piacenza tutto italiano

Calcio

L'epopea del Piacenza tutto italiano, da Cagni a Mutti

Così come l'idea imprenditoriale alla base: oggi il calcio è più business che passione, e allora fa bene al cuore andare a ripescare una vecchia storia. Vecchia come il Piacenza italiano. Tutto italiano.

Di cosa parliamo? Diverse squadre, dalle grandi realtà a quelle che combattono per evitare la retrocessione, stanno cercando giocatori adatti alle loro esigenze.

In questo contesto, tra numerosi campioni e altrettanti insuccessi, emerge un club che si distingue dalla tendenza esterofila. Si tratta proprio del Piacenza, che con la sua politica identitaria scrive una pagina di storia del nostro calcio.

La scelta del Piacenza: tutti italiani

La saga della formazione emiliana prende vita durante la stagione 1992/93. Gli uomini di Gigi Cagni, vestiti di bianco e rosso, affrontano inizialmente la Serie B. Nonostante un avvio problematico caratterizzato da alti e bassi, le prodezze del goleador Totò De Vitis, autore di ben 19 reti, mantengono viva la speranza di promozione. Il verdetto arriva nell'ultimo atto, con il Piacenza impegnato contro l'Ascoli per il 4° posto, l'ultima porta per la Serie A.

Il Piacenza conquista un 1-0 in trasferta contro il Cosenza grazie a un gol di Simonini e resta in attesa dell'esito dell'altro scontro, tra Padova e marchigiani, presso il vecchio stadio Appiani dei veneti.

I bianconeri prendono subito il controllo con una doppietta straordinaria di Oliver Bierhoff: sembra tutto fatto, ma nella ripresa accade di tutto. L'Ascoli è colpito dalla paura di vincere, si avvicina al traguardo e dunque si sgretola. Simonetta tira fuori il jolly su punizione, e nel finale le reti di Gabrieli e Montrone sommergono di disperazione gli ospiti, regalando una festa indimenticabile a Piacenza: i biancorossi sorpassano i rivali al 4° posto e festeggiano la loro prima storica promozione in Serie A.

Come accade molto spesso, la fine di qualcosa segna l'inizio di tutto: gli emiliani fanno una scelta audace, optando per un organico composto esclusivamente da giocatori italiani.

Nell'estate del 1993, il presidente Leonardo Garilli rinforza la squadra senza eccessi. I biancorossi mantengono in squadra il prolifico De Vitis e acquisiscono in compartecipazione dal Milan il giovane portiere Massimo Taibi e dall'Parma un altro giovane talento: l'attaccante Marco Ferrante.

La prima salvezza di Cagni

In modo paradossale, la retrocessione diventa allora un'opportunità per rafforzare ulteriormente la linea azzurra della squadra guidata da Cagni. Grazie soprattutto ai gol di Pippo Inzaghi, il team conquista immediatamente una nuova promozione.

Il Piacenza potrebbe allora adagiarsi, proseguire con una storia un po' più lineare. E invece... invece giunge il momento di apportare una piccola rivoluzione nella rosa, mantenendo comunque l'assenza di giocatori stranieri nell'elenco. Pippo viene trasferito al Parma, e con lui lasciano la squadra alcuni nomi storici delle recenti promozioni: da De Vitis a Papais, da Iacobelli a Suppa.

Garilli, tuttavia, non ha ceduto per motivi finanziari, ma ha rimesso tutto sul mercato per fornire a Cagni nuove energie. In altre parole, volti nuovi per un progetto rinnovato. Nicola Caccia, Massimiliano Cappellini, Eugenio Corini, Eusebio Di Francesco, Angelo Carbone e Mirko Conte sono tra le nuove aggiunte.

È proprio con questo gruppo che il Piacenza riesce per la prima volta a salvarsi con un paio di giornate di anticipo, sfidando le critiche sul gioco di Cagni, considerato troppo distante dalle nuove tendenze strategiche e privo di campioni in campo, ma con validi elementi funzionali.

