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Calcio

Pavoletti l'esecutore e Ranieri il mandante: i finali del Cagliari oltre lo spirito di squadra

Il pubblico cagliaritano, qualsiasi sia il risultato, non abbandona il proprio seggiolino nemmeno se dovesse affacciarsi una tempesta all'orizzonte.

Un'emozione che arriva da un'estate qualsiasi

Chi ha avuto la fortuna, o la sventura, di trovarsi a parteggiare per una delle due squadre, Cagliari o Bari, nella finale dei Play Off di Serie B al termine della passata stagione, ha visto coi propri occhi quanto il calcio possa regalare allo stesso tempo gioie indimenticabili e dolori indescrivibili, per una rete che vale un'intera stagione.

Leonardo Pavoletti, di professione bomber, ha subito l'onta di una retrocessione evitabile se solo il Cagliari avesse battuto all'ultima giornata di un paio di stagioni fa, un Venezia già retrocesso, vittoria che avrebbe permesso ai rossoblù di spedire nella categoria inferiore la Salernitana, peraltro sconfitta in modo inopinato dall'Udinese per 0-4 in casa.

Lo 0-0 in laguna regalò una delle delusioni più amare ai tifosi cagliaritani, costretti a seguire la squadra di una regione intera nell'inferno, perché il purgatorio è ben altra cosa, della cadetteria, un inferno dal quale è scaturita a fine stagione una delle più belle favole della storia cagliaritana, seconda sicuramente allo scudetto del 1970 e ai fasti di Gigi Riva, ma a livello di intensità, probabilmente molto simile.

Quella giornata un tifoso rossoblù se la ricorda benissimo.

Non è passato tanto tempo: una passeggiata al Poetto in una mattinata, quella dello scorso 11 giugno, la spiaggia dei 100.000 la chiamano dal quelle parti, un lungo litorale violentato qualche anno fa dal ripascimento della sabbia che un tempo era candida come l'acqua cristallina e che è diventata oggetto di fendenti a forma di carte bollate, per una città privata dalla bellezza naturale di un posto paradisiaco.

È ancora lì, il Poetto, ferito nel cuore e nell'orgoglio di un popolo sempre pronto a rimettersi in marcia, anche dopo uno sfregio di quella risma. La sabbia è sempre lì, meno lucente, ma cagliaritana nel senso più profondo del termine.

E un gol, al minuto 94, che porta una regione intera in Paradiso, con un esecutore, Leonardo Pavoletti, e un mandante, Claudio Ranieri da Roma, che a Cagliari era già passato con profitto all'inizio della sua strepitosa carriera di allenatore.

Piazza Pavoletti

Una delle mode di questi anni è quella di tatuarsi gli avvenimenti più importanti della propria vita su qualsiasi parte del corpo e non è un mistero che giovani e meno giovani abbiano messo in condizione i tatuatori più in vista della Sardegna, di corroborare i propri guadagni e di specializzarsi sulla maglia rossoblù numero 30, quella indossata dal nuovo casteddaio di adozione Leonardo Pavoletti, altro esponente della nidiata di quelli che non abbandonano Cagliari semplicemente "perché si sta bene".

E non pochi, fin dal giorno successivo a quello della promozione, hanno chiesto a gran voce la sostituzione della statua di Carlo Felice, situata in quella che è Piazza Yenne, il luogo nel quale storicamente si festeggiano le imprese sportive rossoblù, con una statue del "Pavo", o, almeno, con il nome di una piazza dedicata al centravanti del Cagliari.

Il duro risveglio

Ma il calcio dà e il calcio toglie, senza che la volontà di ciascuno di noi, per noi si intenda appassionati, ne possa avere il minimo ruolo.

Il "Casteddu" è stato catapultato nella massima serie dopo una campagna acquisti e cessioni, che ha lasciato un po' di amaro in bocca ai tifosi sardi.

Amaro in bocca che è diventato piuttosto insopportabile all'indomani dell'infortunio di uno dei maggiori artefici della promozione immediata in Serie A, Gianluca Lapadula, di quello di Mancosu e dell'ennesimo sconcertante stop di Rog, che nelle ultime stagioni non ha visto il campo praticamente quasi mai.

