Tennis

Perché oggi il tennis piace più del calcio?

Le recenti parole di Ronaldo "il fenomeno" hanno portato all'evidenza un tema per niente banale: il rapporto tra lo sport - nella fattispecie tennis e calcio - e lo spettacolo.

Cosa ha detto Ronaldo il fenomeno

Nel corso del Mouratoglou Annual Charity Gala, fra i circa 300 invitati VIP c'era anche Ronaldo il fenomeno, indimenticato campione brasiliano. Una sua frase è stata rilanciata da tutti i quotidiani e portali, non solo sportivi: "Il tennis è incredibile. Non riesco a guardare una partita intera di calcio, penso sia troppo noiosa. Ma cinque ore a guardare tennis sì, ed è fantastico."

Al di là dell'eventualità che "Ronnie" abbia affermato ciò almeno in parte per compiacere il padrone di casa Patrick Mouratoglou, quella riguardante la qualità dello spettacolo offerto nello sport è una questione aperta. E diventa ancora più interessante se si confrontano, soprattutto nel nostro paese, le curve di popolarità del tennis e del calcio.

Su questo argomento pesa molto, o almeno in buona parte, il momento estremamente felice che stiamo vivendo nel primo e, per contro, la simil-depressione che si respira nel calcio italiano.

Tennis vs calcio: due spettacoli differenti

Quando si parla del concetto di spettacolo abbinato a uno sport, bisognerebbe spogliarsi dalle vesti di appassionati. Per capire le potenzialità mediatiche di un determinato evento sportivo, bisogna far finta di essere dei totali estranei a quella disciplina.

Dunque, uno sport individuale presenta delle declinazioni più mentali, mentre le discipline di squadra toccano generalmente altre corde.

Una cosa, comunque, è capace di abbattere qualsiasi barriera persino di ignoranza dei regolamenti: il singolo gesto tecnico, sia per le sue caratteristiche intrinseche che per la risonanza emotiva e sonora che provoca sul pubblico. I vari "ooh" per un gran punto a tennis, il tifo o gli applausi che provocano un bel gol, un tiro, un dribbling o una parata.

Lo sport e la propensione al rischio: perché il calcio non piace più?

Tornando un attimo a Ronaldo, bisogna ricordare che ha parlato da spettatore. Uno spettatore decisamente edotto, almeno per quanto riguarda il calcio, dunque il cui parere risulta assai pertinente. Cerchiamo allora di capire cosa intendeva il Fenomeno.

L'evoluzione del calcio ha preso varie direzioni da un punto di vista tattico. Che sia 4-3-3, 3-5-2 o qualsiasi altra formula, gli allenatori vanno a caccia di modi per sopraffare l'avversario tenendo sempre una visione d'insieme, che comporta degli equilibri da rispettare. Ma la necessità di equilibrio, nel tempo, ha operato come la goccia sulla roccia, erodendo via via le situazioni potenzialmente più rischiose. In altre parole, oggi nel calcio si cercano sempre le soluzioni a più alta percentuale di riuscita.

Vi siete chiesti perché non si tira più (o comunque molto meno di prima) da fuori area? O perché non ci sono più grandi calciatori di punizioni? O perché quasi nessuno prova a saltare l'uomo? Tutto si spiega con le percentuali di riuscita.

Molte partite di calcio, oggi, sono caratterizzate da lunghe trame di passaggio e della cosiddetta "densità". Questo termine, preso in prestito dalla chimica, descrive le situazioni in cui una squadra cerca di occupare con diversi elementi l'area di campo intorno alla quale un proprio giocatore ha la palla, in modo da dare al portatore delle soluzioni di passaggio semplici. Ma poiché passandosi la palla all'infinito non si segnano gol, questi giri-palla e queste densità hanno lo scopo di provare a indurre la difesa avversaria in errore, un buco lasciato o magari un eccessivo sovraccarico di difensori in un'area ristretta, che lascia sguarnito l'altro versante di campo.

