La squadra di Carlo Mazzone, già salva, sconfigge la Juventus in un pantano mai visto, togliendole uno scudetto praticamente già vinto e consegnandolo di fatto alla Lazio.
Prima di addentrarci nel ricordo di questo incredibile match, è il caso di fare qualche passo indietro per contestualizzarlo a dovere.
Sì, perché la Juventus a quell'ultima giornata arrivava con un punto di vantaggio sulla Lazio, 71 contro 69. Va però ricordato a dovere come ci si era arrivati, a questi 2 punti di vantaggio prima dell'ultima partita di stagione.
Il 19 marzo del 2000 la Juve vince 3-2 un tesissimo derby con il Toro, mentre la Lazio scivola 0-1 a Verona. Quel giorno, la classifica recita: Juventus 59, Lazio 50. Nove punti di vantaggio, a 8 giornate dal termine, non sono una garanzia di vittoria ma poco ci manca.
Eppure, qualcosa si rompe nella fortissima Juve ancelottiana di Zidane, Davids, Inzaghi e Del Piero. Su questi ultimi due, tuttavia, va aperta una ulteriore parentesi.
Quel campionato 1999-2000, per la Juve era una sorta di riscossa, visto l'annus horribilis precedente.
Il grave infortunio occorso ad Alessandro Del Piero a Udine nel novembre 1998 era stato devastante per la Vecchia Signora, che in campionato avrebbe chiuso solo al 7° posto dopo le dimissioni di Marcello Lippi e l'arrivo - mai accettato da una parte della tifoseria bianconera - di Carlo Ancelotti.
In estate era arrivata la poco meno che umiliante esperienza della Coppa Intertoto, comunque vinta, ma che avrebbe significato un volume di partite stagionali inedito per l'epoca: oltre 50. Forse anche per questo, al rush finale, la Juve arriva appannata.
Ad ogni modo, quella tra Inzaghi e Del Piero era una coppia teoricamente molto ben assortita. In quello stesso campionato 1999/2000, però, c'era stato un episodio che ha cambiato per sempre il rapporto tra i due attaccanti. A Venezia la Juve dilaga, Inzaghi segna una tripletta ma in almeno due occasioni toglie letteralmente la palla a Del Piero, che era alla disperata ricerca di un gol su azione.
Quell'Ale Del Piero era ancora una copia sbiadita del grande campione che avevamo conosciuto, e anche di quello che avremmo ammirato per molti anni a venire.
Il Pinturicchio era semplicemente alla ricerca della fiducia perduta, oltre che in un momento personale-familiare molto brutto (la malattia del padre, che poi morì qualche mese dopo). Quel famelico egoismo di Inzaghi avrebbe rovinato il rapporto tra i due, convincendo poi la Juve a scegliere e cedere infine Superpippo al Milan. Non gli sarebbe andata malissimo, diciamo.
Tornando a Carlo Ancelotti, un merito che gli va riconosciuto è quello di avere "aspettato" Del Piero, continuando a schierarlo anche quando qualche compagno avrebbe maggiormente meritato la maglia da titolare. Ma Alex era un patrimonio per la Juve e per il calcio italiano, e di quella pazienza dovremmo tutti ringraziare il tecnico emiliano.
Dove invece Ancelotti sbaglia qualcosa, è sicuramente nella gestione delle risorse. Arrivare a 8 giornate dal termine con 9 punti di vantaggio sulla seconda e perdere lo scudetto non è qualcosa di accettabile, soprattutto se si ha a disposizione una rosa come quella della Juventus 1999/2000.
Tutto viene rimesso in discussione già il 26 marzo, quando la Juve perde 2-0 a Milano contro i rossoneri, con doppietta di Shevchenko, mentre la Lazio vince 2-1 il derby e torna a -6.
Nella giornata seguente c'è lo scontro diretto a Torino, risolto da un gol del Cholo Simeone per lo 0-1 che porta i biancocelesti a -3, a 6 giornate dal termine.
Inizia un tira e molla devastante, un finale di campionato dalla crescente tensione e che ha un "sottofinale" il 7 maggio. La Juve ospita il Parma di Malesani, a caccia di un piazzamento europeo.
Dopo un'ora di gioco arriva l'1-0 della Juventus e a segnarlo è proprio Alex Del Piero, di testa. Sembra l'epilogo perfetto per una bella storia di rinascita, il primo gol su azione dopo 567 giorni di digiuno e rigori (ne aveva segnati 8 in campionato). Allo scadere, però, accade un episodio singolare. Sugli sviluppi di un corner, Fabio Cannavaro segna di testa l'1-1, ma l'arbitro De Santis annulla tra la sorpresa generale.
Tutte le moviole faticano a trovare una spiegazione plausibile, la topica del direttore di gara sembra evidente, ma la conseguenza più grave è il definitivo avvelentamento del clima in campionato.
Si giunge così alla gara del Renato Curi, tra un Perugia che sembra molto più motivato di quanto la sua classifica parrebbe suggerire, e poi si scoprirà che il presidente Gaucci (peraltro di fede romanista) aveva minacciato di portare la squadra in ritiro fino al 30 giugno in caso di sconfitta.
Il vero trio protagonista di quella partita, però, è quello formato dal meteo, da Pierluigi Collina e da Alessandro Calori. Il meteo decide di far giungere un improvviso diluvio universale sul Curi a fine primo tempo, quando le squadre sono sullo 0-0. Collina, inviato dai designatori Bergamo e Pairetto per dare lustro e credibilità al finale di campionato, si conferma il miglior arbitro del mondo ma anche una personalità forte, molto forte, che a volte pare flirtare con il protagonismo. Collina fa attendere le squadre per un'ora e venti, prima di decretare che quella partita va ripresa, nonostante la lunga sosta e le dinamiche di contemporaneità già ampiamente saltate (la Lazio aveva già vinto 3-0 contro la Reggina).
Si riprende dunque in un clima sempre più surreale, e su una corta respinta della difesa si avventa Alessandro Calori, una vita trascorsa in difesa quasi sempre per squadre che devono salvarsi. Il centrale toscano, peraltro cresciuto nel mito di Scirea e tifoso juventino, stoppa di petto e fredda Van Der Sar: è l'1-0 che concretizza il clamoroso sorpasso della Lazio.
La Juve ha le gambe pesantissime e non riesce a combinare quasi più nulla, come se non avesse contro il Perugia e il campo pesante, ma anche gli dei del calcio.
Finisce così ingloriosamente per la Juventus, che cede in volata uno scudetto come non le accadeva da tempo immemore, ovvero dal 1975-76 contro il Toro. Anche allora, curiosamente, con uno 0-1 sul campo del Perugia.
Di questa partita del 14 maggio 2000, che tutti i tifosi della Juventus vorrebbero cancellare dalla memoria, mi piace chiudere con un omaggio a Gianluca Pessotto. Al 13' del 2° tempo, ovvero qualche minuto dopo il gol di Calori e dunque con la sua Juve che si vedeva sfuggire di mano lo scudetto, il terzino bianconero corregge l'arbitro che aveva erroneamente assegnato una rimessa laterale alla Juventus. Collina apprezza e gli va a stringere la mano. Un gesto che sembra normale, quasi banale e che invece, nel calcio dei simulatori e dei furbetti, appare come rivoluzionario.