18 Maggio 1994: una data indimenticabile per i tifosi del Milan. La finale di Champions League, in cui il Barcellona avrebbe dovuto far un boccone solo dei rossoneri.
E invece, nonostante le assenze di Baresi e Costacurta, gli uomini di Fabio Capello giocarono la partita perfetta, con Savicevic impressionante e Massaro chirurgico nell'affondare Romario e soci.
Ma è stata soprattutto la notte buia di Johan Cruijff che si condannò con frasi passate alla storia, prima della finale e poi umiliato dal poker milanista.
Ma quelle frasi, spocchiose quanto vogliamo, avevano un obiettivo preciso: ingigantire i problemi del Diavolo e coprire una tenuta fisica e mentale dei suoi in totale riserva.
Tutti a bocca aperta, nella conferenza stampa di Johan Cruijff, 24 ore prima della finalissima di Atene del 1994. L'allenatore dei catalani si presenta con arroganza e poca umiltà ai microfoni.
Complici le assenze di Costacurta e Baresi squalificati, oltre a Van Basten fermo già da un anno ai box, ma pur sempre nella rosa di Fabio Capello, il Milan arriva malconcio e non fa paura all'olandese.
Così, mentre il tecnico friulano prepara il suo capolavoro, con Maldini e Filippo Galli centrali e Panucci dirottato sul binario di sinistra, il suo collega spara sul Milan e aumenta le preoccupazioni dei tifosi rossoneri.
"Umilieremo il Milan davanti al Mondo",
"Per il bene e lo spettacolo del gioco del calcio, sarebbe giusto che vincesse il Barcellona e non l'anti-calcio del Milan",
"Il Milan di Sacchi ha fatto la storia, non certo quello di Capello",
"Siamo pronti a tornare con la Coppa a Barcellona",
"La vera differenza tra noi e loro è nell'acquisto di Romario rispetto a quello di Marcel Desailly".
Queste in sintesi le parole e le bordate di Johan Cruijff al Milan, in quella storica conferenza stampa.
Follia di onnipotenza? Mancanza totale di umiltà? Oppure, un obiettivo preciso?
Un pò tutto forse, ma l'ultimo punto è quello più vero.
Non era impazzito Cruijff quel giorno e sapeva bene di esporsi ad un rischio enorme quanto un pianeta. Ma il motivo è presto detto. Che il Milan avesse problemi, con le suddette assenze difensive era cosa nota a tutti.
Ma ingigantire i problemi del Diavolo serviva soprattutto a nascondere i veri problemi del suo Barcellona. Squadra che appena tre giorni prima della finale aveva vinto nella maniera più incredibile la Liga, dopo il passo falso negli ultimi 90 minuti del Deportivo La Coruna.
25 giornate all'inseguimento per i blaugrana che ormai sembravano destinati al secondo posto. Poi come detto, il Depor manca la stoccata finale e pareggia 0-0 nell'ultimo turno contro il Valencia; fallito un penalty al minuto 90 che condanna alla beffa atroce la squadra di casa.
Il Barcellona passeggia 5-2 sul Siviglia e aggancia i rivali a quota 56 in classifica, ma grazie ad una miglior differenza reti si laurea campione di Spagna, quando ormai in pochi si attendevano l'exploit catalano.
Quell'inseguimento durato appunto 25 giornate però aveva logorato a livello fisico e mentale il Barcellona. Non sempre inseguire la lepre può essere una vantaggio, a maggior ragione se ti chiami Barcellona e la pressione sulla squadra è tanta.
Dal mercato dispendioso in estate, alla forza della rosa e arrivando a quello che poteva essere considerato un fallimento assoluto, ovvero chiudere alle spalle del Deportivo che con tutto il rispetto non ha il blasone del Real Madrid.
Salvata la stagione in extremis, la formazione catalana ha appena 72 ore di tempo per riordinare le idee per affrontare il Milan nella finale di Champions League. In Europa il cammino di Guardiola e compagni è stato sicuramente più lineare e intenso che in Liga.
Ma come detto, Johan Cruijff è consapevole che la sua squadra sia "cotta" fisicamente e mentalmente. L'operazione ingigantire i problemi del Milan è dunque il primo passo per coprire i propri mali e mettere ancor più paura ai rivali, sperando poi che la finale sia da sola una motivazione più che valida per i propri giocatori.
Sè tutto deve andare male, state tranquilli che finirà peggio ancora. Lo sanno bene i giocatori e i tifosi del Barcellona che in quei 90 minuti non ci capirono niente dall'inizio alla fine.
Una strapotenza e una superiorità quasi imbarazzante degli uomini di Fabio Capello, su un Barca costretto a giocare quasi come una Provinciale, citando la mitica telecronaca di Pizzul.
Cruijff per completare l'opera decise di non schierare il canonico 3-5-2 che in Europa aveva funzionato benissimo, ma provò a mettere l'ultima toppa con un sorprendente 3-4-3: oltre a Romario e Hristo Stoičkov, spazio a quello che il solito Pizzul definì l'inutile Begiristain che fu tolto quasi per disperazione al 51', subito dopo la gemma di Savicevic.
Il resto è storia che conosciamo. Milan biblico e a cui il 4-0 finale va pure stretto, con Massaro mattatore e in doppietta, Savicevic imprendibile e applaudito anche dagli Dei sopra il cielo di Atene, oltre ad una prestazione perfetta di tutto il Milan: ciliegina sulla torta, il 4-0 firmato da quel Marcel Desailly arrivato nel mercato di Novembre e ovunque sul campo nella finalissima, alla faccia delle parole di Cruiff.
Il Barcellona regge 22 minuti, poi si sgretola come un pupazzo di neve sotto il sole cocente di agosto. Le pecche e le batterie scariche vengono tutte a galla, minuto dopo minuto.
Impressionante il dinamismo del Milan rispetto alla quasi totale assenza di forza dei catalani che arrivano sempre secondi e certe volte terzi su ogni pallone.
Basti pensare che Sebastiano Rossi compirà una sola parata nel primo tempo e un paio nella ripresa, ma sul 4-0 e con il Milan in fase calma piatta, dopo aver devastato i blugrana per 70 minuti.
Per Cruijff quella notte non sarà solo l'incubo, di una serata storta che nel calcio può capitare. E' l'inizio della fine della sua carriera di allenatore. La parabola discendente che da li a poco lo porterà a scegliere una più comoda e meno ingombrante scrivania di DS degli iberici, rispetto alla panchina.
Chiudendo con l'ennesima citazione di Pizzul in quella finale: "Il gioco dialettico del tecnico olandese non ha dato i frutti sperati, il Milan è stato travolgente".
Come dare torto al sempre perfetto Bruno Pizzul.