatto un bomber di provincia, ma il futuro del calcio italiano in attacco, del resto gioca nella Juventus.

Invece, è il 2004, arriva un'offerta da 11 milioni dalla Spagna del Valencia "italiano" di Claudio Ranieri. In rosa trova Corradi, Fiore e Carboni, il più esperto.

Pronti via e segna nella Supercoppa Europea contro il Porto, confermandosi attaccante di livello internazionale. E no, non sembra provincia nemmeno qui.

Bologna grande amore

Valencia, Monaco e con un doppio salto all'indietro Genoa in Serie B: molto strano il percorso che sceglie a un certo punto Di Vaio.

Eppure gli porta ulteriori soddisfazioni, prendere una rincorsa mica da ridere e tornare ad essere protagonista. Serie B che diventa subito A, di nuovo, ma con il Genoa tra i grandi il romano non ingrana.

È quasi l'ultimo giorno di mercato estivo del 2008 quando passa al Bologna, stessi colori e ambizioni un filo diverse, chissà. Prima giornata di campionato e colpo gobbo a San Siro contro il Milan: a bersaglio, naturalmente, anche Di Vaio, che trova la sua miglior stagione di sempre quando in pochissimi se lo aspettano.

Totale, 24 gol in campionato, vice-capocannoniere dietro Ibrahimovic a parimerito con Diego Milito: primo, secondo e terzo terminale offensivo di una squadra che si aggrappa al suo bomber come nessun'altra in campionato, visto che a parte Marco il Bologna segna appena 19 volte.

Saranno quattro stagioni ricche di gol, tutte in doppia cifra: 66 reti in 148 presenze, una media-gol da grande attaccante per una squadra che arriva anche al nono posto in classifica. Come il vino buono, invecchiando Di Vaio è diventato una macchina realizzativa ancora più micidiale.

Con gli anni ha ristretto il raggio d'azione da attaccante a tutto campo a centravanti statico, forte anche di testa.

A 36 anni potrebbe smettere, ma ha ancora da dimostrare qualcosa dall'altra parte del mondo. Per via del proprietario in comune, da Bologna il viaggio lo porta a Montreal, nella Major League Soccer.

È un campionato non ancora stiloso come oggi, gli stranieri sono "vecchie glorie" a fine corsa, ma i 34 gol in due anni e mezzo lo confermano come bomber di razza.

Tuttavia Bologna è lì che lo aspetta, un ruolo da direttore sportivo dopo essere stato il capitano dei rossoblù e a lungo il simbolo assoluto della squadra. Fosse arrivato sotto le Due Torri qualche decennio prima avrebbe trovato una Bologna non così "provinciale" dal punto di vista calcistico, ma se i rossoblù hanno resistito tra i grandi è stato per merito suo, soprattutto.