Quando, nell'estate del 2022, Henrikh Mkhitaryan fu accostato all'Inter all'indomani della sua comunque positiva esperienza in giallorosso, la maggior parte degli addetti ai lavori e dei tifosi nerazzurri, avevano pensato ad un giocatore che cominciava a prepararsi alla parabola discendente della sua carriera, l'armeno è nato il 21 gennaio del 1989, che avrebbe preso parte a spezzoni di partita per dare una mano ai compagni, in un centrocampo già robusto e numeroso, che necessitava di qualche elemento di valore ma non certo di una primadonna che avrebbe risolto le partite.
Il trequartista atipico di origine armena, si è invece calato nella parte degli schemi di Simone Inzaghi ed è diventato un punto di riferimento per il centrocampo nerazzurro, un elemento al quale l'allenatore piacentino rinuncia raramente, anzi, praticamente mai.
Per certi versi Nicolò Barella è un giocatore simile, con caratteristiche differenti, certo, ed è nel pieno della sua maturazione calcistica, esplosivo nei contrasti, uno che non si risparmia mai e dà sempre il massimo. E anche a lui Inzaghi rinuncia con difficoltà.
Ma quali sono i motivi per i quali le due mezze ali fanno le felicità dello staff tecnico dell'Inter?
Nella stagione appena partita, il giocatore armeno ha preso parte a tutte le sfide che l'Inter ha giocato fin qui, 9 partite durante le quali Inzaghi non lo ha mai lasciato fuori per tutti i 90 minuti, schierandolo 8 volte da titolare e una volta da subentrato.
Finora la sua produzione in termini di meri "bonus", così facciamo felici anche i Fanta Allenatori, non è stata esaltante, anche se il centrocampista nerazzurro aveva iniziato alla grandissima, rifilando due reti ai cugini nerazzurri nel derby dominato dall'Inter, ai quali va aggiunto anche un assist. Per il resto una serie di prestazioni molto convincenti e un lavoro oscuro che è paragonabile a quello di Barella, il suo omologo in campo.
Eh sì, perché Inzaghi si affida praticamente sempre al suo 3-5-2, che considera la panacea ai mali delle coperte corte, con una difesa a 3 che si schiaccia con uno o addirittura due elementi in più, a seconda di come si sviluppa la manovra avversaria, tenendo però bene in mente che gli esterni del centrocampo a cinque devono avere la massima libertà di agire lungo tutta la fascia.
Il tutto è palesemente visibile in campo, con Dimarco da una parte e Dumfries dall'altra, che non solo si propongono con una certa continuità, ma spesso si accentrano per occupare gli spazi offensivi che soprattutto Lautaro Martinez quest'anno lascia vuoti quando scende a prendere palla sulla linea mediana del campo.
È uno schema che abbiamo visto parecchie volte, anche in occasione di gol bellissimi confezionati dagli assist della punta argentina, pronto a lanciare il suo compagno di reparto Thuram, autore di uno strepitoso inizio di stagione.
Ma per permettere questo tipo di impostazione, vi è l'assoluta necessità di tenere a bada le ripartenze avversarie e a questo delicato aspetto di una partita di calcio, non può bastare la difesa.
Non è un caso se nelle recenti trasferte di Salerno e Torino contro i granata di Juric, la partita si sia sbloccata piuttosto tardi, nel secondo tempo.
La pazienza che la squadra nerazzurra ha dimostrato nella ricerca del risultato, va intanto ricercata in una difesa che si sta rivelando granitica, con sole 5 reti subite in 9 partite, uno in più della seconda di questa speciale classifica, la Juventus di Massimiliano Allegri che gioca in maniera molto simile, con un 3-5-2 i cui interpreti non lasciano nulla al caso, magari rinunciando allo spettacolo per portare a casa un clean sheet in più.
La partita di sabato scorso contro il Torino, ha dimostrato ancora una volta quanto siano preziosi due giocatori che occupano il campo da mezz'ala, l'oggetto del nostro articolo, Mkhitaryan e Barella dall'altra parte, entrambi a supportare la manovra offensiva orchestrata da Calhanoglu al centro.
Senza il lavoro di questi due centrocampisti, sarebbe impossibile dare la libertà agli esterni di aggredire i terzini avversari, soprattutto di quelle squadre che giocano a 4. Quelle che invece giocano con la difesa a 3, sono costrette a sacrificare gli esterni alti e, soprattutto, le mezze ali, ma il problema sta negli interpreti, visto che di Barella e Mkhitaryan non ce ne sono tantissimi.
In più di un'occasione avrete notato i ripieghi difensivi di questi due giocatori, veri polmoni del centrocampo interista, caratteristica che è insita anche in un giocatore dai piedi dorati come Calhanoglu, ma con minore rilevanza.
Certo è che ci sarà un momento della stagione durante il quale Inzaghi dovrà fare a meno di Barella e Mkhitaryan, soprattutto alla luce del fatto che quando ci sarà da giocare le partite decisive, come quelle del passaggio del turno in Champions League, piuttosto che gli scontri diretti in campionato nel Girone di Ritorno, avere due giocatori di questo tipo senza le energie necessarie a ricoprire quel ruolo, sarebbe un problema di non poco conto per Inzaghi.
Peraltro, pur essendo quella dell'inter una rosa decisamente attrezzata, viene difficile pensare che i giocatori che partono più frequentemente dalla panchina, possano fare lo stesso tipo di lavoro.
Nella partita di Torino, Inzaghi ha tolto l'ex centrocampista del Cagliari, ammonito, per mettere Frattesi, ma il cambio è stato fatto per ragioni che esulano dalla normale gestione di una partita di campionato.
In quel frangente l'Inter doveva potenziare la fase offensiva nel momento di massimo sforzo per cambiare il risultato che in quel momento era ancora fermo sullo 0-0 e, sarà certamente un caso, il vantaggio è giunto poco dopo.
La possibilità di cambiare i protagonisti della partita e aggiungere qualità, oppure muscoli, a seconda dell'occorrenza, è un punto a favore di una squadra che sembra costruita per esaltare un'alchimia che poco ha a che vedere coi solisti, seppur presenti in quantità, a partire dal Capitano Lautaro Martinez.
Se tutto questo lavoro porterà a risultati concreti, è ancora presto per dirlo, intanto Inzaghi si gode il primo posto e i tifosi sognano.