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Calcio

Il leggendario Vicenza di Guidolin: dalla Coppa Italia fino al sogno europeo

Francesco Guidolin ha sempre dato come allenatore l'idea della fatica. Non per forza in senso negativo, anzi: non te la metteva giù semplice, ma ti spiegava fin dall'inizio che per arrivare in fondo bisognava sudare e correre. Poi sarebbe toccato agli avversari trovare una soluzione, intanto però testa bassa e pedalare.

Non a caso al tecnico di Castelfranco Veneto piaceva tantissimo il ciclismo, si potrebbe dire addirittura che il calcio fosse il suo diversivo alle due ruote e alle salite: quante volte poi abbiamo visto Guidolin ospite di qualche post-tappa al Giro d'Italia, sempre con cognizione di causa.

Tuttavia le sue squadre non erano composte solo da undici podisti che correvano a testa bassa senza fantasia, anzi. Nelle orchestre che creava Guidolin c'era ampio spazio anche per i geniacci, come in quel quadriennio irripetibile tra il 1994 e il 1998 quando con il Vicenza raggiunse traguardi insperati.

Incontri in aeroporto

Guidolin da calciatore era stato un buon cursore di centrocampo con una carriera trascorsa in gran parte in Veneto, a casa sua.

Qualche comparsata in Serie A, era arrivato anche a vestire la maglia della nazionale under-21, ma senza poi sfondare mai davvero ad altissimo livello.

Il grande pubblico inizia a conoscerlo quando all'inizio del campionato 1993-94 l'Atalanta lo sceglie come allenatore in Serie A. Guidolin si è sparato tutta la classica gavetta nelle categorie inferiori e quello è davvero il grande balzo: peccato che la Dea dopo un grande inizio con due vittorie nelle prime tre giornate (incluso un 5-2 al Cagliari) via via si sciolga come un gelato.

La sconfitta 5-1 di Lecce al decimo turno di campionato sancisce la fine del rapporto tra il tecnico veneto e l'Atalanta, che vira su Prandelli e alla fine retrocederà comunque in B.

Ci vuole una nuova sfida per Guidolin, che nell'estate firma con un club sempre delle sue parti: il Vicenza.

Il presidente Pieraldo Dalle Carbonare, imprenditore nel settore tessile, ha fama un po' di mangia-allenatori, ma piano piano ha riportato la squadra quantomeno nella serie cadetta. Ce l'ha, diciamo così, un po' su con quel tecnico che da avversario aveva "purgato" più di una volta il suo Vicenza.

In realtà il primo contatto tra il presidente e Guidolin era avvenuto dal vivo in un'occasione curiosa, l'anno precedente in aeroporto: il giorno di Lecce-Atalanta, partita ferale per la Dea e per il tecnico, oltre che di Fidelis Andria-Vicenza, dove anche i biancorossi erano usciti sconfitti. Una chiacchiera, due battute, forse la promessa di risentirsi, poi avverata.

Per quattro stagioni il Vicenza di Guidolin sarà uno spauracchio per chiunque, anche in Europa.

La Coppa Italia

La base il Vicenza, non più Lanerossi ormai, in realtà ce l'aveva già.

Era stata costruita da un altro grande allenatore "da provinciale" come Renzo Ulivieri, capace di portare i biancorossi in Serie B. In mente però rimanevano le annate con Paolo Rossi, quel secondo posto nel 1978 rimasto un po' una meteora nella storia del club e mai più non solo bissato, ma nemmeno sfiorato.

I ritocchi che apporta Guidolin sono minimali, partendo da un gioco a zona e da un 4-4-2 che più tipico non si può. Dal Genoa arriva il centravantone Roberto Murgita, ma è soprattutto la fascia destra che viene ridisegnata con due colpi chirurgici: Maurizio Rossi, esterno offensivo dall'Aosta con un cognome sempre apprezzato a Vicenza, e Luigi Sartor, sbolognato nientemeno che dalla Juventus.

Il campionato è una cavalcata assolutamente fuori da ogni aspettativa, con il portiere Sterchele che prende appena 3 gol nelle prime 12 giornate. Il resto davanti lo fa Murgita, che si scopre bomber implacabile e chiude con 19 reti. Partito senza grandi pretese, il Vicenza chiude al terzo posto con appena 4 sconfitte in 38 partite e si guadagna meritatamente la Serie A.

I ritocchi per la massima categoria sono minimi e provengono dall'estero. Gli stranieri che arrivano sono entrambi uruguaiani, con la classica formula del "vado a prenderne uno e già che ci sono me ne porto a casa un altro dello stesso procuratore".

L'obiettivo è un attaccante da affiancare a Murgita e su quello non ci sono dubbi: è Marcelo Otero, compatto bomber del Penarol.

Con lui ecco un jolly come Gustavo Mendez, dal Nacional di Montevideo. Il terzo straniero che arriva è il centrale svedese Jonas Bjorklund, che un anno prima ai mondiali era arrivato in semifinale con la sua nazionale.

