Calcio

Il Pisa di Anconetani

Gli anni d'oro del grande Real? Ecco, più o meno siamo lì. Lì negli anni Settanta e Ottanta, quando il calcio di provincia emanava un fascino unico. È difficile descriverlo a parole, bisognerebbe quasi rivivere quei tempi per comprenderlo appieno. Erano anni d'oro sicuramente per il calcio italiano, un periodo in cui abbondavano i talenti, sia dentro che fuori dal campo, soprattutto tra coloro che gestivano le squadre.

Uno di questi era senza dubbio Anconetani. Sono passati più di 40 anni anni, ma il suo nome è parte integrante di un patrimonio di figure leggendarie, sconosciute solo ai più giovani. Ma partiamo dall'inizio.

L'acquisto del Pisa

Nel 1978, Anconetani acquista il Pisa, un club che amava profondamente e che lascerà solo nel 1995. Alle spalle, un fallimento.

Era un presidente caratterizzato da una forte personalità, sempre pronto a discutere, a farsi sentire. Trattava gli allenatori con un misto di rispetto e familiarità, tanto da sembrare quasi un vecchio amico. Era incredibilmente superstizioso, da sfidare la logica. Ma soprattutto, amava i suoi giocatori con una passione travolgente. Nato nel 1922, la storia di Romeo Anconetani è un mix di intrighi e successi. A 30 anni, il Prato lo accoglie come segretario, ma è nel 1955 che il suo carattere versatile inizia a emergere: tenta di cambiare le sorti di Poggibonsi-Pontassieve, venendo successivamente coinvolto in un caso di corruzione che gli costa l'espulsione a vita. Sembra la fine, e invece questo è solo l'inizio della sua avventura.

Anconetani riesce infatti a ottenere una licenza dalla Camera di Commercio di Pisa, diventando un mediatore. Da zero, costruisce una professione che oggi genera milioni di guadagni. Il vero genio del (poi) Pres. emerge nei corridoi del "Gallia", il luogo delle trattative. Contribuisce all'arrivo di Selmosson a Roma e porta Claudio Sala a Torino, guadagnando il cinque percento da ogni affare. Presto, può permettersi di costruire la casa dei suoi sogni a Pisa. E molto altro.

Vivendo all'ombra della Torre pendente, la proposta di Rota sembra un'opportunità perfetta per Anconetani: acquistare la società nerazzurra. Diventa proprietario della squadra (anche se non presidente) fino al 1982. Dopo la vittoria del Mondiale, grazie a un'amnistia, ritorna a dirigere il club di persona.

Gli acquisti passati alla storia

La storia di Anconetani è un racconto di astuzia, ambizione e resilienza, che lo ha visto navigare tra le acque turbolente del calcio italiano con destrezza e determinazione. E con decisionismo, a volte fin troppo estremo. In 16 anni, cambiò di fatto ben 22 allenatori, dimostrando mano pesante nella gestione tecnica del club. Non tutti furono destinati a restare a lungo sotto la sua guida: un esempio emblematico fu quello di Boniek, il cui passaggio al club durò solo tre ore e mezzo dopo la firma del contratto.

Molti raccontano che Anconetani, in quegli anni, non fosse mai particolarmente gentile, neanche con la stampa. Aveva un atteggiamento ossessivo nel voler controllare tutto, e viveva nel terrore di essere controllato a sua volta. Con i giocatori, il rapporto oscillava tra l'essere il loro migliore amico un giorno e far sentire loro il peso della sua autorità il giorno successivo. Bastone e carota, senza concessioni o preavvisi.

Anconetani aveva però una dote indiscutibile: sapeva riconoscere il talento calcistico. Poche persone ricorderanno l'olandese di ferro Kieft, ma il Pres. lo acquistò per 760 milioni e lo rivendette per 5 miliardi. Allo stesso modo, il suo colpo per la Serie A, Berggreen, fu un successo. Il più bello fu probabilmente Carlos Dunga, successivamente campione del mondo nel 1998. Anconetani lo acquistò per 600 milioni e la Fiorentina lo riprese per un miliardo. Persino Diego Simeone passò da Pisa, diventando poi uno dei centrocampisti più forti di Lazio e Inter.

