Buenos Aires, la Capitale Argentina. Una provincia con qualcosa come quindici milioni di abitanti al suo interno, tutti con un'unica passione: il calcio.
Perchè il pallone da queste parti è una cosa seria e quando si parla di tifo, ci sono solo due risposte possibili: River Plate o Boca Juniors.
Ovvero, il "Superclásico", il derby più importante, appassionato, sentito e combattuto del mondo.
Il porto di Buenos Aires è da sempre crocevia di mondi diversi, specie a inizio novecento quando da queste parti sbarcavano file di immigrati in cerca di fortuna oltre mercantili e navi commerciali di ogni tipo. Proprio davanti alla Boca (il porto), nascono due delle realtà destinate a cambiare la storia di quel paese.
Da una parte il River Plate, che altro non è se non il "Rio della Plata", detto all'inglese, così come era scritto nelle casse trasportate dagli stessi marinai inglesi che si fermavano a giocare a pallone su quel molo.
Dall'altra il Boca Juniors, fondato invece da alcuni immigrati italiani, provenienti da Genova e dalla Lucania, che scelsero gli storici colori giallo e blu della maglia, proprio in base alla prima nave che arrivò al porto quel giorno: la Regina Sophia, battente bandiera svedese.
E come in tutte le rivalità che si rispettino, ogni sponda incarna i valori di una parte del popolo che la rappresenta: i "xeneizes" (i genovesi appunto) del Boca, sono icona del lato più popolare di Buenos Aires, e i "millionarios" (i milionari), che come dice il nome stesso, erano invece quella parte più abbiente della società argentina dell'epoca.
Ora certo le differenze sociali sono più smussate e meno nette da ambo le parti, ma resta quella divisione netta del tifo, che si incontra solo nei momenti topici della stagione: una volta a "La Bombonera" (il mitico stadio del Boca, quello che ogni volta trema insieme ai salti dei suoi supporters), un'altra al "Monumental" (l'impianto del River, il più grande dell'Argentina con 68 mila posti disponibili).
Prima di pensare al lato più romantico della sfida (sfociato però spesso in episodi drammatici), c'è un bilancio che consegna alla storia i numeri di questo scontro tra i due migliori club argentini della storia.
Il River guida la classifica per quanto riguarda il campionato, con 38 vittorie contro le 35 dei rivali, mentre è il Boca in vantaggio per quanto riguarda la Coppa Libertadores (6 contro 4).
Genovesi avanti anche per quanto riguarda la Coppa Intercontinentale, che si sono portati a casa ben 3 volte (un record condiviso solo con Milan, Nacional, Penarol e Real Madrid), contro l'unica vinta dal River.
Ancora più combattuto il bilancio degli scontri diretti tra le due compagini:
Numeri da battaglia vera, risolta spesso con il minimo scarto. E purtroppo, altrettanto spesso, vissuta in maniera fin troppo accesa dalle due tifoserie.
C'è una cosa da dire: niente è più emozionante di vedere questa sfida in uno dei due stadi che traboccano di passione e tifo. Due tifoserie che sono l'anima di questo paese e che vivono il Superclasico in maniera totale e viscerale. Con pregi e difetti della cosa.
I pregi sono che entrare alla Bombonera o al Monumental è un'esperienza quasi mistica per gli amanti di questo sport (e non solo). I difetti sono che, non a caso, questo è anche considerato uno dei derby più pericolosi del mondo.
Basti pensare all'enorme tragedia consumata nel giugno del 1968, quando all'uscita del Monumental, i tifosi del Boca rimangono bloccati al cancello con una calca inaudita in cui trovano la morte ben 71 persone (con un'età media di appena diciannove anni...). La "puerta 12" (il gate di uscita dove si svolse la tragedia), aprirà nuove ferite e nuovi conflitti tra le due parti.
Di altro genere l'assalto dei tifosi del Boca ai giocatori del River, proprio all'interno della Bombonera durante una sfida nel 2015. Armati di spray urticante colpirono i giocatori avversari nel tunnel di ingresso, causando diverse ustioni.
E si arriva fino all'ultima finale di Libertadores nel 2018, dove proprio Boca e River si contendono il titolo per la prima volta nella loro storia. Un'occasione unica che porta però anche ad esasperare gli animi dei tifosi.
Prevenire è meglio che curare, penserà il Premier Mauricio Macrì (nonchè ex presidente del Boca), che decide di chiudere entrambi gli stadi e far giocare le finali di andata e ritorno a porte chiuse. Decisione logica, ma poco saggia, visto che i tifosi non ne vogliono sapere e si presentano comunque in massa fuori dallo stadio.
L'andata alla Bombonera si chiude sul 2-2 in campo, ma fuori solo per miracolo non accade niente, con una folla immane proprio intorno alle mura dello stadio che incita senza sosta dall'inizio alla fine. Al ritorno la situazione sarebbe ancora più pericolosa e seria, tanto che la decisione è di giocare la partita addirittura al Santiago Bernabeu di Madrid. Vincerà poi il River ai supplementari, ma questa è un'altra storia.
Di questa rivalità, ne hanno respirato l'aria alcuni tra i più grandi campioni della storia del calcio. L'Argentina ha come sappiamo dato alla luce molti dei talenti che abbiamo apprezzato poi anche in Europa, e quasi tutti hanno indossato ovviamente una delle due casacche delle squadre più forti del paese.
Con la maglia della riga rossa ha giocato per esempio uno degli attaccanti più forti di sempre, Alfredo Di Stefano (poi consacrato eroe nel Real Madrid), così come Omar Sivori e poi più avanti Daniel Passarella fino a recenti Hernan Crespo e Gonzalo Higuain.
Dall'altra parte invece, a muovere i suoi primi passi con la maglia giallo blu, fu niente meno che Diego Armando Maradona. Un idolo che fa sfigurare poi i vari Martin Palermo (miglior realizzatore della storia del Boca con 236 reti), Riquelme o Tevez.