Come giocava il Piacenza di Cagni

Cagni sviluppa tatticamente un 4-3-3 a zona mista, definito molto flessibile; in fase di non possesso si trasforma in un 4-5-1 difficile da penetrare. La scelta del presidente, anziché limitarlo, finisce per valorizzarlo. L'obiettivo è la salvezza, e all'inizio della stagione prevale l'ottimismo.

Tra i pali c'è Taibi, con Lucci come libero, Maccoppi come centrale difensivo e Polonia insieme all'ex Napoli Carannante come terzini. A centrocampo, Moretti in cabina di regia, con Suppa e Papais o Iacobelli come mezzali. In attacco, De Vitis, che fatica ad adattarsi alla nuova categoria, viene presto sostituito da Ferrante per formare coppia con Piovani. Con questa formazione tipo, i biancorossi affrontano la Serie A 1993/94.

L'era Bortolo Mutti

Anche qui: bravo chi sa cambiare prima del tempo. Giunge nuovamente il momento di virare la rotta sulla panchina, e ancora una volta Garilli scommette su un volto inedito, Bortolo Mutti, al suo debutto in Serie A. Anche sul terreno di gioco si avverte un soffio di novità. Caccia si è trasferito a Napoli e subentra Pasquale Luiso, poi ricordato come il "Toro di Sora". Pure Corini saluta e va al Verona, così il centrocampo piacentino viene affidato a Giuseppe Scienza.

La stagione si presenta impegnativa, e diventa ancora più complicata con la scomparsa dell'artefice di tutto ciò, Leonardo Garilli (sarà suo figlio Stefano a prendere in mano le redini). Eppure, anche questa volta il finale è un sogno: Luiso, con i suoi 14 gol - tra cui una memorabile rovesciata che assicura la vittoria del Piacenza contro il Milan -, guida la squadra fino allo spareggio contro il Cagliari di Carletto Mazzone, contribuendo con una doppietta alla seconda salvezza consecutiva.

Gli anni successivi confermano la strada intrapresa, con una rosa interamente italiana che, anno dopo anno, genera talenti interessanti destinati poi ad altre destinazioni. Ma il ricambio continua, così come la permanenza del Piacenza in Serie A, che raggiunge il culmine con un 12° posto nel 1999. La filosofia è giusta. Lo testimoniano nuovi arrivi in squadra come Pietro Vierchowod, Giovanni Stroppa, Alessandro Mazzola, e dai ranghi della primavera emergono Alessandro Lucarelli e Simone Inzaghi. Proprio Simone diventa protagonista con 15 gol in quella stagione.

Nel 2000, tuttavia, l'alchimia si esaurisce, e la squadra, prima sotto la guida di Gigi Simoni e poi di Maurizio Braghin, chiude all'ultimo posto con soli 19 gol segnati. Ma non c'è mica un problema, poiché il periodo di purgatorio in Serie B dura solo una stagione, grazie al ritorno di Caccia, che realizza ben 23 gol.

Negli anni successivi

Ciò che sembrava un'illusione si rivelò essere un avvertimento. Il paradigma autarchico del club biancorosso ebbe termine con la terza promozione in Serie A nel 2001/02. L'arrivo dei giovani talenti brasiliani Amauri e Matuzalem segnò l'inizio di una nuova era. Il Piacenza, interamente italiano e artefice di pagine illustri nel calcio nazionale, chiuse definitivamente quel capitolo, come sempre in silenzio, senza clamori.

Questa è la storia di un calcio forse ancorato a epoche passate e di stagioni che oggi appaiono remote. Da allora, il Piacenza non è più riuscito a ripetersi fino alla Serie A. Ha giocato un ruolo di spicco per diversi anni in Serie B, ha attraversato la Serie C, ha conosciuto fallimenti, rinascite, è ripartito dall'Eccellenza, ha fatto ritorno al calcio professionistico, ma nella prossima stagione, dopo una dolorosa retrocessione, oggi affronta la Serie D.