Calcio

La prima finale europea: URSS-Jugoslavia 1960

Viktor Ponedelnik era uno qualsiasi, un giocatore dalle belle speranze, neanche troppo comprese. Prima dell'Europeo del 1960, non era mai stato convocato in nazionale.

Poi capita che un paio di settimane prima del torneo rifili un 'hat-trick' in un'amichevole, una di quelle di preparazione, e che da solo arrivi a sconfiggere la Polonia. Boom: è un successo. E tutti s'innamorano di lui.

Quella tripletta contro la Polonia gli vale non solo la considerazione, ma soprattutto il posto da titolare nel torneo finale a quattro squadre in Francia. L'attaccante, da sconosciuto a rivelazione, rispose segnando nuovamente nella vittoria per 3-0 in semifinale, contro la Cecoslovacchia. Il cielo con un dito, salvo poi andare un po' più su: è il quinto gol con la nazionale, quello per cui è maggiormente ricordato.

Il gol che consacra Ponedelnik

Prima di avventurarci in questa storia, consideriamo ancora il contesto. E' la Coppa delle Nazioni Europee di calcio del 1960. Si gioca in Francia, il tutto si svolse in due città. All'iscrizione si presentarono diciassette squadre, con rinunce a dir poco clamorose: a mancare era l'Italia, l'Inghilterra, la Germania Ovest.

La formula del torneo prevedeva semplicemente dei turni a eliminazione diretta. Gare di andata e ritorno. Poi le semifinali, quindi le finali: ma gare uniche.

Nell'ultimo atto, arrivarono Unione Sovietica e Jugoslavia. Quando mancavano appena sette minuti alla fine dei tempi supplementari nella partita per il titolo al Parc des Princes, con il punteggio fermo sull'1-1, un colpo di testa di Ponedelnik regalò il titolo all'URSS. Nessuno lo seppe, non subito, non in Patria. La partita iniziò alle dieci, ora russa, e finì oltre mezzanotte. Il giorno più bello di Ponedelnik divenne quello dopo.

L'Europeo del 1960

Due risposte a bruciapelo a due domande che vi starete ponendo. La prima: perché alcune nazionali rinunciarono al torneo? Le grandi squadre, quelle che penseranno di contendersi il titolo mondiale, non vogliono interferenze con la preparazione del torneo. La seconda: come ci arrivò, l'Unione Sovietica, in finale? E la Jugoslavia? Calma. C'è tempo per raccontare tutto. E partire proprio dal percorso.

Per l'URSS il primo passo è semplice, con l'Ungheria. Lo stesso per la Jugoslavia contro la Bulgaria, facile pure il doppio confronto con un debole Portogallo. Ecco: ai quarti è certamente l'URSS a generare tensioni maggiori. Il sorteggiomette di fronte la nazionale sovietica e quella spagnola. Il caudillo Francisco Franco - personalmente - non concede alla sua nazionale la possibilità di recarsi in URSS, proprio come aveva fatto con il Real Madrid (pallacanestro) nel 1958, quando era atteso a Riga per la semifinale di andata della prima Coppa dei Campioni di basket. I sovietici approdano alla fase finale, che si sposta su territorio francese.

Doppio 3-0 a tavolino. Sovietici che che trovano la Cecoslovacchia e vincono agilmente. Jugoslavia che deve inventarsi un trionfo irreale, tutto in tre minuti: con la Francia, a Parigi, è 5-4.

La finale

La prima finale dell' Europeo UEFA arriva così dopo un'incredibile rimonta e dopo le super parate di Yashin. LL'epilogo si preannunciava incredibile, spettacolare. In particolare: impronosticabile. E infatti, inizialmente, l'intelligenza tattica e il tocco degli jugoslavi permettevadi controllare la partita e di dare tempo e spazio a Dragoslav Šekularac e Bora Kostić, che facevano lo stesso ottimo lavoro svolto in semifinale. Dopo 43 minuti, è ancora Galic a portare avanti la nazionale jugoslava.

Yashin iniziò quindi a salire in cattedra: il suo spettacolo di parate e interventi, specialmente sulle punizioni di Kostić, mantenne viva la sua squadra. Il suo omologo jugoslavo, Blagoje Vidinić, non ebbe altrettanta fortuna poiché gli sfuggì un tiro da lontano di Valentin Bubukin. Permise il pareggio di Metreveli a inizio ripresa.

Valentin Ivanov ebbe un'ottima occasione tre minuti prima del termine, ma non riuscì a evitare i tempi supplementari, durante i quali la Jugoslavia ebbe un'ottima occasione con Jerković davanti alla linea di porta. Fu un errore pazzesco, che alla fine risultò decisivo. Ponedelnik, infatti, poco dopo non avrebbe perdonato, regalando un titolo incredibile all'URSS.

La figura di Ponedelnik

Ponedelnik, lo sconosciuto, ricoperto di gloria. Fu il primo giocatore a essere convocato nella nazionale dell'Unione Sovietica mentre militava in un club di seconda divisione. Un nome che oggi varrebbe un meme: vuol dire "lunedì", e risale al XIX secolo, quando l'Imperatore Alessandro II abolì la servitù della gleba in Russia. I nomi dei vecchi servi furono registrati in un libro di contabilità, ma, secondo la leggenda, un impiegato ubriaco mescolò le colonne in qualche momento e scrisse il giorno della settimana al posto del cognome. Così nacque la dinastia Ponedelnik.

Gli antenati di Viktor Ponedelnik si stabilirono a Rostov sul Don, dove Viktor nacque nel 1937. Aveva quattro anni quando la città fu invasa per la prima volta durante la Seconda Guerra Mondiale e trascorse il resto della guerra a Tbilisi prima di tornare a casa. Lì, riuscì a ottenere una sorprendente e straordinaria ascesa dopo aver iniziato la sua carriera a 19 anni nel FC Rostselmash, una squadra di lavoratori di una fabbrica di mietitrebbie. Il club giocava nella quarta divisione sovietica, ma il suo talento offensivo attirò l'attenzione dei selezionatori nazionali.

Poco dopo il suo 21º compleanno, nel 1958, Ponedelnik divenne così il primo giocatore di "Serie B" a essere convocato in nazionale. E presto passò a giocare nella massima categoria, trasferendosi nella capitale per giocare nello SKA, la squadra dell'esercito. Aiutò il club a terminare al quarto posto nella sua prima stagione e di nuovo si distinse a un livello impressionante nella seconda, che si concluse con la sua partecipazione alla prima edizione del Campionato Europeo.