La delusione si è fatta ancora più profonda dopo le prime giornate, che se è vero come è vero non siano state interpretate alla grande dalla squadra in alcuni frangenti, non hanno certo avvantaggiato i rossoblù alle prese con un calendario che definire ostico è un eufemismo.

Il pareggio iniziale col Torino in trasferta aveva acceso gli animi di una città che ha praticamente farcito la Domus Unipol Arena di abbonati, lasciando pochi tagliandi liberi per ogni partita in casa che fa registrare il tutto esaurito ogni volta che la squadra di Ranieri mette piede in campo, a dimostrazione dell'amore che ha pervaso la gente alla fine della stagione precedente.

La vittoria non è arrivata per tutte le prime 9 giornate di campionato, con tre soli punti raccolti, quello col Torino a cui abbiamo appena fatto cenno, quello con l'Udinese in casa per 0-0 e quello, ben più importante di Salerno per 2-2, quando il Cagliari era sembrato pimpante e ben presente.

I miracoli si ripetono

Ma la svolta del campionato dei rossoblù arrivava nella giornata successiva, quella del 29 ottobre, la numero 10, quella contro il Frosinone, che andava subito in vantaggio a metà della prima frazione e che diventava un incubo prima con il rigore fallito da Mancosu e disastrosa poi con altre due reti, una alla fine del primo tempo e una in apertura di ripresa, che portavano la squadra ciociara avanti di ben tre gol.

Ma il pubblico di Cagliari non si muoveva dagli spalti, nemmeno al minuto 70, con 20 minuti più recupero da giocare e 3 reti da recuperare. Oristanio prima, Makoumbou subito dopo e una doppietta nel finale di Pavoletti, ribaltavano le sorti del match a favore dei padroni di casa.

Ma "nel finale", non significa nell'ultimo quarto d'ora, significa ben oltre il 90°.

Esattamente come era successo a Bari, il gol di Pavoletti arriva al minuto 94, doppiato due minuti dopo da quello finale del 4-3.

Esplode l'Arena anche in Coppa Italia

Il lettore penserà ad una dimenticanza da parte di chi scrive, rispetto all'esordio in Coppa Italia del Cagliari lo scorso 12 agosto, sempre alla Domus Arena e sempre vinta dai sardi per 2-1 dopo i tempi supplementari, durante i quali Dossena segnava al 100° minuto e Soleri metteva tutto in parità al 121°.

Il miracolo di Bari veniva in quegli istanti neutralizzato, ma, niente paura, mancano ancora due minuti di recupero e questa volta è Di Pardo a mandare in paradiso i suoi compagni e tutti i tifosi presenti allo stadio.

Ma se ancora non bastasse, il secondo turno di Coppa mette in evidenza l'ennesimo show al cardiopalmo, con Lapadula protagonista al 120°, autore della rete qualificazione che regala ai suoi gli ottavi contro il Milan.

Il triplete di Pavoletti

Pavoletti fu protagonista in negativo nella partita contro il Palermo, in virtù del rigore sbagliato al 23° del primo tempo, ma il bello doveva ancora venire, alla luce della rimonta contro il Frosinone e dei risultati successivi a favore dei rossoblù, i tre punti contro il Genoa e il pareggio contro il Monza.

E infine il Sassuolo, con quel minuto, il 94°, che Dionisi non dimenticherà facilmente, questa volta a causa di Lapadula che insaccava alle spalle di Consigli, tradito da una deviazione di un suo difensore.

Tutto finito? Ma per carità. Il pubblico di casa si aspetta di più, sa che i miracoli possono ripetersi, e ancora, e ancora, e ancora.

E Pavoletti, al contrario di Paganini, ripete, per la terza volta in pochi mesi, seguendo uno spartito che va oltre "la squadra che non molla mai", quì c'è lo zampino di qualcosa, o di qualcuno in più, forse il pubblico, forse l'amore di una regione intera, forse il rapporto di un allenatore con la sua squadra che si fa intriso di magia ogni partita in più.

Ora il Cagliari ha la testa fuori dalla danger zone, sarebbe salvo, ma nulla può essere significativo come questo dato, nemmeno i 13 punti in classifica: Pavoletti negli ultimi 12 mesi ha segnato in tutto sei gol.

Cinque di questi gol sono stati segnati dal minuto 94 in poi. Se questa non è magia...