L'amichevole di Miami contro il Venezuela ha segnato una serie di esperimenti da parte di Luciano Spalletti su cui bisognerà ancora lavorare, ma soprattutto la conferma del centravanti imprescindibile per l'Italia: Mateo Retegui.
È curioso notare come il giocatore che è apparso più imprescindibile per lo schieramento azzurro sia proprio quello che si è formato in una scuola calcistica di un altro paese.
Ma forse è proprio perché non è di formazione italiana che Retegui è il centravanti migliore per l'Italia.
La cronica mancanza di un centravanti in grado di tramutare in gol il gioco espresso dalla nazionale azzurra è stato un cruccio, prima che di Spalletti, anche di Mancini e pure di Ventura. A dirla tutta nemmeno Antonio Conte era messo bene da questo punto di vista, se abbiamo dovuto affrontare un Europeo con Pellé, Zaza ed Eder, con tutto il rispetto.
Incredibilmente, in questi anni in cui abbiamo potuto godere delle geste in campionato di uno dei migliori realizzatori della storia del calcio italiano, Ciro Immobile, che però in Nazionale non è mai riuscito ad esprimersi sugli stessi livelli.
Quando a fine 2022 è apparso sui radar questo centravanti argentino di origini italiane in forza al Tigre la situazione era talmente disperata che non ci si è pensato due volte ad offrirgli di vestire la maglia azzurra. D'altra parte le prospettive di vestire la maglia dell'Argentina, chiuso da giocatori del calibro di Lautaro Martinez o Julian Alvarez appariva abbastanza remota per un giocatore in grado sì di vedere la porta, ma dal bagaglio tecnico abbastanza limitato.
Ecco quindi che l'Italia ha accolto l'ultimo di una lunga schiera di attaccanti oriundi, nonostante gli ultimi rappresentanti della categoria, gli italo-brasiliani Eder e Joao Pedro, non avessero lasciato ricordi memorabili.
Le prime presenze con la maglia azzurra sono state folgoranti: due gol in due partite, contro Inghilterra e Malta. Il connubio tra Retegui e l'Italia sembrava così abbastanza proficuo da trasferirsi nella penisola anche in termini di squadra di club: in estate viene così ingaggiato dal Genoa, squadra che vanta una certa tradizione di centravanti argentini, di cui tra gli ultimi esponenti possiamo citare Palacio e Milito.
Sotto la guida di un allenatore con un grande passato da attaccante come Gilardino Retegui è migliorato moltissimo sotto il punto dell'apporto che da alla squadra, come si è notato in Italia-Venezuela: sempre pronto a portare il primo pressing sul portatore di palla, attento sui colpi di testa in difesa sulle palle inattive, bravo a creare spazi per l'inserimento dei compagni. Tutte cose che i bravi attaccanti imparano sempre a fare al meglio quando giocano in Italia.
Ma a differenza dei centravanti italiani, Retegui non è cresciuto con queste idee a livello di giovanili, le ha assimilate solo in seguito!
Oggi i ragazzi italiani, forse perché in genere fisicamente svantaggiati rispetto a tanti coetanei stranieri, diventano bravissimi nel leggere il gioco e nel giocare di squadra, ma non coltivano l'istinto e il piacere della giocata personale, il gusto del gol.
Retegui, pur non eccellendo dal punto di vista tecnico, contro il Venezuela ha segnato due gol da "centravanti puro", come si ama definirli: un tocco a controllare il pallone, mentre sta già posizionando il corpo, e tiro immediato a rete. Senza pensarci troppo, senza aspettare che il pallone sia nella posizione ottimale, senza sistemarlo con un altro tocco o spostarlo lateralmente per evitare un difensore che chissà se potrà mai intervenire.
Rapidità e istinto, in una misura tale che ricorda, con le dovute proporzioni, altri centravanti sudamericani come Lautaro Martinez, Darwin Nunez o Gabriel Jesus. Distante anni luce per mezzi tecnici da questi giganti, ma con la stessa reattività di pensiero.
Reattività che invece i giovani italiani sembrano perdere sempre di più: ad osservare Retegui dalla panchina a Miami c'era Lorenzo Lucca, a casa davanti al televisore Andrea Pinamonti. Due centravanti tecnicamente molto più dotati di Retegui e tatticamente utilissimi per le proprie squadre, che in campionato hanno pure segnato più di lui (al netto di qualche problema fisico del genoano). Ma sempre colpevoli di un tocco in più, di un pensiero di troppo, di un pizzico di cattiveria e di legittimo egoismo mancanti per risultare davvero decisivi.