La cerimonia del sale

Anconetani era convinto che parte della buona sorte era in virtù di una buona scaramanzia. Altro episodio emblematico: quando condusse tutto il gruppo alla Madonna di Montenero. Mentre molti mostravano volti scettici, solo Anconetani comprendeva l'importanza di quel momento e il suo significato simbolico.

Ma l'arte scaramantica di Anconetani si manifestò anche e in particolare in altre occasioni, come la volta in cui replicò una scena alla Oronzo Canà nel mondo reale: durante un'importante partita contro il Cesena nel dicembre del '90, Anconetani fece spargere ben 26 chili di sale sull'erba dello stadio Garibaldi. Risultato: il Pisa vinse nettamente contro i romagnoli, dimostrando che la superstizione di Anconetani aveva avuto un impatto positivo.

Il Pisa era tutto, per lui. Pensiero di giorno e notte. E manie di controllo: da lui passavano tutte le decisioni e le notizie, dimostrava una certa presunzione nel correggere anche i giornalisti, dando loro indizi su cosa scrivere per mantenere la presunzione di avere una stampa completamente favorevole. Una lucidissima illusione.

I risultati con il Pisa

Quattro promozioni in Serie A e una Mitropa Cup: questo fu il palmares di Romeo Anconetani, in carica fino al 1994. Quell'anno segnò una drammatica svolta: il fallimento del club fu un duro colpo, caratterizzato da un disastro finanziario a cui nessuno riuscì a porre rimedio. Nonostante il rapporto con i pisani e con gli uomini del calcio Anconetani, pur essendo una figura autorevole, non poté evitare il tracollo.

Dopo il fallimento, Anconetani trovò rifugio nel Genoa e nel Milan, che lo accolsero come consigliere. Tuttavia, il suo carattere deciso e le sue convinzioni non sempre furono ben accolte in un calcio che cambiava rapidamente, lasciando indietro coloro ancorati a ideali consolidati.

Cinque anni dopo la caduta, nel 1999, Anconetani si spense in silenzio, dopo una settimana di coma causato da una malattia. Il Pisa fu avvolto dal dolore e dai ricordi, ma la storia del Presidente continua a riverberarsi ancora oggi, tra le strade della città, nelle università e allo stadio Garibaldi. Durante le partite più importanti, qualche granello di sale viene ancora lanciato dagli spalti.

La stagione migliore del Pisa: 1982-1983

L'annata più indimenticabile? A proposito di anni d'oro: ne sono passati più di quaranta. Nella stagione 1982-1983, il Pisa si ritrova a disputare il campionato di Serie A per la seconda volta nel dopoguerra, dopo la promozione ottenuta nella primavera del 1982. Anconetani affida la panchina al tecnico brasiliano Luís Vinício, la squadra si rinforza con importanti acquisti, tra cui l'ala destra della nazionale danese Klaus Berggreen e il centravanti Guido Ugolotti, oltre all'incognita uruguaiana Jorge Caraballo.

L'inizio della stagione sembra promettente, con due vittorie e tre pareggi nelle prime cinque giornate. Però, con l'avanzare dell'autunno, il Pisa incappa in alcune sconfitte, tra cui quelle contro squadre di alto livello come Juventus e Roma. Nonostante alcune vittorie importanti contro Cesena e Ascoli, l'anno nuovo inizia con due sconfitte contro Torino e Fiorentina.

La svolta arriva con la vittoria cruciale contro l'Ascoli, seguita da una serie di mesi difficili senza successi. Il punto più basso della stagione? 24 aprile: caduta rovinosa sul campo dell'Avellino, con lo spauracchio della retrocessione. Qui arriva una reazione d'orgoglio pazzesca, che nelle ultime tre giornate permette ai nerazzurri di ottenere quattro punti vitali, garantendo la salvezza e l'undicesimo posto finale. Il miglior risultato di sempre nella storia nerazzurra.