Il primo non si scorda mai. Se arriva nell'anno in cui tutto sembra davvero possibile, quando hai ultimato un mercato faraonico e hai cresciuto talenti mostruosi in casa, allora è semplicemente la missione perfetta, e resa possibile da un mago come Eriksson.
Eccolo, il 2000: il nuovo millennio che si apre con un campionato diverso da tutti gli altri. Non solo perché lo vince la Lazio, ma perché lo perde la Juve. Che abituata a fallire non è di certo.
Perugia e la pioggia, a distanza di oltre 20 anni, sono esattamente questo: un bruttissimo sogno bianconero, uno meraviglioso in biancoceleste. Ma come si arrivò a quell'epilogo? Con un percorso a ostacoli, amarcord incredibile ancora oggi.
Partiamo da qui. Dalle "sette sorelle", considerate le protagoniste principali. La prima a provare a staccarsi? L'Inter. Dopo quattro vittorie nelle prime cinque partite, i nerazzurri presero infatti il comando da soli a ottobre. Del resto, sembrava almeno inizialmente che corressero in solitaria. Almeno fino a inciampare. Ecco che infatti le sconfitte contro il Venezia nel derby milanese compromisero la super partenza.
Ecco che allora, alla settima giornata, la Lazio iniziò ad assaggiare certe altezze: la squadra biancoceleste prese subito la vetta, e con tre punti di vantaggio sulla Juventus parevano in volo. Naturalmente, l'imprevisto covava dietro l'angolo: rovinosa caduta nella stracittadina del 21 novembre, bianconeri appaiati in cima alla classifica e... altro incubo.
Un breve pareggio all'inizio di dicembre portò anche la Roma in testa, ma il loro sogno svanì rapidamente. Per questo, alla fine dell'anno, fu la squadra di Eriksson a guardare tutti dall'alto verso il basso.
Il quadro alle spalle delle prime posizioni mostrava intanto il Parma in buona forma, mentre Bari, Perugia e Bologna si posizionarono nella metà inferiore della classifica. Il Lecce fu sorprendentemente al passo con Udinese e Fiorentina.
Nel mentre, continuava la sfida al vertice. La Reggina contribuì alla vittoria della Juve del titolo d'inverno, il contraccolpo in un paio di giornate successive fu ben assorbito dai bianconeri. Che tennero botta anche dopo le sconfitte con il Milan e nello scontro diretto.
A tal punto da pensare di avere lo scudetto tra le mani, quando un pareggio straordinario a Firenze sembrò mettere in ombra la rimonta della Lazio e Ancelotti e la sua squadra riuscirono a mettere il turbo, accumulando un vantaggio di cinque punti.
I biancocelesti, all'ultima curva, si portarono a soli due punti. Così l'epilogo del campionato si concentrò nell'arco di 90 minuti finali: la Lazio aveva già trionfato contro la Reggina, quando la partita della Juventus a Perugia fu sospesa all'intervallo a causa delle avverse condizioni del campo causate dalla pioggia incessante.
Nonostante le proteste sia dalla parte della Juventus che da altri, l'arbitro Collina decise di far riprendere il gioco dopo oltre settanta minuti di attesa. Un gol di Calori, il capitano del Perugia, segnò la sconfitta della Juventus, consegnando così il titolo di campione d'Italia alla Lazio.
Questo fu il secondo scudetto per la squadra romana, a ventisei anni di distanza dal suo ultimo trionfo.
Nella stagione 1999-2000, l'Udinese affidò le redini del gruppo all'allenatore Luigi De Canio. La squadra ottenne un totale di 50 punti, piazzandosi all'ottava posizione in classifica, il che garantì loro la partecipazione alla Coppa Intertoto nella stagione successiva. Tuttavia, alcuni eventi importanti caratterizzarono l'annata dei bianconeri.
Durante il periodo estivo, l'Udinese cedette infatti il talento principale Marcio Amoroso al Parma in cambio di un considerevole compenso finanziario, oltre al giocatore Stefano Fiore. Nonostante un buon avvio di campionato, un infortunio subito da Martin Jorgensen e una leggera diminuzione di intensità portarono a un calo delle prestazioni complessive della squadra.
Questo calo di rendimento ebbe un impatto diretto sulla mancata qualificazione alla Coppa UEFA, che sembrava largamente alla portata, soprattutto per il modo di giocare dei friulani.
A fine stagione, infatti, l'Udinese fu tra le squadre che ebbero un impatto maggiore su tutto il campionato. La coda, del resto, dell'operato di Zaccheroni e dei suoi fasti in bianconero.
Shevchenko fece il suo debutto nel Milan proprio in questa stagione: fu il 21 agosto 1999 durante la Supercoppa italiana contro il Parma, con il Milan che alla fine perse 1-2.
La sua prima apparizione in Serie A avvenne il 29 agosto nella partita tra Lecce e Milan, terminata con un pareggio 2-2. Fu in questa partita che segnò il suo primo gol indossando la maglia rossonera.
Il 23 ottobre segnò una rete cruciale in un derby contro l'Inter, contribuendo così alla vittoria per 2-1 del Milan. Nel corso della stagione, continuò a segnare e accumulò altre 22 reti in campionato.
Tra le sue prestazioni più notevoli ci furono le triplette contro la Lazio e il Perugia. Questi successi gli valsero il titolo di capocannoniere. E ciò che rese il suo risultato ancora più impressionante è che divenne solo il secondo straniero, dopo Platini, a vincere la classifica marcatori nella sua stagione inaugurale nel calcio italiano.
La sua straordinaria performance non passò inosservata, e nel dicembre 1999 si classificò al terzo posto nella corsa per il Pallone d'oro.