Praticamente un colpo per reparto, che nel 4-4-2 guidoliniano si incastrano a meraviglia. Il resto dell'ossatura rimane, con il regista Mimmo Di Carlo, l'altro mediano Fabio Viviani o il capitano Giovanni Lopez in difesa. Un gruppo italiano completato dall'esterno sinistro Gabriele Ambrosetti e dal fantasista Giampiero Maini detto "Jimmy".

L'esordio in campionato è a San Siro contro l'Inter, che vince con una punizione da distanza siderale di Roberto Carlos ma non incanta davanti al gioco organizzato dei veneti, che già alla seconda trovano la prima vittoria con rete di Maurizio Rossi, 1-0 alla Fiorentina. Un Rossi con la maglia numero 7 e sono subito brividi sugli spalti del Romeo Menti.

Stagione da neopromossa da incorniciare, nono posto, ma il meglio deve ancora venire.

Fino al gol di Luiso

C'è stato un periodo in cui la Coppa Italia veniva giocata "alla morte" da quasi tutte le squadre, senza che diventasse come adesso una sorta di passerella esclusiva per le big. Un gruppo ben organizzato poteva arrivare fino in fondo e guadagnarsi, finché è esistita, la Coppa della Coppa della stagione successiva.

Il secondo anno in A del Vicenza si capisce subito che sarà speciale nel momento in cui Otero alla prima giornata segna quattro gol alla Fiorentina. Il capolavoro vero però è in Coppa Italia, appunto, dove la squadra di Guidolin si sbarazza del Genoa, del Milan scudettato, del Bologna e in finale del Napoli, che cade al Menti 3-0 dopo aver vinto l'andata al San Paolo 1-0.

Per il Vicenza è la prima Coppa Italia della sua storia ed è assolutamente meritata. Le reti di Maini e poi ai supplementari di Maurizio Rossi (ancora lui) e del giovane Iannuzzi danno il trionfo a Guidolin e ai biancorossi, che si guadagnano la prima avventura in Coppa delle Coppe.

Non è il debutto assoluto in competizioni europee dopo la comparsata in Coppa Uefa contro il Dukla Praga, fuori al primo turno, nella stagione 1978-79. Poi c'è tutto il fascino di un torneo, la Coppa delle Coppe appunto, destinato a scomparire a breve con le sue trasferte in luoghi improponibili e la possibilità comunque di disputare in caso di vittoria la Supercoppa Europea.

Per questa avventura la società deve allungare le rotazioni e rimpolpare la rosa, nel frattempo "mutilata" di diversi giocatori, acquisiti a peso d'oro dalle big: via Lopez, Rossi, Maini e Murgita e dentro a vario titolo Coco, Ambrosini, Baronio, Di Napoli, Schenardi, Stovini e Luiso.

Quest'ultimo di fatto arriva in cambio di Murgita, che va a Piacenza, e diventa il centravanti titolare. "Il Toro di Sora" è un attaccante istintivo e feroce, tecnicamente ineccepibile, che si è costruito una carriera nelle categorie inferiori e non vuole smettere ora che è arrivato al top.

E se in campionato il Vicenza fa fatica, in Coppa delle Coppe la squadra di Guidolin è una vera macchina da guerra. Trascinata naturalmente da Luiso, che segna a raffica: 7 gol fino alle semifinali, dove i biancorossi arrivano quasi in scioltezza.

Qui l'avversaria è di quelle toste, il Chelsea "italiano" di Vialli, Zola e Di Matteo. L'andata al Menti è forse il capolavoro del Vicenza gestione Guidolin: squadra disposta in maniera perfetta dall'allenatore di Castelfranco, a bordo campo col suo cappellino, e gol di un altro dei rinforzi estivi, un calciatore di assoluto culto come il fantasista Lamberto Zauli.

Giocatore del tutto fuori scala, fisico da granatiere ma tecnica individuale da brasiliano, Zauli segna l'1-0 definitivo controllando in area un lancio dalla trequarti, disorientando due difensori del Chelsea e poi piazzando un sinistro maligno all'angolino. Un gran risultato in vista del ritorno a Londra, va detto, mentre i tifosi vicentini sognano in grande, e a ragione.

Il Chelsea è una squadra ricca di grossi nomi, che forse ha sottovalutato il Vicenza, che a Stamford Bridge va addirittura in vantaggio con un gol di Luiso servito tanto per cambiare da Zauli.

L'attaccante segna e col dito fa segno al pubblico di tacere, e forse mal gliene incoglie perché a questo punto il Chelsea si scatena; pareggio immediato di Poyet e poi uno-due firmato Zola e Hughes, nella ripresa. È un 3-1 che ribalta il risultato dell'andata e chiude ogni sogno di gloria.

Per Guidolin è il canto del cigno a Vicenza, visto che a fine stagione lascerà per andare a fare grandi cose all'Udinese.

La città di Palladio, però, non potrà mai dimenticare quel quadriennio irripetibile.