Avete però mai visto un qualche pubblico, o gruppo di tifosi, appassionarsi per la densità, per i sovraccarichi o per l'aggressione sulle seconde palle? Io no. Il pubblico è tendenzialmente un pubblico semplice: gli piacerebbe vedere gente che salta l'uomo, che spacca la porta con un tiro da fuori, che si inventa una giocata imprevedibile. Purtroppo, però, queste cose sono sempre più merce rara, ma la cosa più grave è un'altra.

L'appiattimento tecnico del calcio italiano parte da lontano, ovvero dai settori giovanili che vengono invasi troppo presto di tatticismi. Insegnare a fare le diagonali è fondamentale, abituare un giocatore a pensare nel modo giusto in campo anche, ma si è andato smarrendo l'abitudine a provare le giocate, a dare del tu al pallone, pena un progressivo impoverimento tecnico.

Provare un dribbling o a saltare l'uomo espone alla perdita della palla, dunque è palesemente un tipo di situazione a basso tasso di conversione, come si usa dire. Ma, alla fine, sono i giocatori come Vinicius Jr che ti spaccano le partite e ti fanno vincere le competizioni. Va detto che elementi come il brasiliano, ma anche come i Totti, i Baggio, i Del Piero, nascono una volta ogni mai.

Ma provate a chiedervi che tipo di carriera potrebbe fare oggi un giocatore come Roby Baggio, ipotizzandolo 16-17enne con una carriera davanti. C'è davvero il rischio che non troverebbe spazio in un calcio che richiede forte fisicità e deprime creatività e intraprendenza.

Il tennis e quel rischio costante, che piace nonostante i tempi morti

Tornando al tennis, nonostante sia una disciplina individuale e con dinamiche del tutto differenti da uno sport di squadra, una delle ragioni per cui la gente lo sta riscoprendo è proprio la presenza costante del rischio di errore. Quella tra i due tennisti in campo è anche e soprattutto una battaglia mentale, in cui ognuno cerca di sorprendere l'altro in un modo che non si aspetta.

Il tennis è uno sport pieno di tempi morti, ma in quei tempi morti per il pubblico si decide quello che andremo a vedere nei secondi successivi, nello scambio seguente. I tennisti hanno varie gradazioni di rischio da prendere, e in genere tendono a prendere i rischi necessari in quel dato momento. Tirare sempre vicino alle righe sarebbe una soluzione che fa vincere quasi tutti i punti, ma dall'altra parte espone a rischi molto più alti di errore. Dunque, il tennista opera continuamente scelte, cercando di prendere ogni volta il rischio giusto. E questo al pubblico piace sempre, perché il tennista è un animale solitario, che si espone continuamente al giudizio degli spettatori per le sue scelte, siano esse prese istintivamente o razionalmente.

Cosa fare per riavere un calcio da amare

Ovviamente non esiste una medicina miracolosa per guarire il calcio dalla noia di troppe partite mediocri, o comunque da troppe porzioni di partite soporifere. Ma quello di promuovere una maggior propensione al rischio nei singoli, in particolare se sono giovani, sembra una strada obbligata.

Qualche settimana fa, Massimo Gramellini scriveva sul Corsera di una sua visita a una scuola media, in cui i ragazzi non avevano idea che quella sera stessa l'Italia giocasse la sua prima partita a Euro 2024. Quegli stessi ragazzi sapevano invece tutto di Jannik Sinner e Gianmarco Tamberi. Qui si toccano altri temi che richiederebbero trattazioni a parte, che riguardano il bombardamento di stimoli e di potenziali interessi sui ragazzi adolescenti e pre-adolescenti. Ma, almeno sul punto, lo scenario collima con il cuore di questo articolo.

Il pubblico deve percepire un rischio, deve apprezzare chi si mette in gioco in qualcosa che ha preparato a lungo, ma che magari si decide in un paio d'ore o in appena qualche secondo.

In una partita media di calcio italiano, oggi, di tutto questo praticamente non vi è traccia. Poi arriviamo agli appuntamenti importanti e, improvvisamente, scopriamo che ci mancano proprio quei talenti, quelli che rompono gli equilibri. Quelli che portano palla come ha fatto Calafiori prendendo un rischio (ok, con le squadre iper-allungate e praticamente a fine partita), per togliere i difensori croati dalla loro comfort zone e servire Zaccagni per il tiro che ci tiene in vita.