Calcio

Platini diventa re: Francia-Spagna 1984

D'accordo, il nostalgismo non ha senso a prescindere. La nostalgia però sì. Soprattutto se è (praticamente) sugli stessi eventi che si scorge la distanza tra il passato che fu e il presente che già non è più.

Il 15 luglio del 2018 la Francia vince il suo secondo titolo mondiale, battendo in finale una stoica ma più debole Croazia per 4-2.

Al triplice fischio dell'arbitro, la reazione di gran parte dei giocatori bleus è oltremodo pacata. Qualche balletto, con Pogba a fare da apripista, molti selfie, un morso alla medaglia e un bacio alla coppa. Ma mica lacrime di gioia, mica mani al cielo che chiedono - e anzi implorano - alla divinità di riconoscere lo sforzo, la titanica fatica. Non è sempre stato così.

Una gioia così grande, un condottiero così umano

Il 27 giugno del 1984, al Parco dei Principi di Parigi, laddove l'Europa liberale e democratica è sorta sul calare del XVIII secolo, la Francia affronta la Spagna nella finale degli Europei svoltisi quell'anno.

Nonostante i favori del pronostico, dopo aver disputato un torneo praticamente perfetto, i galletti scendono in campo con la pressione tipica di chi a) si gioca in casa la possibilità di fare la storia - e quindi, eventualmente, di scriverla in negativo - e b) di vincere per la prima volta un titolo internazionale. Mai prima di allora, la Francia aveva vinto un Europeo o un Mondiale - dovrà aspettare altri quattordici anni, per vincere la tournée iridata, curiosamente sempre dinnanzi al proprio pubblico.

Quella Nazionale era guidata non da un fuoriclasse de seul pieds come Paul Pogba, ma di pieds polis, et de gran tempérament aussi come Michael Platini. Noi oggi non siamo in grado di percepire - nemmeno di pensare - la portata di quel talento.

Usi a un gioco fisico, atletico, dinamico, giudichiamo - anacronisticamente - lenti, compassati, financo debolucci i grandi del passato. È un giochino che non funziona. Non funziona a prescindere, ma non funziona mai e poi mai con Michael Platini, meglio conosciuto come Le Roi, il Re. Platini quella finale la deciderà, come suo solito. Quello segnato al povero Arconada, pure capitano della Roja, è un gollonzo di dimensioni epiche. Il tiro di Platini, su calcio piazzato, è infatti preciso sì, ma privo di inerzia. Arconada prima blocca, poi si gira impaurito perché il pallone lo ha bucato sotto l'ascella del braccio sinistro.

L'esultanza, e l'animo dolce, di Michael Platini

Come esulta Platini? Vi consigliamo di rivedere le immagini dell'epoca sul sito dell'UEFA. Le Roi cade a terra e alza le braccia al cielo. Vi cade poggiando le ginocchia sul terreno, come la domenica alla messa, al rintocco delle campane, si accoglie a capo chino e gambe piegate il mistero della Resurrezione di Nostro Signore.

Per Platini è il nono rintocco. La nona rete di una tournée che ha dominato in lungo e in largo, dimostrando di meritare il secondo degli storici tre Palloni d'Oro vinti in quegli anni - 1983, 84 e 85, tutti indossando la maglia della Juventus. Ma di quella maestà, di quella classe sconfinata, non rimane infine che il gesto umile, garbato, dettato da un cuore puro, di gettarsi a terra e prendere l'abbraccio dei compagni, che lo stringono dando ulteriore significato a quel momento.

In quella stretta è come simboleggiato l'arco di una Nazione intera, che aspettava questo momento da molti anni. Per la povera Spagna, non rimane che la consapevolezza di essersi spinti laddove i pronostici non avrebbero osato. A nulla sono serviti i traversoni, pure pericolosi, di Santiago Urquiaga, o la testa capricciosa ma velenosa di Santillana. Curiosamente, a chiudere quella partita dopo il gol di Platini sarà un francese col nome di un latino: Bruno Bellone, quasi allo scadere, con un docile cucchiaio mancino che decreta l'esito dei giochi una volta per tutte.

"È stato il primo titolo ufficiale vinto dalla Francia in uno sport di squadra, un grande momento per il calcio e lo sport francese".

"Abbiamo iniziato a credere di far parte di una fascia di livello alto dopo aver perso in semifinale contro la Germania nella Coppa del Mondo del 1982. Avevamo raggiunto un punto in cui il calcio francese poteva onestamente esclamare 'hey, siamo a un ottimo livello'. Prima di quella gara non ne eravamo consapevoli. Inoltre eravamo guidati da un grande tecnico come Michel Hidalgo con cui abbiamo espresso un calcio meraviglioso. La finale è stata ancor più difficile perché la Spagna ha giocato molto bene. Abbiamo sfruttato un calcio di punizione e [Luis] Arconada ha commesso un piccolo errore. Per una volta ci è andata bene".

Ma non di solo Platini vivono i bleus. A disposizione di Michel Hidalgo troviamo nomi destinati a fare le fortune della Nazionale anche negli anni a seguire. Qualcuno la definirà la jeunesse dorée, già affacciatasi alla storia del calcio nel 1982, nel mondiale poi vinto dall'Italia: Tigana, Fernandez e Giresse a centrocampo. Lacombe e Bellone, appunto, davanti. Insieme a Le Roi, certamente. Autore di nove reti, come detto, di cui due triplette. Ma anche di un carattere che non si trova spesso in chi è così bravo col pallone tra i piedi. Come se la poesia del gioco incontrasse la logica e la fermezza di chi comanda dal di fuori. Platini era insieme in uno. Questa è davvero nostalgia.